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Da Berna una ‘spada di Damocle assoluta’ sul futuro di Lugano-Agno


Grossi nuvoloni si addensano all’orizzonte dell’aeroporto di Agno. Dopo aver attraversato crisi gestionali e finanziarie, culminate nella liquidazione della Lugano Airport Sa nel 2020 in piena pandemia – evitandosi così il voto popolare sul rilancio –, lo scalo ha trovato un suo equilibrio negli ultimi anni riorientandosi verso l’aviazione generale. Una tranquillità messa ora seriamente a rischio dalla manovra da 3,2 miliardi di franchi annui che il Dipartimento federale delle finanze sta mettendo a punto. Tra le oltre cento misure, anche quella che prevede il taglio dei contributi a otto aeroporti regionali svizzeri. Tra questi quello luganese, che perderebbe circa 5 milioni di franchi. Una «spada di Damocle assoluta» per il sindaco Michele Foletti.

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‘Solo elicotteri e un minimo di scuola volo’

Gli sgravi che si stanno discutendo a Berna riguardano le tasse sui carburanti aerei, che servono alla Confederazione per finanziare le torri di controllo. «Allo stato attuale l’aeroporto realizza un leggero avanzo d’esercizio, ma è chiaro che senza quei contributi si avrebbe un deficit molto importante che non riusciremmo a compensare con l’aumento delle tasse aeroportuali» osserva Foletti. Rinunciando alla torre di controllo, cosa resterebbe? «Estremizzando, si potrebbero mantenere forse una minima parte di scuola di volo e gli elicotteri. I grossi aerei privati non potrebbero sicuramente più atterrare. Bisognerebbe a quel punto domandarsi se ha senso mantenere tutta quella proprietà soltanto per quelle attività». E per quale motivo questo scenario sarebbe davvero grave? «Si perderebbero numerosi posti di lavoro. Una trentina solo di dipendenti diretti della Città e poi un’altra ottantina di quelli impiegati allo scalo per conto di altre aziende e società. E poi ci sono una serie di attività economiche che si sono basate nel Sottoceneri proprio grazie alla presenza dell’aeroporto. Ad esempio, il proprietario di Guess ha detto che se non ci fosse più l’aeroporto, che utilizza regolarmente un paio di volte al mese, chiuderebbero l’attività. Ci sono poi altre attività, finanziarie e non solo, che hanno i propri velivoli e utilizzano l’aeroporto. Ha dimostrato di essere utile all’economia luganese e ticinese ed è uno strumento attrattivo nei confronti di persone e attività di alto profilo».

‘Investimenti esclusi nei prossimi anni’

Quanto verrà discusso e deciso a Berna non è però l’unico grattacapo. Qualora anche i contributi non venissero tagliati, lo scalo necessiterebbe di un ammodernamento, dal terminal all’annosa costruzione degli hangar. Di quanti soldi stiamo parlando? «Non lo sappiamo ancora – replica il sindaco –. È stato istituito un gruppo di lavoro che dovrà presentare un rapporto al Municipio con degli scenari, sia per lo sviluppo di infrastrutture sia dei modelli gestionali». Cosa prevedono questi scenari? «Sono prevalentemente di tre tipi. Gestione integralmente privata, pubblica o mista». Il Consiglio comunale (Cc) però ha dato un indirizzo preciso, limitando gli investimenti pubblici nell’aeroporto. «E a meno che il Legislativo non cambi idea, dovremo trovare il modo di finanziare questi investimenti con dei partner privati. Oppure, come aveva già deciso il Cc, cedere l’intera gestione – e dunque gli investimenti – ai privati. In ogni caso, investimenti importanti da parte della Città per lo scalo tenderei a escluderli per i prossimi anni, visto il contesto di revisione della spesa che stiamo affrontando».

‘Tutt’altro che socialmente inutile’

Prima di mettere mano al borsellino, vanno ultimate le procedure pianificatorie. La Città, assieme a Comuni, Cantone e Confederazione sta ultimando il dossier per il rinnovo della scheda Psia (Piano settoriale dell’infrastruttura aeroportuale), che dovrebbe essere pronta entro fine anno e «che ci dirà esattamente qual è il perimetro entro il quale si può operare per rilanciare lo scalo. Inoltre, una volta che il Consiglio federale l’avrà approvata, bisognerà fare la domanda per il rinnovo della concessione» aggiunge Foletti. Gli occhi restano però puntati a Berna, perché il taglio dei contributi «rappresenta la spada di Damocle assoluta. Se dovesse prevalere questa linea, probabilmente nessuno scenario potrebbe restare in piedi. È una possibilità che ci preoccupa molto, ma anche gli operatori dello scalo e in generale l’economia». E se da un lato l’Associazione passeggeri e aeroporti della Svizzera italiana negli scorsi giorni ha evidenziato le cifre a favore dello scalo difendendone il futuro, dall’altra parte il Movimento per il socialismo – tra inquinamento e costi per la collettività – lo ha definito “socialmente inutile” minacciando di ricorrere al referendum qualora la Città decidesse di spendere milioni per l’ammodernamento. «Il referendum è uno strumento legittimo – ancora il sindaco –, ma ci tengo a dire che è tutt’altro che una struttura socialmente inutile. Può piacere o non piacere ma l’indotto è innegabile e sebbene sia attrattivo in particolare per i super ricchi, a differenza di qualche anno fa i voli privati per le vacanze non sono più solo un lusso: andare in vacanza in Spagna piuttosto che in Sardegna con un volo noleggiato da Lugano è oggi alla portata anche della fascia di reddito medio-alta ed è una pratica in crescita».

‘In gioco migliaia di posti di lavoro in Svizzera’

«Gli 8’000 movimenti business all’anno sono espressione del territorio – gli fa eco Davide Pedrioli –. Perderli avrebbe un impatto ben al di là dei voli stessi. È una peculiarità che abbiamo in Ticino e che va tutelata, a mio modo di vedere». Il direttore di Lugano Airport sottolinea pure che l’incidenza degli sgravi nella manovra in consultazione è solo dello 0,78%. «Sul totale è qualcosa di molto contenuto, che per contro potrebbe avere un impatto molto forte su chi verrebbe toccato. In primo luogo, sui posti di lavoro diretti, ad esempio delle otto torri di controllo interessate, ma anche indiretti a causa dell’indotto che realizzano gli aeroporti regionali. In totale c’è qualche migliaio di posti di lavoro in discussione in tutto il Paese. È chiaro che anche da noi c’è una grande preoccupazione per i collaboratori. E poi ci sono aspetti strategici: dovessero andare in porto la totalità delle misure verrebbe messo in totalmente in discussione il ruolo degli aeroporti regionali in Svizzera, il che significherebbe caricare gli aeroporti nazionali del traffico privato, specialmente quello business. Si precluderebbe anche una certa formazione aeronautica per i piloti che si formano in Svizzera».

La consultazione termina il 5 maggio ed entro quella data devono rientrare le osservazioni su tutte le misure. La parola finale spetterà al Legislativo federale, ma in mezzo c’è il Consiglio federale e non è detto che mantenga quanto proposto dal gruppo di lavoro. Per scongiurarlo, l’Associazione svizzera degli aeroporti regionali, come pure gli scali interessati e i vari Consigli di Stato, si stanno mobilitando. E anche dal Ticino è partita una lettera indirizzata al consigliere federale Albert Rösti, a capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni, «facendo presente le criticità ed evidenziando le peculiarità del nostro aeroporto». Se basterà o se per Agno questa sarà la perturbazione finale, sarà la torre di controllo di Palazzo federale a dircelo.

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