«L’AI non è solo per i big. Anche una Pmi può usarla, subito e con poco». Vincenzo Esposito non la gira intorno. L’amministratore delegato di Microsoft Italia ce lo dice chiaramente: la rivoluzione dell’intelligenza artificiale è già qui. E non serve essere una multinazionale per salirci sopra. Lo abbiamo incontrato al Microsoft AI Tour, il grande evento che ha riunito al Palazzo del Ghiaccio di Milano oltre 2.000 tra imprenditori, manager e sviluppatori. Al centro, una scommessa: portare l’AI generativa e agentica nel cuore dell’industria italiana. A partire dalla manifattura, dall’energia e dalle Pmi.
Serve più efficienza in fabbrica. Reti energetiche più intelligenti. Dati protetti, ma accessibili. E soprattutto, serve democratizzare la tecnologia, rendendola semplice, sicura, scalabile. È quello che Microsoft sta provando a fare, investendo 4,3 miliardi in infrastrutture cloud e lanciando iniziative come l’AI National Skilling Initiative e l’accordo con Confapi per portare competenze e strumenti anche nei distretti produttivi più piccoli.
Dai copilot su misura alla sicurezza by design, il piano è chiaro: accompagnare ogni impresa italiana, grande o piccola, verso un modello di produttività aumentata. Con meno sprechi, più velocità, e un’AI davvero al servizio delle persone. Ecco cosa ci ha raccontato.
D. Dottor Esposito, in che modo l’Intelligenza Artificiale può contribuire a rendere la manifattura più efficiente e competitiva, anche riducendo gli sprechi?
R. La manifattura sta entrando in una nuova era. L’Intelligenza Artificiale può rappresentare un agente di trasformazione profonda. Faccio un esempio concreto: in passato, se durante la produzione emergeva un problema tecnico, magari un errore nella saldatura o un difetto di assemblaggio, era necessario fermare la linea, fare analisi retroattive, e capire dove intervenire. Questo comportava perdita di tempo, costi e inefficienze. Oggi, grazie all’AI, posso simulare quel difetto in ambiente virtuale, anticiparlo, e quindi correggere il processo in tempo reale. Il risultato? Stesso prodotto, stesse caratteristiche, ma realizzato in modo più veloce, preciso e sostenibile. È il classico esempio di come l’AI possa intervenire nella fase di pre-produzione e validazione dei prototipi.
D. Quindi l’AI agisce come un acceleratore, anche nel miglioramento continuo del prodotto?
R. Esattamente. Una volta che il sistema ha appreso un comportamento — ad esempio un errore ricorrente o una deviazione nel processo — posso poi “istruirlo” per agire in autonomia, o per supportare un operatore umano nel prendere decisioni più rapide e informate. È una logica iterativa: apprendimento, ottimizzazione, azione. Il nostro obiettivo è proprio questo: usare l’AI per identificare criticità e suggerire soluzioni in tempo reale, senza aspettare il post-mortem del ciclo produttivo.
D. È questo il valore degli “agenti generativi”?
R. Sì, ed è uno dei punti centrali che abbiamo trattato al Microsoft AI Tour. L’AI agentica — che rappresenta l’evoluzione dell’AI generativa — non si limita a suggerire: agisce. È capace di apprendere, contestualizzare e intervenire in autonomia nei processi, affiancando l’operatore o sostituendolo nelle attività ripetitive. Parliamo di una trasformazione profonda, che accelera l’innovazione e amplifica le capacità umane.
D. Può fare un esempio pratico?
R. Certo. Pensiamo alla produzione di un dispositivo elettronico. Se so già che certi componenti sono più soggetti a difettosità in alcune condizioni, l’AI — basandosi su dati storici e sensori — può intervenire in tempo reale, modificando leggermente il processo, oppure segnalando l’anomalia prima che diventi un problema. Questo riduce lo scarto, migliora la qualità e accelera la fase di rilascio sul mercato. In più, grazie a strumenti come Copilot Studio, le aziende possono sviluppare agenti personalizzati per ogni funzione aziendale: supply chain, produzione, vendite. È un’AI flessibile, che si adatta al contesto e non viceversa.
