Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

COME FAR CRESCERE I SALARI?/ Le mosse per alzare gli stipendi senza referendum o minimi per legge


Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, visitando uno stabilimento produttivo di eccellenza a Latina, ha chiesto a politica e parti sociali maggiore impegno per l’innalzamento dei salari dei lavoratori italiani. Non è compito del capo dello Stato indicare come. Ciononostante, il monito di due giorni fa nasconde in filigrana qualche indicazione operativa che la Premier Giorgia Meloni ha colto nel suo messaggio per il Primo maggio registrato dopo il Consiglio dei ministri di ieri.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 



La prima considerazione concerne ciò che non è urgente. Il Presidente non ha mostrato preoccupazione per il numero degli occupati e dei disoccupati: in effetti nella storia recente della Repubblica mai erano stati censiti oltre 24.000.000 lavoratori regolari. Gli esperti fanno bene a ricordare che in chiave comparata i nostri indicatori del mercato del lavoro restano in fondo alle classifiche; bene però osservare che su questo fronte, indubbiamente, qualcosa si sta muovendo, altrimenti si rischia di recitare la parte degli snob benaltristi alla ricerca di ciò che non funziona per motivi più politici che tecnici.



Parimenti l’inquilino del Quirinale non ha messo in guardia nessuno circa l’instabilità dei rapporti di lavoro: anche su questo fronte i dati sono in continuo miglioramento. La percentuale dei lavoratori a termine rispetto al complessivo dei lavoratori dipendenti è in continua discesa, oggi attorno al 14% (dato, questo, migliore anche di quelli di molti altri Stati europei).

Da ultimo, nessuna allerta sui licenziamenti, che per le imprese, oggi, paiono essere tutt’altro che una valvola di sfogo, vista la gravità del problema opposto: la ricerca (e la conseguente assunzione) di lavoratori. Viviamo un’inedita crisi dell’offerta di lavoro che è la prima spiegazione dell’alto numero di dimissioni che continuano a essere registrate nel Nord Italia: le persone disponibili a lavorare sono meno dei posti di lavoro scoperti.

Opportunità unica

partecipa alle aste immobiliari.

 



Pur senza citarlo, in solo qualche minuto di discorso, il Presidente Mattarella ha smentito gli assunti alla base del referendum c.d. contro il Jobs Act promosso dalla Cgil, i cui quesiti principali concernono il contrasto ai licenziamenti e il contenimento dei contratti precari.

Se quella individuata dal sindacato di corso Italia non è la strada, come è allora possibile incentivare la crescita salariale?

La presidente del Consiglio ha ricordato che nell’ultimo anno i salari reali e nominali hanno ripreso a crescere. È allora logico insistere su ciò che ha funzionato, ossia la tempestività (non è sempre stato così nel passato recente…) e l’adeguatezza dei rinnovi dei Contratti collettivi nazionali di lavoro. Non è, questa, materia di intervento diretto del legislatore: spetta alle parti sociali procedere all’incremento delle tariffe tabellari, concordando aumenti se possibile superiori all’incremento del costo della vita (perché l’effetto non sia zero o, addirittura, depressivo).

Il primo settore chiamato a questo atto di responsabilità e capacità di sintesi di interessi conflittuali è quello metalmeccanico, alle prese con un rinnovo contrattuale complesso, da quale dipende il trattamento normativo e retributivo di oltre un milione di lavoratori.

Una postilla su questo argomento: è curiosa l’insistenza di parte dell’opposizione e di alcuni sindacati sul salario minimo legale. Proprio grazie ai rinnovi operati nel 2024 oramai la larghissima maggioranza dei Ccnl dispone di trattamenti minimi superiori alla cifra contenuta nella più nota delle proposte del Pd e del M5s (9 euro lordi per ora di lavoro). Quale sarebbe quindi l’effetto sui salari medi e mediani (quelli che interessano oltre il 90% dei dipendenti italiani) dell’imposizione di una soglia già largamente superata dalle tariffe in vigore oggi, regolate autonomamente dalle parti sociali?

Non è però la contrattazione collettiva nazionale la chiave di volta della crescita dei salari. Lo ha dimostrato la storia recente del nostro Paese: la stagnazione degli stipendi è l’esito delle politiche dei redditi concertate all’inizio degli anni Novanta per entrare nella moneta unica. Ciò che è mancato a quegli accordi è stata la diffusione capillare della contrattazione di secondo livello, l’unica che è in grado di distribuire la produttività laddove viene generata, senza obbligare i contraenti a soluzioni necessariamente appiattite verso la sostenibilità per le imprese che performano poco, come accade nella negoziazione dei contratti nazionali.

Questa è la ragione per cui la Cisl sta chiedendo al Senato di completare l’iter di approvazione della legge di iniziativa popolare sulla partecipazione. Conoscendo i dati aziendali e partecipando alle decisioni è possibile anche partecipare direttamente ai suoi risultati. Dinamica, questa, già nota ai Costituenti, ma rimasta delega inattuata (art. 46) per 77 anni. Entro il mese di giugno potrebbe diventare legge e, quindi, maggiormente diffondersi nel tessuto produttivo italiano, contribuendo alla dilatazione della contrattazione aziendale.

 

Ristrutturazione dei debiti

procedure di sovraindebitamento

 

Non è una sfida da poco: per vincerla sarebbe opportuna l’apertura di una nuova e responsabile fase fondativa delle relazioni industriali e di lavoro, un grande Patto per la crescita dei salari e del mercato interno che permetta al Governo, ai sindacati e alle associazioni di impresa di condividere le ricette per la ripresa della competitività e della produttività, per la centralità delle competenze nell’epoca dell’intelligenza artificiale generativa, per le nuove politiche attive del lavoro, per una rinnovata legislazione in materia di salute e sicurezza, per l’inclusione nel mercato del lavoro delle persone più vulnerabili, per la valorizzazione dei giovani.

Una nuova politica “per i” (e non “dei”) redditi che guardi al domani, senza paura di fare evolvere ciò che ha funzionato ieri, ma che oggi non svolge più i suoi effetti.

Il Primo maggio non è innanzitutto un anniversario del passato, ma la festa di chi grazie al lavoro vuole costruire un futuro migliore per sé e per la comunità in cui vive.

@EMassagli

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI

Carta di credito con fido

Procedura celere

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati