La costruzione di infrastrutture pubbliche digitali a livello europeo è uno dei temi centrali affrontati da una recente analisi del CEPS (Center for European Policy Studies), “Building the European Digital Public Infrastructure”.
Il report – che sottolinea la posizione di vantaggio dell’Italia in tal senso – mette in evidenza come soluzioni digitali interoperabili, sicure e orientate al cittadino rappresentino una leva essenziale per rafforzare la competitività dell’Europa, promuovere l’innovazione e migliorare la qualità dei servizi pubblici.
Cosa sono le infrastrutture digitali pubbliche nel contesto internazionale
L’Unione Europea riconosce il ruolo strategico delle Digital Public Infrastructure (DPI) nel perseguimento della sovranità digitale e ne promuove attivamente lo sviluppo e l’adozione.
Nella Dichiarazione finale del G7 digitale, tenutosi a Trento lo scorso marzo 2024, si fa propria la nozione della Digital Public Infrastructure (DPI), introdotta nel 2023 dalla Presidenza indiana del G20, come “soluzione infrastrutturale che potrebbe favorire la crescita sostenibile e promuovere un accesso più inclusivo ed equo ai servizi digitali”, rendendola di fatto patrimonio dell’intera Comunità internazionale.
Le esperienze a livello mondiale supportano l’idea che, nonostante le diverse DPI siano declinate e adattate in base alle specifiche necessità di ogni nazione, queste condividono delle caratteristiche funzionali fondamentali per essere aperte, resilienti, accessibili e sostenibili.
Le infrastrutture digitali pubbliche italiane come modello di riferimento
Il percorso intrapreso in questi anni dall’Italia si inserisce in questo quadro europeo in evoluzione. Attraverso una serie di piattaforme digitali pubbliche – sviluppate in collaborazione con istituzioni centrali e locali, secondo la roadmap e i principi guida definiti a partire dal 2016 dal Piano Triennale per l’Informatica nella PA – il nostro Paese ha avviato un processo di modernizzazione che oggi costituisce un punto di riferimento anche nel dibattito internazionale.
Sin dal 2019, da ben prima che il concetto di DPI prendesse piede, per suo stesso mandato PagoPA S.p.A. – sotto l’indirizzo della Presidenza del Consiglio nella persona del Sottosegretario all’Innovazione Tecnologica, Alessio Butti – contribuisce a questa trasformazione quale responsabile dello sviluppo e della gestione di alcune infrastrutture immateriali chiave:
Tutte sono state realizzate applicando le best practice dell’approccio GovTech e la mole di interazioni tra enti della Pubblica Amministrazione e utenti finali abilitate da queste piattaforme nel giro di pochi anni, ne hanno delineato velocemente il ruolo di asset strategici per imprimere un’accelerazione all’agenda digitale del nostro Paese.
I risultati delle infrastrutture digitali pubbliche in Italia
Basti guardare al trend di crescita ininterrotto della piattaforma pagoPA: nel 2024, ha gestito 422 milioni di transazioni (+9,2% rispetto all’anno precedente, in cui ne sono state registrate oltre 386 milioni) per un controvalore di oltre €93,5 miliardi (+12,0% rispetto agli oltre 83,5 miliardi del 2023); nel corso del 2024 hanno interagito con pagoPA circa 14,4 milioni di utenti mensili in media, tra persone fisiche e giuridiche, facendo un ricorso incrementale a strumenti di pagamento elettronico e online proprio per effetto della crescente diffusione di questo sistema multicanale. Anche l’app IO, che solo negli ultimi dodici mesi registra 11,5 milioni di utenti attivi, ha superato i 42 milioni di download e integra oggi più di 347.000 servizi singoli resi disponibili da quasi 16.000 enti; dal 2020, l’app è stata usata dalle PA come canale di comunicazione verso i cittadini arrivando a veicolare un totale di quasi 985 milioni di messaggi. Non solo. Le altre due infrastrutture immateriali introdotte in tempi più recenti hanno subito dato prova dei benefici attesi conseguendo risultati altrettanto importanti a pochi mesi dal lancio.
Circa 7.700 amministrazioni si sono integrate alla Piattaforma per l’Interoperabilità PDND e, da ottobre 2022, sono state gestite più di 532 milioni di sessioni di scambio dati contribuendo a dare concretezza al principio del “once-only”, che consente ai cittadini di non dover fornire più volte le stesse informazioni alla Pubblica Amministrazione. Infine, SEND ha superato i 13,5 milioni di notifiche a valore legale inviate dal suo avvio a oggi per conto di quasi 4.600 amministrazioni.
Questi numeri non sono un traguardo, ma la base per rafforzare ulteriormente l’efficienza, l’inclusività e la trasparenza dei servizi pubblici con l’obiettivo di contribuire a costruire delle infrastrutture digitali che siano non solo tecnologicamente avanzate, ma anche sostenibili, aperte, interoperabili e centrate sulla persona.
Il contributo delle infrastrutture digitali pubbliche italiane all’Eurostack
Nel report CEPS si sottolinea come l’adozione di soluzioni comuni in ambito europeo – dai digital wallet agli spazi di condivisione dei dati – richieda una regia pubblica forte, orientata a una visione di lungo periodo. In questo contesto, l’esperienza italiana può offrire un contributo utile, basato su progetti concreti, capacità realizzativa e collaborazione con tutti gli attori dell’ecosistema digitale, per creare quello che viene sempre più definito l’“EuroStack”.
La trasformazione digitale, infatti, non è solo una questione tecnica: richiede un cambio culturale profondo, una semplificazione dei processi e un investimento continuo nelle competenze. In questo percorso, la tecnologia è un mezzo, non un fine, è infatti uno strumento al servizio della fiducia tra cittadini, imprese e istituzioni.
L’auspicio è che, nel confronto europeo in corso, l’Italia possa continuare a dare il proprio contributo con spirito di collaborazione, pragmatismo e attenzione ai risultati. Perché un’Europa digitale, inclusiva e autonoma passa anche attraverso il lavoro quotidiano di costruzione delle sue infrastrutture comuni.
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