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Brokeraggio assicurativo tra crescita, innovazione e nuovi modelli di consulenza


L’intermediazione assicurativa in Italia sta vivendo una fase di profondo cambiamento, segnata da processi di crescita interna, acquisizioni strategiche e grandi investimenti provenienti anche dall’estero. Non stupisce che l’attenzione verso il nostro mercato si sia fatta così serrata: da un lato, la sottoassicurazione nostrana viene percepita come un’enorme opportunità di sviluppo; dall’altro, le eccellenze italiane – specie nei segmenti ad alto contenuto consulenziale – attirano capitali e operatori che vedono nella frammentazione un potenziale da consolidare e valorizzare.

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In questo scenario, durante l’Insurgin Club dello scorso 13 marzo organizzato da Insurzine, si sono tenute due tavole rotonde, moderate da Marco Contini, in cui gli ospiti hanno condiviso visioni, dati e progetti di crescita, mettendo in evidenza i temi più caldi del settore. Ad accogliere i partecipanti è stato Carlo Francesco Dettori, Presidente di Oltre La Media Group.

Gli ospiti della prima tavola rotonda sono stati Edoardo Monaco, Cmo di Vita Nuova, Tiziano Migliorino, Direttore Generale di Ital Brokers, Alessandro Meoni, Ceo e Fondatore di AIB Broker e Andrea Di Giacomo, Amministratore Delegato di De Besi & Di Giacomo.

Dinamiche di mercato e frammentazione

Il dibattito si è aperto sul perché il brokeraggio assicurativo in Italia – al netto dell’evoluzione normativa, tecnologica e di mercato – risulti ancora frammentato. Gli interlocutori hanno indicato principalmente tre aspetti chiave: il tessuto economico italiano, la cultura imprenditoriale e il valore della consulenza personalizzata. Il nostro Paese è ricco di piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, che negli anni hanno costruito relazioni localizzate e molto forti con i loro intermediari di fiducia. Ciò si rispecchia in una moltitudine di broker di dimensioni ridotte, altamente specializzati, radicati sul territorio e talvolta restii a cedere quote di controllo o a fondersi.

In tema di consulenza personalizzata, il broker indipendente, da sempre, si distingue per la vicinanza al cliente, costruendo su misura le coperture assicurative. Questo “approccio sartoriale” è tuttora apprezzatissimo da molte aziende, le quali premiano la relazione diretta, specie in un mercato complesso come quello italiano.

Aggregazioni, investimenti e sfide future

Tuttavia, la spinta verso il consolidamento appare inevitabile. La crescita per linee esterne, spesso supportata da fondi privati o gruppi industriali, consente di affrontare meglio l’aumento dei costi – ad esempio quelli legati alla compliance e alla tecnologia – e di proporsi a clienti di maggior dimensione con un’offerta più ampia e strutturata.

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Edoardo Monaco, raccontando l’operazione che ha portato Vita Nuova a integrare altre strutture, ha evidenziato come il processo di aggregazione possa essere vantaggioso sia per il “grande” sia per il “piccolo”: “Fondersi con un gruppo più strutturato permette a tante professionalità di esprimersi appieno, senza dover sopportare da soli oneri finanziari, gestionali e tecnologici che, nel lungo termine, rischierebbero di frenare la crescita”.

Tiziano Migliorino, di Ital Brokers, ha poi posto l’accento su un altro aspetto di grande rilevanza, ossia l’ingresso di gruppi industriali nell’intermediazione: “Nel nostro caso, siamo sostenuti da un socio che ha creduto nella possibilità di creare un ‘campione italiano’, in controtendenza rispetto al massiccio arrivo di capitali esteri. Questo permette di restare ancorati alle radici e contemporaneamente di competere a un livello sempre più elevato”.

Dal canto suo, Alessandro Meoni, di AIB Broker, ha sottolineato come la frammentazione, per certi versi, sia storicamente connaturata all’Italia e non debba essere vista in senso negativo: “Molti di noi hanno iniziato come broker indipendenti, lavorando con dedizione e crescendo in modo organico. È un sistema che rispecchia l’anima imprenditoriale italiana. Resta però fondamentale unire forze e idee, scegliendo con cura le acquisizioni, e puntando a un servizio che, partendo dalla prossimità, si arricchisca di tecnologia e competenze manageriali”.

Infine, Andrea Di Giacomo, di De Besi & Di Giacomo, ha messo in luce che la crescita strutturale e l’innovazione procedono di pari passo: “Investire in tecnologia e formazione è prioritario. Se i costi per il piccolo broker diventano insostenibili, occorre trovare modelli di aggregazione virtuosi, dove ciascuno contribuisca con competenze specialistiche, senza rinunciare alla propria identità professionale”.

La questione delle risorse e della formazione

Un nodo cruciale emerso nella discussione è la carenza di risorse qualificate. Negli ultimi anni il settore sta attirando persone con background sempre più variegati, ma persiste un divario tra la domanda di figure tecniche, manageriali e consulenziali, e l’offerta formativa degli atenei italiani.
Tutti i relatori hanno convenuto che, per sostenere la crescita, occorre “fare sistema”: incentivare accordi con università e business school, prevedere veri e propri piani di academy interna, aprirsi a talenti provenienti da altri settori.

