«Intelligenza artificiale, cloud computing, cybersecurity e big data. La crescente importanza delle tecnologie digitali si accompagna alla strutturale debolezza delle aziende IT italiane. C’è troppa frammentazione, se si vuole crescere è indispensabile consolidare». È quanto afferma Domenico Favuzzi, presidente e amministratore delegato di Exprivia, system integrator e solution provider che si candida a diventare un punto di aggregazione per l’IT nazionale ed europeo. «Per competere in uno scenario tecnologico internazionale in continua evoluzione sono fondamentali economie di scala», commenta Favuzzi. Un processo ormai avviato. Dopo il delisting del luglio 2024, un’operazione decisa per riguadagnare flessibilità e velocità negli investimenti, Exprivia vuole raddoppiare il fatturato, passando dai 217 milioni del 2024 (+ 7% rispetto al 2023) ai 400 milioni entro il 2026.
Obiettivo quasi raggiunto. A dicembre scorso Exprivia ha infatti acquisito il Gruppo Present, azienda specializzata in infrastrutture e applicazioni, attiva nell’erogazione di servizi gestiti, che ha portato in dote ricavi per 115 milioni. «Present ha un patrimonio unico di esperienza nella gestione dell’IT e un radicamento territoriale che apre nuove prospettive, sia geografiche che di mercato», afferma Favuzzi. La nuova compagine aziendale, controllata da Abaco Innovazione e riconducibile al Presidente Favuzzi, può ora contare su un organico di quasi 4.000 professionisti e un fatturato consolidato superiore ai 330 milioni di euro. Insieme rappresentano una delle primissime IT company italiane e forniscono, fra le altre cose, soluzioni e servizi per clienti Sap, Salesforce e Servicenow. Le specializzazioni del Gruppo si estendono alla gestione e modernizzazione delle infrastrutture IT (cloud e on premise), alla cybersecurity, all’intelligenza artificiale, all’IoT e alla data analitycs, trasversalmente a tutti i settori target (finance, healthcare, manufacturing, energy & utilities, aerospace & defense, telco & media, public sector). Prossimo step è arrivare a 800 milioni e poi a 1 miliardo entro il 2030. Traguardo che verrà realizzato con ulteriori acquisizioni di realtà IT – nella sanità, nell’aerospazio, nel banking e nell’energia – mantenendo inoltre un tasso di crescita organica del 5-10%. Come dice il presidente, «La strategia è posizionare Exprivia come un player significativo nel panorama tecnologico europeo, sfruttando sia la crescita interna che le opportunità di mercato esterne».
Crescita che passerà anche per l’espansione in altre aree geografiche: in Spagna, Francia, Germania e, nell’area del Mediterraneo, ad esempio in Egitto e Marocco. Se fino a questo momento il gruppo ha fatto ricorso al credito bancario per finanziare la sua strategia di m&a, la fase 2 non esclude l’ingresso di un fondo di private equity disposto ad entrare nel capitale come socio di minoranza. «È un’opportunità e la valuteremo a tempo debito», dice Favuzzi. Nell’intervista rilasciata a Industria Italiana il Presidente e Ceo di Exprivia (società che investe il 3% del fatturato in R&D e ha raggiunto un Ebitda del 14%) racconta le prossime mosse per scalare la classifica italiana dei system integrator e software provider e per proporsi al mercato con nuove idee, servizi e soluzioni. Una digital transformation, dove l’intelligenza artificiale sembra ormai destinata a diventare il vero game changer della produttività aziendale. «Entro i prossimi 5 anni tutta l’IT sarà reinterpretata in una logica AI. Gran parte delle applicazioni e processi sarà supportata da algoritmi e l’interazione con l’IT sarà intermediata da chatbot e agenti conversazionali», afferma Favuzzi.
D. Tutti i maggiori system integrator presenti in Italia mirano ad acquisizioni: c’è ancora spazio per crescere attraverso una strategia di m&a?
R. Ne sono più che certo. In un momento di tensioni geopolitiche e competizioni tecnologiche, noi scommettiamo di poter conquistare un ruolo di primo piano nell’IT. In Italia esistono competenze e capacità che vengono dalla vecchia Olivetti, dalla vecchia Finsiel, da storie di successo del passato. È un mercato che può ancora esprimere grandi capacità, ma deve trovare un punto di aggregazione. Lavoriamo, quindi, perché questo processo possa finalmente realizzarsi. Non è vero in Italia siamo indietro dal punto di vista tecnologico. Ci manca soltanto l’ultimo pezzo, quello dell’industrializzazione e della commercializzazione dei servizi. E per farlo servono dimensioni e capacità di investimento adeguate. È il nostro progetto. Abbiamo la capacità di competere sia sulle tecnologie, ma soprattutto sullo sviluppo di soluzioni di intelligenza artificiale»
D. Quali sono le competenze che ricercate sul mercato e che volete consolidare all’interno del gruppo?
R. Miriamo soprattutto all’aggregazione di società medio-piccole specializzate in quattro mercati verticali. Il primo è quello della sanità, dove siamo già una realtà importante, ma in cui vogliamo espanderci. Il secondo è quello dell’aerospazio, dove siamo un player significativo in particolare per la gestione e la conservazione dei dati satellitari. E poi le banche, dove abbiamo una competenza importante nel mondo del credito e del factoring, oltre che del capital market. Anche qui vorremmo consolidare e sviluppare ulteriormente le nostre competenze. Infine, c’è il mondo delle grandi aziende che operano nel settore dell’energy e delle utilities. Parliamo di aziende della distribuzione, ma anche della generazione e della trasmissione di energia. È un ulteriore settore di mercato dove abbiamo competenze di processo specifiche. Insomma, puntiamo a una crescita verticale e multi-settoriale.
D. Quale domanda solleva il mercato? Su quali attività di system integration e sviluppo di soluzioni vi state focalizzando?
R. Una delle priorità è sostenere la transizione del modello di business IT verso il cloud. L’evoluzione tecnologica è molto rapida e quindi le aziende preferiscono avere un’IT as a service. È una tendenza che si riscontra in tutti i settori di mercato e in aziende di tutte le dimensioni. Il nostro ruolo è accompagnare i clienti verso questo cambiamento di paradigma. L’altro grande elemento che sta caratterizzando il mercato è la valorizzazione dei dati che implica la trasformazione delle aziende secondo un modello data-driven. Tutti hanno ormai capito l’importanza dei dati, che sono la benzina per realizzare le promesse dell’intelligenza artificiale. Stiamo quindi accelerando la definizione di modelli di business basati sui dati. La raccolta dei dati su specifiche aree applicative è sempre più importante. Senza dati non potrò mai valorizzare l’intelligenza artificiale. Servizi specializzati ad alto valore possono essere creati solo con dati di qualità. L’altro driver, soprattutto nel mondo del mid-market, è tutto ciò che riguarda l’evoluzione dell’IoT e l’automazione dei processi industriali. Sviluppo e potenziamento delle reti all’interno della fabbrica e automazione dei processi che passa sempre più per la raccolta dei dati che servono ad alimentare l’AI.
D. L’Industria 5.0 non è tanto transizione energetica o sostenibilità, ma intelligenza artificiale. È questo il vero motore del cambiamento. Voi come la vedete?
R. L’intelligenza artificiale è un grandissimo ottimizzatore di tempi e di processi. Accelera il tema della produttività. Al momento sono due le sfide con cui ci stiamo confrontando. La prima è introdurre l’AI per snellire, velocizzare e rendere più facile la gestione dei nostri processi interni. L’altra riguarda l’offerta verso il mercato. Nei prossimi 3-5 anni tutta l’offerta digitale sarà reimmaginata attraverso l’uso dell’AI. Large Language Model acquisiranno dati per poi dare risposte alla risoluzione di problemi. Saranno basati su funzionalità specifiche, conversazionali e di voice e imagine recognition. Sarà una rivoluzione a 360 gradi. Ci stiamo già preparando per questo cambiamento che interesserà tutti i settori di mercato. Certo, la velocità con cui si affermerà questa trasformazione dipenderà da quanto velocemente saremo in grado di portare sul mercato nuove soluzioni e dalla volontà delle aziende di investire nel nuovo paradigma IT basato sull’AI. Non abbiamo comunque alcun dubbio: qualunque processo digitale sarà basato sulla raccolta di informazioni che andrà ad alimentare processi AI e sistemi iperspecializzati che forniranno al cliente un determinato servizio.
D. Quali i motivi per cui un’azienda dovrebbe investire in intelligenza artificiale?
R. Sarà inizialmente uno strumento difensivo, nel senso che tutti la utilizzeranno, e quindi chiunque non la integrerà all’interno di processi e sistemi informativi rischierà di essere fortemente penalizzato. Quindi, il primo motivo che spinge le aziende ad investire in AI, è non perdere quote di mercato e mantenere un posizionamento competitivo. Con l’AI cambierà l’interazione con applicazioni e macchine, che avverrà sempre più con interfacce in linguaggio naturale. Arricchirà le potenzialità dei servizi offerti e consentirà alle aziende di essere più reattive. Investire in AI, significa soprattutto essere più produttivi. Saremo obbligati a investire in AI, pena uno schiacciamento verso costi che non saranno più sostenibili. Chi, prima di altri, sarà capace di portare delle soluzioni sul mercato, avrà sicuramente un vantaggio.
D. E quanto sono pronte le aziende a portare al proprio interno l’intelligenza artificiale?
R. La maggioranza ha capito che c’è un elemento nuovo, ma soltanto una piccola parte è riuscita a trasformare questa consapevolezza in azioni concrete. E questo dipende dal fatto che non tutti hanno piattaforme dati sulle quali abilitare queste tecnologie. Ma è un processo di adattamento fisiologico. L’AI diventerà una componente mainstream dell’IT, embedded nei processi aziendali. In prima istanza, sarà invisibile, ma produrrà dei risultati tangibili.
D. La difficoltà di aziende che crescono per acquisizioni è riuscire a integrarle creando sinergie. Qual è la vostra la strategia per valorizzare future fusioni?
R. Il nostro progetto non ha un carattere finanziario. Non abbiamo nessuna intenzione di comprare per poi vendere. È un progetto industriale che mette al primo posto l’integrazione e la valorizzazione delle realtà acquisite. Ed è questo il motivo per cui valuteremo l’ingresso nel capitale, come socio di minoranza, di un partner finanziario che creda in questa filosofia. Ed è questo il motivo per cui vogliamo mantenere il pieno controllo dell’azienda.
D. Quali sono le opportunità che nascono dall’operazione di acquisizione di Present?
R. Present ed Exprivia collaborano da moltissimo tempo e hanno un’offerta complementare. Da un punto di vista geografico, Present è collocata soprattutto nel nord Italia, in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Exprivia, pur essendo presente a Milano, è invece più spostata nel centro-sud: nel Lazio, nelle Marche, in Puglia e Campania. Siamo poi complementari per l’offerta di soluzioni e servizi su vari fronti applicativi. Insieme siamo – per esempio – una delle primissime società italiane, per numero di occupati e per fatturato, a offrire soluzioni e servizi su clienti SAP. Present è più attiva sul mid-market e sul mondo dell’industria; il business di Exprivia è invece 50% mid-market e 50% grandi organizzazioni, soprattutto nel mondo pubblico e nella sanità. Present porta inoltre in dote 500 persone per la gestione dei sistemi cui noi aggiungiamo 100 persone specializzate in cybersecurity. Insieme, su questo fronte, diventiamo un player molto significativo per la gestione, 24 ore al giorno, per sette giorni a settimana, dei sistemi dei nostri clienti, sia on premise sia in cloud. Abbiamo quindi competenze trasversali e diversificate. Present è poi molto forte nella Customer Experience, con una società specializzata per soluzioni contact center Genesys, mentre noi presidiamo il mondo Salesforce e ServiceNow, le piattaforme leader nel mercato Crm. La messa a fattor comune di queste tecnologie crea un player in grado di dominare l’end-to-end della Customer Experience.
D. Quanto investite in ricerca e sviluppo e quali sono le vostre unicità?
R. Nelle attività di ricerca e sviluppo, investiamo almeno il 3% del fatturato. Stiamo facendo sperimentazione nell’AI, nel mondo della sanità, delle banche e delle infrastrutture energetiche. Abbiamo poi brevettato una metodologia di assessment per la cybersecurity sulla quale abbiamo fondato la nostra practice e sviluppato librerie di software di proprietà per l’acquisizione e la modernizzazione dei dati aerospaziali. In questo ambito, la nostra è una delle poche tecnologie esistenti in Europa, cosa che conferisce a Exprivia un importante vantaggio competitivo.
D. Qual è la vostra redditività come società di software e servizi di system integration: siete sotto o sopra la media di mercato?
R. È aumentata anno su anno. L’Ebitda è oggi di circa il 14%, di gran lunga superiore alla media di mercato, che è dell’ordine del 10%. Siamo tra le aziende di software e servizi con una delle più alte performance finanziarie. E questo grazie a una combinazione di servizi di system integration e utilizzo di prodotti di proprietà. Il nostro giro d’affari deriva per il 50% da servizi di sytem integration e per il 50% dallo sviluppo di soluzioni per processi verticali. Si è investito nella creazione di un’organizzazione focalizzata sui processi, migliorando l’efficienza operativa e la gestione interna. Fino a poco tempo siamo stati un’azienda quotata in Borsa. Un’esperienza che ci ha forzato a implementare rigorosi processi di controllo, contribuendo a mantenere standard elevati e una gestione dei rischi efficace.
D. Le pmi manifatturiere, chi più chi meno, stanno investendo nel digitale. Crede che questo potrà contribuire a restituire al settore una maggiore redditività?
R. Le pmi spesso si trovano a competere in un mercato dove la domanda è dominata dalla ricerca del prezzo più basso. Questo costringe le aziende a comprimere i margini e a trascurare aspetti come la qualità e il valore, limitando così le loro capacità di investimento in innovazione. Il sistema industriale italiano, nel suo complesso, non ha mostrato una crescita equilibrata in tutte le sue componenti negli ultimi anni. Purtroppo, in Italia, e mi rivolgo soprattutto alle aziende più grandi, spesso si ragiona solo e soltanto sul prezzo, costringendo i fornitori a essere schiacciati su questo tema. Le piccole imprese sono semplicemente vittime di una domanda basata sul prezzo. È facile dare colpa alle piccole imprese, ma è chiaro che loro rispondono a una domanda, e questo è il risultato. È il sistema industriale del paese, che non è cresciuto in tutte le sue componenti negli ultimi anni, a frenare l’innovazione, non sono le competenze che ci mancano, perché quelle le abbiamo. Vale per le più importanti, ma anche le medie aziende italiane, quando vanno fuori dall’Italia sono molto competitive, molto redditizie e leader a livello mondiale.
(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 31 marzo 2025)
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