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Fondo AgriCat, parla l’amministratore delegato – Economia e politica


La campagna assicurativa 2025 è appena partita mentre già si sono registrate, per esempio lungo le aree costiere dell’Emilia Romagna nel mese di marzo, temperature sotto zero con le drupacee in fiore e mentre la siccità ha reso difficile la campagna agrumicola 2024-2025 in Sicilia.

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Nel frattempo i conti per l’annata 2023 del Fondo Nazionale AgriCat che punta a dare un primo ristoro agli agricoltori colpiti da gelo, brina, alluvione e siccità sono stati chiusi e in tempi brevi arriveranno gli ultimi indennizzi. AgriCat è il Fondo Mutualistico che ha debuttato con la nuova programmazione Pac 2023-2027 e che è alimentato attraverso il prelievo del 3% dai pagamenti diretti Pac, poi integrato con Fondi Feasr.

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Per la prima annualità (2023) in cui è stato effettivamente operativo (dopo l’anno di sperimentazione nel 2022), la partita appunto si è appena chiusa. In totale sono 106 i milioni di indennizzo che saranno erogati complessivamente, compresi 50 milioni della Legge 100/2023 per l’alluvione, a fronte di una capienza di circa 300 milioni.

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Una storia ancora brevissima per AgriCat che sta per affrontare la sua seconda stagione e già ha vissuto momenti difficili l’autunno scorso, proprio quando le prime comunicazioni di ristori per gli eventi catastrofali hanno raggiunto le caselle Pec degli agricoltori. Gli imprenditori agricoli ritenevano gli indennizzi non sufficienti. Polemiche archiviate, abbiamo ha incontrato, anche se solo virtualmente, Massimo Tabacchiera, amministratore delegato di AgriCat, per fare chiarezza.

 

Qual è lo scopo per il quale è nato il Fondo AgriCat?

“AgriCat è stato pensato non come strumento per risolvere il problema della gestione del rischio alle aziende agricole ma come strumento che può aiutare l’agricoltore a dare continuità aziendale in condizioni climatiche avverse e sempre più difficili. Lo scopo principale del Fondo AgriCat, che ricordo è il primo in Europa, non esistono esperienze simili, è stimolare gli agricoltori ad un’analisi del rischio mettendo in atto una strategia e ad assicurarsi, in particolare contro gli eventi catastrofali (gelo e brina, alluvione e siccità).

 

Lo strumento parte da due presupposti: gli eventi climatici avversi non si fermeranno, anzi, aumenteranno di frequenza e intensità; c’è in Italia, specialmente al Centro e al Sud una scarsa attitudine ad assicurarsi. In molti pensano che AgriCat dia indennizzi sufficienti in caso di eventi catastrofali, ma non è così. Ricordo che, piaccia o non piaccia, per il 2023 AgriCat non ha potuto pagare più di 10 punti percentuali di danni, 15 punti in caso di nuovo assicurato per le permanenti, 20 punti per i seminativi. Come Fondo AgriCat, noi lavoriamo all’interno della cornice delle norme stabilite dal Pgra (Piano di Gestione dei Rischi in Agricoltura, Ndr) ogni anno. Il Pgra è il sistema di gestione che detta le regole secondo le quali AgriCat agisce. È necessaria una campagna informativa fra gli agricoltori perché in tanti hanno frainteso gli obiettivi di AgriCat e non sanno fino a che punto il Fondo può coprire”.

 

Se, come ci ha ricordato Massimo Tabacchiera, nel 2023 il Fondo poteva pagare al massimo 15 punti di danni, nel 2025 il nuovo Pgra è stato reso noto da poco. Per i seminativi e altre colture, compresi agrumi e ulivi c’è franchigia 20% e ha un limite d’indennizzo fino al 35% nella sua versione standard. Per le colture permanenti, ad esclusione di agrumi e ulivi, orticole e vivai opera dal 50% di danno al 60% di danno, nella versione standard. Per chi ha sottoscritto una polizza semplificata (novità 2025, Ndr) l’indennizzo arriva fino al 55% per i seminativi e fino all’80% per le permanenti. C’è poi un ulteriore 5% per i primi e 10% per i secondi, in caso di aziende al Centro Sud.

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Come opera quindi il Fondo AgriCat?

“AgriCat per determinare l’indennizzo per un agricoltore colpito da evento catastrofale opera utilizzando valori indice che poggiano sui costi variabili sostenuti dall’azienda agricola per produrre (la percentuale di danno determinata, al netto della franchigia e fino al massimo limite, viene moltiplicata per il valore indice che rappresenta la quota del ricavo medio per coltura potenzialmente sufficiente a coprire i costi variabili per la produzione a ettaro, Ndr). Inoltre si lavora con perizie d’area e non con perizie puntuali sulla singola azienda. Nel caso in cui l’azienda sia assicurata, a quel punto invece si utilizza la perizia del perito della compagnia con la quale l’azienda è assicurata.

