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La finanza sostenibile nel 2025, l’analisi del Forum


Il 2024 è stato un anno intenso dal punto di vista delle politiche europee in ambito di sostenibilità. Lo sarà altrettanto il 2025? A questo interrogativo ha risposto, in occasione del Salone del Risparmio 2025, il seminario “Mezz’ora di finanza sostenibile: il focus del Forum sulle ultime novità di policy” condotto da Miriam Santoro e Alessandro Asmundo per il Forum per la Finanza Sostenibile, una realtà che ha da poco raggiunto i 173 soci con una base multistakeholder cioè non soltanto il mondo degli investitori, asset manager e asset owner, ma anche il mondo della ricerca, il terzo settore, le NGO, i sindacati e tutti i portatori di interesse.

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Dal 1° gennaio è iniziata l’applicazione della CSRD per le imprese già soggette alla Non Financial Reporting directive che stanno pubblicando in questi mesi i primi report di sostenibilità secondo la Corporate Sustainability Reporting Directive, e lo stesso sarebbe dovuto avvenire negli anni a seguire per le altre imprese di grandi dimensioni e le pmi quotate sui mercati regolamentati. Come è noto, è stato approvato un intervento che sospende per due anni l’entrata in vigore di questo obbligo, rimandandolo di fatto al 2027 e al 2028. Questo creerebbe, secondo gli esperti del Forum, un mezzo paradosso, perché oggi chi fa la DNF, il primo report di sostenibilità secondo CSRD, potrebbe sospendere per due anni quello che già faceva. 

Per quanto riguarda la tassonomia, dal 1 gennaio 2024 i financial market players sono tenuti a fare disclosure sull’allineamento dei propri investimenti e finanziamenti a tutti e sei gli obiettivi climatici e ambientali inclusi nella tassonomia. Per quanto riguarda, in particolare il Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), che mira a migliorare la trasparenza nel mercato degli investimenti sostenibili, standardizzando le divulgazioni in materia di sostenibilità, è attesa una proposta di aggiornamento che arriverà alla fine di quest’anno da parte della Commissione. 

A fine 2024 è stata proposta dalla piattaforma sulla finanza sostenibile una categorizzazione dei prodotti finanziari. Per la fine di maggio sono attese anche le linee guida dell’ESMA sulla nomenclatura dei fondi ESG, vale a dire se e come i fondi possono utilizzare termini legati alla sostenibilità ed eventualmente quali criteri debbano rispettare. La logica è quella di regolare in modo univoco l’utilizzo di termini o acronimi legati alle strategie di investimento e gli approcci di investimento sostenibili per garantire innanzitutto un contrasto al greenwashing e una comunicazione corretta, trasparente e non fuorviante da parte dei prodotti di investimento.

Per quanto riguarda invece il cosiddetto pacchetto omnibus di semplificazione, questo è nato con l’obiettivo, già dalla fine dello scorso anno, di accrescere la competitività dei mercati finanziari e dell’Europa, riducendo gli oneri amministrativi per le imprese finanziarie e non. Questa riduzione, secondo i target della Commissione, dovrebbe essere del 25% per le imprese di grandi dimensioni e fino al 35% per le PMI. Queste soglie che sono state date come target oggi non vedono un riscontro quantitativo effettivo. Le prime simulazioni, ad esempio tra i data point ESRS, arrivano a una riduzione complessiva degli oneri di reporting solo del 3-4%.

L’intervento omnibus ha un impatto diversificato sui tre pilastri della sostenibilità: su CSRD, quindi sui reporting di sostenibilità delle imprese finanziarie e non finanziarie, sulla tassonomia europea delle attività ecocompatibili e sulla CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive). 

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A proposito di CSRD, l’obiettivo iniziale di portare circa 49.000 imprese a livello europeo a fare un report di sostenibilità, viene ridotto ora dell’80% e quindi a circa 7.000 imprese a livello europeo. Quali potrebbero essere le conseguenze di questa situazione? Varie, a partire dal fatto che la presenza di minori dati sulla sostenibilità rende più difficile la valutazione dei rischi connessi da parte di istituti bancari e finanziari. Un altro allentamento degli obblighi di rendicontazione riguarda l’allineamento alla tassonomia per quote inferiori al 10% del fatturato. Ma, fanno notare gli esperti, il 9% del fatturato di un’impresa di grandi dimensioni pesa molto più di quello sul fatturato di una pmi e quindi l’impatto reale in termini ambientali e sociali nei due casi è ben diverso.

Altri dubbi sono stati sollevati sull’inclusione nella valutazione della catena del valore solo dei partner commerciali diretti, cioè di quei partner che fanno parte del Tier uno. Questo rende difficile la valutazione dei rischi e degli impatti degli investimenti, in quanto raramente la maggior parte delle violazioni si verifica nel primo stadio della catena del valore.

Inoltre viene ridotta la periodicità delle valutazioni, che dovrà essere fatta ogni 5 anni invece che annualmente, e viene eliminato l’obbligo di interrompere le relazioni commerciali con quei fornitori che sono incappati in violazioni sia dei diritti umani che a danno dell’ambiente.

Si propone poi un’armonizzazione dei requisiti di diligence attraverso il divieto agli Stati membri di introdurre legislazioni più stringenti. 

Viene poi limitata la responsabilità delle imprese, poiché decade il regime di responsabilità civile a livello europeo. Resta la possibilità per le vittime di ottenere il risarcimento danni e il regime applicabile sarà quello previsto dai singoli Stati membri.

L’omnibus, infine, prevede alcune modifiche anche per il regolamento che introduce il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), una tassa sul carbonio UE sui beni importati da Paesi extra UE in settori come cemento, ferro, acciaio, fertilizzanti, elettricità o idrogeno che hanno emissioni particolarmente rilevanti, per evitare che siano avvantaggiati i beni prodotti al di fuori dell’Unione Europea, con leggi sulla riduzione delle emissioni meno rilevanti rispetto a quelle europee. La variazione introdotta dall’omnibus è relativa all’esenzione degli obblighi del CBAM per i piccoli importatori cioè con una soglia di 50 tonnellate l’anno per importatore.

L’edizione 2025 di ESGmakers – Speciale Asset Management offre una fotografia sulla situazione attuale e traccia le prospettive degli investimenti sostenibili anche alla luce dei recenti eventi politici e normativi a livello internazionale.

Nella guida sono presenti studi di settore e gli interventi di Francesco Bicciato, Direttore Generale del Forum per la finanza sostenibile, Manuela Mazzoleni, Direttrice Sostenibilità e Capitale Umano di Assogestioni, Fabio Cappa, Senior Institutional Client Manager di Raffeisen Capital Management, Riccardo Realfonzo, Coordinatore del comitato tecnico di Assofondipensione e presidente del Fondo Perseo Sirio, Antonella Massari, Segretario Generale AIPB – Associazione Italiana Private Banking, Emanuele Maria Carluccio, Presidente Efpa Europe.

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