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Lavoro, Massafra (Cgil Frosinone-Latina): “Lo sviluppo viene dalla visione. Basta campanilismi”


Nell’ambito del percorso di interviste e riflessioni di Frosinone News verso il Primo Maggio, abbiamo incontrato e intervistato Giuseppe Massafra, segretario della Cgil di Frosinone e Latina.

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  • Dal gennaio 2023 – momento del suo insediamento alla guida dell’organizzazione sindacale – ad oggi quale evoluzione ha notato nelle vicende economiche del Lazio meridionale?

“Frosinone e Latina sono due province importanti sia dal punto di vista dell’estensione, rappresentando un terzo del territorio regionale, che da quello del posizionamento, quale area di collegamento tra Mezzogiorno d’Italia, la capitale e il resto del Paese. Due anni e 4 mesi sono trascorsi col territorio che ha seguito gli andamenti nazionali ed internazionali con riverberi importanti sulla vita di ciascuno di noi. C’è stato, nel frattempo, l’avvento di un governo che definire amico del lavoro, dal mio punto di vista, è pari a compiere uno sforzo improbabile se non impossibile. L’ha certificato, del resto, anche Eurostat con un tasso di occupazione italiano che è dell’8% inferiore della media continentale; con la crescita dei neet, giovani che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione; è aumentata la precarietà per effetto della deregolamentazione in materia di lavoro, maggiori liberalizzazioni, bassi salari, inflazione senza risposta adeguata dal punto di vista dell’adeguamento dei redditi dei lavoratori. Due anni e 4 mesi che, purtroppo, hanno visto una escalation importante in fatto di sicurezza suil lavoro. S’è registrata una media tragica di 3 morti al giorno e queste nostre due province contribuiscono a rendere il Lazio ‘maglia nera’ dal punto di vista statistico. Frosinone e Latina costituiscono un territorio segnato da una enorme crisi produttiva in tutti i settori, a partire da uno dei comparti prevalenti della manifattura: l’automotive. Registro, quindi, una difficoltà sul piano economico e produttivo che è, anche questa, lineare e assimiiabile a quella del Paese, connessa in fondo con l’assenza di una politica industriale. Cosa che va avanti da più di un decennio. Mi riferisco all’assenza di una strategia che metta al centro gli investimenti e raccolga la sfida delle transizioni energetica e ambientale; processi che non stiamo agganciando”.

  • C’è stato qualche tentativo di confronto sulla crescita possibile.

“Ricordo che abbiamo fatto molto movimento nell’attivare la discussione sul territorio sul tema della politica industriale e delle politiche di sviluppo, convocando gli stati generali della Provincia. Ma il bilancio di quell’appuntamento una tantum è riassumibile nel fatto che non ha prodotto una discussione costante che aiutasse a determinare soluzioni o impostare programmi e politiche di sistema. Così manca una visione di futuro dell’andamento economco e produttivo, a partire dalla valorizzazione delle vocazioni e delle potenzialtà. Senza contare il tema internazionale, che incide anche in ambito locale: tre anni dopo lo scoppio della guerra in Ucraina ancora dobbiamo fare i conti con un tema dirimente sul piano etico e valoriale, un tema che ha effetti che si riverberano anche sulla nostra economia. Con lo stravolgimento della politica dei prezzi energetici, dell’approvvigionamento delle risorse. Cose che, specie in un territorio industrializzato, incidono pesantemente sul tessuto produttivo ma anche sul piano dei consumi e dell’impoverimento delle comunità”.

  • Deindustrializzazione e precariato restano problemi con cui le istituzioni sembrano stentare a fare i conti e individuare rimedi: s’è solo parlato di stazione Tav in linea e niente altro di strategico. Qual è la sua valutazione.

“Che abbiamo assistito ad un dibattito, come spesso avviene quando si parla di grandi infrastrutture, che non provoca effetti concreti. Torno al concetto di prima: lo sviluppo di un territorio è un tema di sistema. L’alta velocità a Ferentino rischia di essere inefficace se il ragionameto non è completo nella visione. Se non tiene conto del contesto generale di collegamenti, di viabilità sui territori, delle distanze tra aree interne e metropolitane, misurabili non solo in chilometri ma anche e non di meno in facilità di colleganento. Se manca la visione complessiva diventa un problema anche impostare trasporti pubblici locali per raggiungere i grandi hub di collegamento. C’è un tema di fondo, insomma, che ho la sensazione che rischia di essere affrontato nel campanilismo di amministrazioni che, quando ci riescono, provano a trovare una quadra a discapito di altre porzioni di territorio. Non ci appassiona un dibattito costruito in questa maniera. Investimenti come quelli su Tav o portualità di Gaeta, che pure sono necessari, hanno un valore concreto di sviluppo solo se si ha una visione di sistema più ampia. Una prospettiva di connessione del territorio al resto del Lazio e col resto del Paese, fino all’Europa”.

Disagio economico: senza qualità dell’occupazione c’è solo declino

  • In provincia di Frosinone i dati Inps del 2024 parlano di un 30,1% della popolazione che vive in condizioni di povertà. In questa area anche famiglie con persone che lavorano ma non guadagnano abbastanza per mantenere standard dignitosi. Effetti locali di un restringimento nazionale dello stato sociale?