D. Si può parlare di impatto sistemico sul Paese?
R. Assolutamente sì. Idc stima che per ogni dollaro investito in AI generativa, le aziende ottengano un ritorno medio di 3,7 dollari. E, secondo Teha Group, un’adozione pervasiva dell’AI potrebbe aggiungere fino a 312 miliardi di euro al Pil italiano nei prossimi 15 anni. Sono cifre che spiegano perché il nostro impegno in Italia è forte: con un investimento di 4,3 miliardi di euro stiamo ampliando l’infrastruttura AI e la capacità di calcolo nel Paese. Ma è anche una questione di cultura: serve portare le competenze digitali a oltre un milione di italiani entro il 2025, e il programma AI L.A.B. va in questa direzione.
D. La tecnologia c’è. Ma le imprese italiane sono pronte?
R. Molte lo sono già. Al Microsoft AI Tour abbiamo avuto con noi aziende come Prada, Bracco, Saipem, Maire, Banca Generali, Snam, Mediobanca: tutte stanno sperimentando l’adozione di Copilot e degli agenti nei processi chiave. Ma è vero: il tema dello skilling resta centrale. L’Italia è solo al 16° posto tra i Paesi Ocse per diffusione delle competenze AI. Ed è per questo che la formazione — tecnica ma anche culturale — è parte integrante del nostro piano di sviluppo.
D. L’Intelligenza Artificiale può avere un impatto concreto anche sul sistema energetico? In particolare, può contribuire alla gestione delle reti, alla resilienza delle infrastrutture e all’integrazione delle rinnovabili?
R. Assolutamente sì. Parliamo di un ambito strategico, dove l’AI può intervenire su più livelli. Il primo è legato al monitoraggio continuo e all’ottimizzazione del funzionamento delle reti. Grazie all’intelligenza artificiale generativa e agentica possiamo prevedere picchi di domanda, identificare anomalie prima che diventino problemi reali e ottimizzare la distribuzione in tempo reale. L’obiettivo è quello di rendere il processo di generazione e distribuzione dell’energia sempre più intelligente, efficiente e resiliente.
D. Un tema cruciale è l’integrazione delle fonti rinnovabili, che per loro natura sono intermittenti. In che modo l’AI può aiutare?
R. L’intelligenza artificiale ha la capacità di adattarsi dinamicamente. Può, ad esempio, analizzare i dati meteorologici e di produzione in tempo reale per prevedere quanta energia solare o eolica verrà generata in un determinato arco temporale e regolare di conseguenza l’equilibrio tra produzione, accumulo e consumo. È un supporto fondamentale per migliorare la stabilità della rete e facilitare una transizione energetica che sia realmente sostenibile.
D. Tutto questo è stato anche al centro del Microsoft AI Tour di Milano, dove si è parlato proprio di energia e AI. Cosa è emerso?
R. Durante l’evento abbiamo avuto modo di confrontarci con realtà industriali ed energetiche italiane. Si è parlato molto dell’impatto strategico dell’AI agentica, che rappresenta un passo oltre la generativa: non solo suggerisce, ma agisce, intervenendo attivamente nella gestione dei processi. È proprio questo che rende possibile un nuovo modello energetico, basato su sistemi adattivi e intelligenti.
D. C’è anche un’altra dimensione: quella del consumo energetico dell’AI stessa. Le tecnologie generative sono molto potenti, ma richiedono risorse. Come affrontate il tema?
