Anni di sforzi diplomatici, decine di round di negoziati, delegazioni tenute in clausura per settimane. L’accordo sul programma nucleare iraniano raggiunto a Vienna il 14 luglio del 2015 fu salutato, all’epoca, come la vittoria del dialogo sulla forza, un successo sia per il presidente americano Barack Obama sia per la leadership iraniana sotto la guida suprema Ali Khamenei.
Neppure tre anni dopo, quell’intesa che sarebbe potuta diventare un modello fu stracciata unilateralmente da Donald Trump. Ma ora quello stesso Trump, tornato presidente degli Stati Uniti, ha riaperto la strada del negoziato con Teheran. A modo suo e con i suoi obbiettivi.
Il primo passo, con la mediazione dell’Oman, è stato compiuto una settimana fa a Muscat ed entrambe le parti lo hanno considerato positivo. Il prossimo sarà domani a Roma. Se e quanti ne seguiranno, è presto per dirlo.
Ma difficilmente sarà uno sprint, più probabilmente una maratona. Come fu per l’intesa del 2015, chiamata ‘Piano di azione globale congiunto’, Jcpoa nell’acronimo inglese. Le prime ambizioni nucleari dell’Iran risalgono agli anni Cinquanta del secolo scorso, ai tempi dello scià Mohammed Reza. Nel 1957, con il sostegno degli Stati Uniti, fu costruito il primo reattore a Teheran che nel 1967 arrivò a operare con uranio arricchito al 93 per cento.
Da allora, il paese ha piano piano sviluppato le sue infrastrutture nucleari fino ad arrivare, si dice, a una ventina tra ufficiali e ufficiose. Sei però sono i siti-chiave: Teheran, dove si fa anche ricerca; Arak, per ricerca e produzione di acque pesanti; Fordow, per ricerca e arricchimento dell’uranio; Natanz, per ricerca e arricchimento dell’uranio; Isfahan, per ricerca e conversione dell’uranio; Busheher, per la produzione di energia nucleare.
Prima della rivoluzione, nel 1970, l’Iran aveva firmato il Trattato di non proliferazione (Npt). Dopo il febbraio del 1979, con la rivoluzione, il programma si ferma.
I riflettori sulle attività nucleari di Teheran tornano ad accendersi all’inizio degli anni Duemila. Questa una cronologia dei principali eventi che hanno portato alla firma dell’accordo nel 2015.
2003
– 13 settembre: l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) adotta una risoluzione per chiedere all’Iran di interrompere l’arricchimento dell’uranio.
– 31 ottobre: il ministro degli Esteri britannico Jack Straw, il francese Dominique de Villepin e il tedesco Joschka Fischer volano a Teheran per convincere il regime a dare seguito alla richiesta dell’Aiea. L’Iran accetta.
2004
– 18 giugno: l’Aiea denuncia la mancata collaborazione dell’Iran con i suoi ispettori. Teheran risponde rimangiandosi la promessa di fermare l’arricchimento.
– 14 novembre: accordo di Parigi. L’Iran concorda con Francia, Gran Bretagna e Germania i termini per la sospensione dell’arricchimento dell’uranio.
2005
– 8 agosto: l’Iran inizia a produrre esafluoruro di uranio nell’impianto di Isfahan.
2006
– 4 febbraio: l’Aiea deferisce l’Iran al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
– 6 febbraio: l’Iran comunica all’Aiea che smetterà di attuare il protocollo aggiuntivo all’Npt
– 11 aprile: l’Iran annuncia di aver arricchito uranio per la prima volta a Natanz.
– 6 giugno: Cina, Francia, Germania, Russia, Regno Unito e Stati Uniti (il cosiddetto P5+1, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza più la Germania) propongono un accordo quadro all’Iran che offre incentivi in cambio allo stop a tempo indeterminato del programma di arricchimento.
– 12 luglio: i P5+1 concordano di promuovere una risoluzione del Consiglio di sicurezza che chieda all’Iran di sospendere l’arricchimento in cambio di incentivi.
– 22 agosto: l’Iran respinge l’obbligo di sospendere l’arricchimento, ma apre a un negoziato.
– 23 dicembre: il Consiglio di sicurezza sanziona l’Iran.
2007
– 21 agosto: dopo tre round di colloqui, l’Aiea e l’Iran concordano su un “piano di lavoro” per arrivare a risposte dettagliate di Teheran sulle sue attività nucleari.
2008
– 14 giugno: nuova proposta del P5+1 che aggiorna il pacchetto di incentivi del 2006. L’Iran dovrebbe fermare nuove attività di arricchimento in cambio di uno stop a nuove sanzioni.
2009:
– 8 aprile: gli Usa, sotto la nuova amministrazione Obama, annunciano che parteciperanno ai negoziati senza precondizioni.
2010
– 9 febbraio: l’Iran inizia la produzione di uranio arricchito al 20%.
– 9 giugno: il Consiglio di Sicurezza espande in modo significativo le sanzioni contro l’Iran
2011
21-22 marzo: i P5+1 incontrano l’Iran a Istanbul, ma non c’è accordo.
– aprile-giugno: i P5+1 si incontrano tre volte a Istanbul, Baghad e Mosca.
2013
– febbraio- aprile: due round di negoziati ad Almaty.
– 7 settembre: Barack Obama chiama il presidente iraniano Hassan Rouhani, primo contatto di alto livello dal 1979.
– ottobre-novembre: i P5+1 e l’Iran si incontrano tre volte a Ginevra. L’ultimo round è a livello di ministri degli Esteri.
– 24 novembre: l’Alto rappresentante dell’Unione europea, Catherine Ashton, e il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, siglano il Piano d’azione comune (Jpa), con tutti i passi che ogni lato deve compiere nei successivi sei mesi, nei negoziati per una soluzione complessiva.
L’Iran dovrà sospendere le attività di arricchimento e in cambio riceverà un alleggerimento delle sanzioni.
2014
gennaio-dicembre: 11 round di negoziati a Vienna
2015:
gennaio-febbraio: due round di negoziati a Ginevra
– 2 aprile: dopo una settimana di clausura, Iran e il P5+1 annunciano il via libera al quadro generale di un accordo, da finalizzare entro il 30 giugno.
– 26 giugno: riprendono i negoziati a Vienna e si decide di far slittare la scadenza.
– 13 luglio: l’accordo per un Piano d’azione congiunto globale è fatto.
– 14 luglio: Il Jcpoa viene annunciato ufficialmente.
– 20 luglio: Il Consiglio di sicurezza adotta all’unanimità una risoluzione che approva l’accordo nucleare e la revoca delle sanzioni una volta che le misure chiave saranno state attuate. (AGI)
SAB
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