 

Naturalmente tutto è stabilito nel Pgra, valori indice, franchigia, limiti di indennizzo, eccetera. Ciò non significa che in futuro non si possano aumentare gli indennizzi lavorando proprio a livello di Pgra su franchigie e limiti, ma questa è una discussione che viene fatta su un altro tavolo”.

 

Dato il quadro stabilito appunto dal Pgra e non modificabile, come avete lavorato per riuscire a dare risposte agli agricoltori che lamentavano indennizzi troppo bassi a fine 2024, per la campagna 2023?

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“Va da sé che il primo anno di attività sconti una difficoltà di rodaggio nella trasmissione delle informazioni. Quando ci siamo accorti che gli indennizzi stabiliti erano di molto inferiori a ciò che gli agricoltori si aspettavano, ho utilizzato la procedura amministrativa stabilita dalla Legge 241/1990 per avere il tempo di capire cosa fosse successo.

 

Abbiamo fatto partire un tavolo di consultazione in emergenza con le associazioni di categoria e tutti gli stakeholder coinvolti con l’obiettivo di rivedere, tutti assieme, Agea e Ismea compresi, come mai le cose stessero andando così. Tutti si sono dimostrati molto disponibili e abbiamo remato tutti nella stessa direzione. Con l’aiuto dei consorzi di difesa, di Ania e di tutti gli attori presenti al tavolo abbiamo ripercorso le procedure e abbiamo recuperato tutto quello che si poteva recuperare. In particolare, siccome il Fondo AgriCat opera appunto tramite perizie d’area che stabiliscono un danno medio per aree omogenee e che tengono conto sia delle perizie campionarie di AgriCat sia delle perizie da fonte assicurativa, abbiamo rivisto una a una le perizie. Riguardando le carte originali e restando all’interno del perimetro stabilito dal Pgra, è stato possibile stabilire quale fosse precisamente il danno di ogni zona”.

 

Perché si è scelto di lavorare utilizzando perizie d’area?

“La scelta di orientarsi sulla perizia d’area è dettata dalla vastità delle avversità Cat da coprire. Nel 2017 l’ondata di gelo è partita dalla Repubblica Ceca e si è fermata in Francia, nella zona di Bordeaux, colpendo anche in pieno quattro regioni in Italia. Lo stesso discorso vale per il 2023 con l’alluvione. La sola alluvione ha interessato oltre 100mila ettari, in un evento solo. Con aree così vaste non si può che rispondere con una perizia d’area, una valutazione quindi di danno areale e non puntuale.

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Il secondo aspetto è che una perizia d’area ha certamente un costo peritale più basso.

 

Per il 2023 saranno liquidati in totale 106 milioni di euro ma la capienza del Fondo AgriCat è molto più ampia, che fine fanno i fondi rimanenti e perché non si allargano le maglie che stabiliscono i limiti d’indennizzo?

“I fondi accantonati e non utilizzati vengono, come si dice in gergo, ‘riportati a nuovo’, ovvero restano lì per l’anno successivo. Io ho chiesto che il tavolo di consultazione con tutte le parti interessate che abbiamo attivato in emergenza per risolvere le prime problematiche sia ricostituito e pensiamo di convocarlo entro la fine di maggio, con l’auspicio che questo tavolo diventi permanente.

 

Naturalmente è solo un tavolo consultivo, non può decidere nulla, ma ci si confronta e le parti in causa, comprese le associazioni degli agricoltori, i consorzi di difesa, sono costantemente aggiornate. Avere questo tavolo consente, quando è il momento di discutere del nuovo Pgra, di provare appunto a dare indicazioni ai decisori politici perché i paletti siano allargati. Intanto l’obiettivo è essere più rapidi per gli indennizzi del 2024. Vogliamo arrivare a liquidare entro l’anno successivo, quindi in questo caso entro dicembre 2025″.

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Cos’altro si può fare in futuro per fare funzionare meglio la macchina?

“Consideriamo il fatto che una startup per andare a pieno regime impiega quattro anni. Noi come Fondo AgriCat siamo partiti in fretta ed eravamo ancora in fase di rodaggio, ma il confronto attraverso il tavolo ci ha aiutati molto. Sicuramente aiuterebbe, per esempio, avere un Pgra pluriennale e non annuale. Lavorare di tre anni in tre anni darebbe continuità, regole certe, cambiare ogni anno le regole non aiuta.

 

Inoltre occorre lavorare tutti nella stessa direzione, il sistema di gestione del rischio è troppo disarticolato. Occorre che polizze private e Fondo AgriCat si integrino, si parlino di più e remino tutti nella stessa direzione”.

 

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Massimo Tabacchiera, amministratore delegato di AgriCat

(Fonte foto: AgriCat)



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