R. È un punto molto importante. Ci stiamo impegnando per sviluppare modelli di AI sempre più efficienti dal punto di vista energetico. Questo significa ridurre il consumo necessario per il training e l’utilizzo quotidiano degli algoritmi. Alcuni dei nuovi modelli che stiamo testando – e che verranno integrati anche all’interno della nostra piattaforma Azure AI Foundry – riescono a mantenere alte performance utilizzando meno energia rispetto agli standard precedenti. Inoltre, con l’evoluzione del quantum computing — come abbiamo mostrato con il lancio del processore quantistico Majorana 1 — si aprono scenari ancora più promettenti: sarà possibile addestrare modelli complessi consumando molto meno rispetto ai sistemi attuali. È una sfida tecnologica, ma anche etica: dobbiamo rendere l’AI sostenibile non solo nei risultati che abilita, ma anche nel modo in cui viene creata e gestita.
D. Si può parlare anche di innovazione di prodotto? L’AI può entrare dentro le soluzioni energetiche stesse?
R. Sì, è un’evoluzione naturale. Dopo aver introdotto l’AI nei processi di progettazione e ottimizzazione, stiamo lavorando per portarla anche all’interno dei prodotti e dei sistemi di gestione energetica. Pensiamo a sistemi distribuiti intelligenti, che imparano dai dati e si adattano al contesto. È un processo graduale, ma già oggi alcune realtà lo stanno sperimentando con successo. Se guardiamo al macro-ecosistema industriale italiano, i segnali di interesse sono molto chiari: i primi progetti concreti sono già partiti.
D. Possiamo dire che l’AI non solo aiuta il sistema energetico, ma diventa essa stessa più sostenibile?
R. Esatto. L’obiettivo è duplice: usare l’AI per abilitare un modello energetico più sostenibile e, al tempo stesso, costruire tecnologie che abbiano un impatto ambientale contenuto. È un approccio sistemico, in linea con la nostra strategia globale e con i 4,3 miliardi di euro che abbiamo investito per potenziare l’infrastruttura AI in Italia, puntando su sicurezza, sostenibilità e sviluppo delle competenze.
D. Molti temono che l’Intelligenza Artificiale resti appannaggio delle grandi aziende. Ma è davvero così? Le Pmi italiane possono permettersi di adottare queste tecnologie?
R. Assolutamente sì. È un punto su cui dobbiamo insistere: la tecnologia non è più una barriera. Oggi l’accesso all’AI generativa è possibile anche per una piccola o media impresa, senza la necessità di infrastrutture fisiche o investimenti in hardware. In passato un’azienda avrebbe dovuto acquistare server, curare il software, assumere tecnici per far girare i modelli. Oggi non è più così. Una Pmi può utilizzare esattamente la stessa piattaforma cloud usata da una grande banca o da un gruppo industriale. Cambia la scala, non lo strumento. E questo è rivoluzionario.
D. Quindi il vero ostacolo non è più tecnico o economico, ma culturale?
R. La differenza oggi è tutta nella cultura manageriale. Ci sono Pmi che innovano moltissimo sul prodotto, ma che non hanno ancora maturato un approccio digitale strategico. E lì si perde il treno. Noi lo vediamo quotidianamente: chi ha voglia di sperimentare, chi investe nel cambiamento, anche con piccoli passi, può trarne benefici enormi. L’AI generativa non è un lusso per pochi, ma una leva per migliorare produttività, creatività e reattività — anche in una piccola realtà. Le opportunità ci sono: al Microsoft AI Tour, proprio per questo, abbiamo dedicato spazio all’AI L.A.B, il nostro programma che ha già coinvolto oltre 400 aziende, supportando più di 600 progetti concreti di AI generativa. Moltissime sono Pmi, accompagnate da partner locali come Poste Italiane/Postel, che hanno un ruolo strategico nell’estendere la digitalizzazione anche alle imprese più piccole. Inoltre, abbiamo siglato un accordo con Confapi, che ci permette di collaborare direttamente con migliaia di imprese del sistema della Confederazione italiana della piccola e media industria, offrendo formazione, risorse e un canale di contatto dedicato per supportare l’adozione dell’AI generativa nei loro processi. È un passo concreto per democratizzare davvero questa tecnologia.