Gli ospiti della seconda tavola rotonda sono stati Gianluca Graziani, Amministratore Delegato di Ardonagh Italia, Federico Casini, Ceo di Howden Italia, Gerardo Di Francesco, Founder e Managing Partner di Wide Group e Vittorio Schirru, Deputy Ceo di Furness Insurance Services.

Capitali esteri e professionalizzazione

Il confronto è proseguito sul ruolo crescente dei capitali esteri, che ha accelerato i processi di fusione e acquisizione. In particolare, il secondo panel ha approfondito la prospettiva dei grandi gruppi internazionali. Gianluca Graziani, di Ardonagh Italia, ha sottolineato: “Il nostro modello punta a creare valore a lungo termine, senza distribuire necessariamente utili nell’immediato. Abbiamo obiettivi di crescita ambiziosi, ma la cosa essenziale è integrare le strutture, le persone, le competenze che entriamo ad acquisire, lasciandole esprimere all’interno di un progetto comune”.

Federico Casini, di Howden Italia, ha evidenziato come uno dei principali driver dell’investimento internazionale sia la ricchezza del know-how italiano, accanto alla possibilità di intercettare uno spazio di mercato ancora non del tutto esplorato: “Se il contesto UK o statunitense sono già saturi, l’Italia offre margini di crescita notevoli, non solo per la cosiddetta sottoassicurazione, ma perché c’è una forte domanda di consulenza evoluta e di soluzioni tailor-made, in cui i nostri team possono fare la differenza”.

 

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Il ruolo della tecnologia e l’attenzione ai dati

Gerardo Di Francesco, di Wide Group, ha poi testimoniato la propria esperienza di integrazione tra competenze tecniche e piattaforme digitali avanzate: “La professionalizzazione passa attraverso la tecnologia: dai database integrati che facilitano la due diligence nei processi di M&A, fino agli strumenti di analisi e gestione dei portafogli. Acquisire un broker e integrarlo in 20 giorni, come è capitato a noi di recente, richiede sistemi e metodologie rigorose, capaci di unificare migliaia di posizioni in tempi rapidi, mantenendo intatta la qualità del servizio”.

Vittorio Schirru, di Furness Insurance Services ha chiuso il cerchio: “Non bisogna pensare che l’innovazione tecnologica vada a scapito del contatto umano. Al contrario, le soluzioni digitali supportano la nostra consulenza, offrendoci tempo e risorse per concentrarci sugli aspetti strategici delle relazioni con i clienti, curando servizi ad alto valore aggiunto. L’importante è avere una visione chiara di dove investire e quali processi riorganizzare, per non frammentare ulteriormente il tessuto aziendale”.

Progetti futuri e passaggi generazionali

Un ulteriore focus è stato dedicato ai passaggi generazionali, un tema assai delicato per molte piccole realtà familiari: diversi imprenditori vedono nell’ingresso di un grande gruppo l’opportunità di traghettare i propri figli e i propri collaboratori verso una dimensione più strutturata, in cui la cultura manageriale, le economie di scala e la formazione continua aprono nuovi orizzonti di sviluppo.

Al tempo stesso, tutti i relatori hanno ribadito che non esiste un unico modello vincente: la scelta di aggregarsi o restare indipendenti dipende da fattori personali, dalla specializzazione del broker e dalla sua visione di medio-lungo periodo. Ciò che appare certo è che il mercato, con l’ingresso di grossi player internazionali e la crescita di alcuni protagonisti nazionali, sia destinato a evolvere rapidamente. Chi non adotterà un approccio innovativo – in termini di competenze, tecnologie e mentalità – rischia di rimanere indietro.

Dalle due tavole rotonde emerge dunque un settore in fermento, composto da realtà dinamiche che, pur procedendo a velocità differenti, tendono verso un medesimo traguardo: valorizzare il ruolo del broker come consulente, più che come semplice distributore di polizze, e creare strutture solidamente integrate, pronte a competere con i principali mercati internazionali.

La sfida è far emergere quella cultura assicurativa ancora limitata, dimostrando ai clienti – siano essi PMI, grandi imprese o singoli professionisti – il valore di coperture personalizzate e di un’analisi completa dei rischi. Nel prossimo futuro, inoltre, la formazione e la trasformazione digitale saranno leve indispensabili per acquisire e trattenere talenti, nonché per offrire servizi sempre più sofisticati.

La sensazione condivisa è che per i broker, grandi o piccoli che siano, la vera discriminante sia la capacità di evolvere, specializzarsi e collaborare: chi saprà sviluppare un network virtuoso, gestendo con intelligenza investimenti, tecnologia e capitale umano, potrà prosperare in un mercato che, nei prossimi anni, si attende ancora più ricco di opportunità.

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A chiusura della serata, un ringraziamento particolare va agli sponsor che hanno reso possibile l’organizzazione di questi incontri e ne hanno sostenuto i momenti di confronto e networking: Sic Informatica, InLife Advisory ed Enoglam.



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