“L’area del disagio economico è l’indicatore più importante. Partiamo da una considerazione culturale: se non riaffermiamo in questo Paese che il lavoro, fatto di diritti, condizioni dignitose e salari adeguati, deve tornare ad essere fulcro delle decisioni politiche, non faremo altro che registrare un arretramento economico e sociale. Questo è terribile: le nuove migrazioni coi giovani che vanno via e l’abbandono di intere porzioni di territorio sono un fenomeno preoccupante. Sui Neet, ad esempio, l’osservatorio attivato a Latina ha evidenziato indicatori della provincia tra i più alti: questo problema ha a che fare con l’idea che si intende portare avanti di qualità dell’occupazione, di livelli di salario, di tutela e diritti. Altrimenti dovremo continuare a contare e prendere atto della nuova emgrazione, dello spopolamento del territorio, del divario delle aree interne e metropolitane e della desertificazione produttiva. Non secondario, in questo quadro, l’aspetto contrattuale del lavoro, con la capacità di avere un contratto che dia delle certezze e garanzie e contrasti il progressivo e crescente fenomeno di esternalizzazioni del lavoro. Infatti assistiamo a ondate di lavoro dato in appalto e subappalto, affidato a contratti a termine, vissuto sulla logica della competizione basata sui costi. Questo genera precarietà. Ma a noi tocca capovolgere questo paradigma, investendo sul lavorl di qualità. Una strategia che diventerebbe circolo virtuoso, che qualificherebbe il nostro sistema economico e produttivo. Ed invece ci ritroviamo il tema della protezione sociale che sconta il disinvestimento della spesa pubblica. Lo Stato dovrebbe garantire sanità, welfare, istruzione e non tagliare risorse destinate a queste materie cruciali”.

  • Stellantis pare un nodo irrisolvibile, al di là degli incontri al Mimit, delle promesse dell’azienda e delle rassicurazioni del Governo. Il Cassinate è ormai allo stremo, visto che la sua economia è dipendente dall’automotive. I salari già bassi dei lavoratori ormai sono a picco. Come si attraverserà questa infinita transizione?

“Gli unici a difendere quel settore produttivo sono rimasti gli operai che presidiano un pezzo rilevante del sistema industriale italiano a cui manco la proprietà crede più. Se esiste ancora la proprietà. Questo ci raccontano le vicende sui territori e gli incontri sindacali e politici. Insomma si tratta non solo di difendere posti di lavoro ma anche il comparto produttivo. Sono tra quelli che ritengono che la monocultura industriale ha prodotto tanti benefici quanto, però, rischia di essere un pesantissimo limite. Il tema delle transizioni, ad esempio, va affrontato non solo relativamente a come riposizionare e dare qualità alla prduzione di auto in quella porzione di territorio e utilizzare il know how nel senso della diversificazione. Occorre, per questo, capire come si svilupperanno i consumi da qui ai prossimi 10 anni, in che tempi l’auto, nella vita di ciascuno di noi, comicerà a non essere più bene di proprietà dell’individuio ma forse diventerà altra cosa. La vera scommessa per un territorio è sulla capacità di leggere e interpretare il futuro. La discussione sull’elettrico, ad esempio, non può essere disgiunta dalla capacità di reperire risorse contestualmente alla determinazione politica per costruire infrastrutture e giustificare gli investimenti. Ecco perché dico che la scelta vincente non può essere la difesa del singolo presidio ma la condivisione di una visione di sistema. Questo è tanto più vero quanto più si parli di territori sostanzialmente legati ad un unico comparto produttivo dominante”.

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Primo Maggio: il valore del lavoro per riconquistare spazi democratici

  • Quale risposta vi attendete dai referendum, considerato che – complice anche un certo silenzio di molti media – raggiungere il quorum appare un’impresa titanica?

“Lo è, purtoppo, impresa ambiziosa. Il primo obiettivo dell’aver promosso la consultazione è proprio quello di raggiungere il quorum. Quando abbiamo immaginato di proporre i quesiti referendari avevamo la partecipazione come obiettivo: considerando, anche e soprattutto, che lo strumento referendario non è atto di delega ma potere in mano all’elettore per cambiare una condizione. Contribuire ad una soluzione al vuoto democratico che si sta determinando col calo degli elettori. Dicevo che il primo obiettivo è la partecipazione ma è quasi di pari valore il merito delle cose che vengono proposte: stop ai licenziamenti illegittimi, più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese, riduzione del lavoro precario, più sicurezza sul lavoro. Il quinto quesito punta a dimezzare i tempi per il riconoscimento della cittadinanza a chi è nato in Italia, a chi viene e studia. È un altro elemento che si collega al tema della democrazia, in un Paese che deve considerare virtù l’essere multietnico e non un problema, come qualcuno adombra”.

  • Il Primo Maggio alle porte quali impegni e quali prospettive può portare con sé in vista della tradizionale sfilata con comizio di Isola del Liri?

“Alla ribalta metteremo il valore del lavoro per riconquistare spazi democratici nel nostro Paese: parlando di condizioni materiali e culturali. I sindacati, seppure nelle loro differenze, credo che su questo tema continueranno ad agire, a fare in modo che ci sia un’azione corale che possa servire a determinare l’idea di una società inclusiva, con pari opportunità, autenticamente democratica e che lotti contro le diseguaglianze”.



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