D. E per chi è all’inizio, quali sono le prime mosse?
R. Accedere all’AI oggi è semplicissimo. Bastano 30 secondi per attivare un Copilot, provare un agente, sperimentare con Copilot Studio o Azure AI Foundry. Non serve partire con progetti complessi: si può cominciare da un task specifico, da un’esigenza concreta, magari nella gestione documentale, nell’assistenza clienti o nella pianificazione operativa. La tecnologia è disponibile, i costi sono contenuti o addirittura nulli nelle prime fasi. La vera domanda è: abbiamo il tempo, la voglia e la cultura per farlo?
D. Microsoft punta anche sulla formazione diffusa. Qual è l’obiettivo?
R. Vogliamo formare oltre un milione di italiani entro il 2025 sulle competenze AI, grazie all’AI National Skilling Initiative. Strumenti come AI Skills Navigator o AI Skills 4 All servono proprio a questo: rendere l’adozione dell’AI un fenomeno capillare, che parte dalle persone prima ancora che dalle tecnologie. E sappiamo che, per un Paese come l’Italia, dove il 92% delle imprese ha meno di 10 addetti, questa democratizzazione è fondamentale.
D. Insomma, il messaggio alle Pmi italiane è chiaro: il treno dell’AI si può prendere, ma serve una spinta dall’interno.
R. Noi come Microsoft ci stiamo impegnando molto anche con le aziende più piccole, attraverso i nostri oltre 15.000 partner distribuiti su tutto il territorio. Non è vero che l’AI è solo per i grandi. Chi vuole salire sul treno, oggi può farlo. A costo zero, o quasi. Ma serve una scelta chiara, una leadership che decida di mettersi in gioco. E su questo c’è ancora un divario da colmare.
D. Un altro tema chiave riguarda la sicurezza dei dati. Come fate a convincere le aziende, soprattutto le Pmi, che i dati che vi affidano sono protetti, utilizzabili senza timori e non verranno divulgati o sfruttati impropriamente?
R. Questa è una delle prime domande che ci pongono, ed è giusto così. La risposta è semplice: i dati restano appannaggio del cliente. Non li leggiamo, non li sfruttiamo, non li usiamo per addestrare modelli. Abbiamo policy rigidissime che ce lo impediscono e infrastrutture progettate per garantire segmentazione, anonimizzazione e protezione. Quando un’azienda usa i nostri servizi cloud, i dati sono partizionati e trattati in modo isolato. Se servono per analisi, lo sono in forma anonima. Noi non abbiamo accesso. I nostri sistemi sono progettati per garantire che tutto resti sotto il controllo del cliente. E posso dire con assoluta certezza che oggi quei dati, nel cloud, sono dieci volte più sicuri rispetto a un’infrastruttura on-premise gestita localmente.
D. Anche perché, spesso, l’insicurezza è più percezione che realtà.
R. Abbiamo sedi, infrastrutture, data center anche in Italia, nel pieno rispetto della normativa europea. La Sicurezza by Design non è uno slogan: è parte integrante del nostro approccio, ed è il motivo per cui realtà pubbliche e private, anche in settori mission-critical, si affidano a noi.
D. Quindi la tecnologia c’è. I dati sono al sicuro. Ma rimane il nodo culturale, anche per far sì che quei 312 miliardi di euro di valore aggiunto potenziale non restino sulla carta. Cosa si deve fare?
R. Dobbiamo insistere sulla diffusione della cultura del dato e dell’AI. E lo stiamo facendo con iniziative concrete: la partnership con Confapi ne è un esempio perfetto. È il primo accordo nazionale tra Microsoft e un’associazione datoriale in Italia, e ci permette di raggiungere migliaia di imprese del tessuto produttivo italiano con formazione, strumenti e supporto operativo per adottare l’AI in modo responsabile. Con AI L.A.B. abbiamo messo a disposizione anche un canale diretto: una casella email dedicata, attraverso cui ogni azienda può chiedere informazioni, ricevere assistenza e accedere al programma . È un modo semplice e accessibile per cominciare. E serve proprio a questo: eliminare la paura, costruire fiducia e far capire che innovazione e sicurezza possono andare di pari passo.
(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 28 marzo 2025)
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link