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Spazio, clima e diplomazia scientifica nei processi decisionali globali


di Alessio Matarazzo

Sommario: 1. Introduzione – 2. Science Diplomacy, di cosa si tratta? – 3. Settore Spaziale e Science Diplomacy – 4. Climate and Science Diplomacy – 5. Conclusioni

 

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Abstract. Nelle amministrazioni globali la scienza ha assunto un ruolo preponderante nell’indirizzo politico e nelle scelte diplomatiche. Le potenzialità della scienza contribuiscono allo sviluppo industriale di molteplici tecnologie; tra queste, quelle aerospaziali che sono fondamentali per l’acquisizione di dati necessari, al fine di instaurare un dialogo internazionale, basato su dati reali, per una corretta gestione delle criticità nel mondo globalizzato.

L’acquisizione di dati oggettivi porta i Governi ad affrontare criticamente i diversi settori con certezza scientifica e, poiché le potenzialità della Science diplomacy sono ancora in fase embrionale e non ancora rappresentate in modo chiaro ed esplicito, saranno proprio i dati di derivazione spaziale a fornire la possibilità di approfondire le tematiche relative all’influenza sulla politica internazionale, in relazione ai cambiamenti climatici.

1. Introduzione

L’interdipendenza economica ha creato nuove problematiche, sempre più complesse, che necessitano soluzioni. Le problematiche moderne, proprio come quelle antiche, hanno sempre trovato una chiave di lettura nella diplomazia. Moderne necessità richiedono moderne sfere di azione e, in un mondo globalizzato, si è resa necessaria l’applicazione della Science diplomacy, come strumento fondamentale, efficiente ed efficace per affrontare criticità nazionali e globali.

Se è vero che i principi dell’universalità della scienza portano con sé un linguaggio privo di ideologie,  ne consegue che i dati scientifici diventano un efficace mezzo di azione. Questo concetto viene espresso chiaramente in un’intervista dalla Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Maria Chiara Carrozza, la quale dichiara: «La scienza può fungere da ponte tra nazioni, superando le barriere politiche e culturali. La Science diplomacy è un mezzo per costruire collaborazioni fruttuose, con-dividere conoscenze e risorse, contribuendo così a mitigare conflitti e a promuovere la pace.»1 Con la Science diplomacy si abbracciano molteplici campi d’applicazione. Tra le varie  possibilità si considerino i rapporti sempre più stretti tra scienza e politica internazionale, che si concretizzano con una gestione diplomatica delle crisi globali, sulla base di dati scientifici. La ricerca scientifica ha spesso bisogno della diplomazia per proiettarsi sulla scena internazionale e la politica, a sua volta, ha bisogno della scienza. Difatti, l’applicazione scientifica su tematiche di rilevanza internazionale ha modificato, in maniera definitiva, la capacità di dialogo, le interlocuzioni e le negoziazioni tra diplomatici. Dunque, gli imperativi che governano la Science diplomacy sono essenzialmente due: promuovere gli interessi nazionali di un Paese e affrontare le sfide comuni. Nei contesti sociali odierni, tutto viene messo in discussione da chiunque. Infatti, basta una connessione internet per distribuire proposte diplomatiche basate su una finta conoscenza o consapevolezza di ciò che realmente accade nel mondo. Citando Piero Angela: «La velocità della luce non si decide ad alzata di mano, a maggioranza» e se le aziende si rivolgono a consulenti esperti nei vari settori, le amministrazioni nazionali si affidano a scienziati per affrontare le sfide globali, come ad esempio le problematiche relative alla povertà, all’energia rinnovabile, alla situazione pandemica, che ci ha riguardato nel recente passato (SARS-CoV-19) e, per ciò che attiene la problematica relativa ai cambiamenti climatici, ci si affida alla cooperazione internazionale, migliorando la qualità della ricerca e dello sviluppo con una condivisione dei dati più rapida ed efficace. I professionisti in Europa hanno iniziato ad evidenziare i meriti della science diplomacy come strumento per la risoluzione di questioni sociali, soffermandosi sull’importanza della collaborazione scientifica internazionale e l’incoraggiamento di scambi costruttivi2.  L’importanza della Science diplomacy non viene riconosciuta solamente nel vecchio continente. Nella specie, nel 2008 l’American association for the advancement of Science ha creato il Centro per la Diplomazia Scientifica3, il cui Direttore e Chief international officer dell’AAAS, Vaughan Turekian, ha dichiarato, in un’intervista rilasciata al Notiziario CORDIS, il servizio di informazione in materia di ricerca e sviluppo della Commissione europea4, quali fossero gli esempi positivi della Science diplomacy e come questo strumento di diplomazia possa arrecare dei vantaggi di enorme portata. Nel 2023, i membri dell’International Science Council durante il convegno ‘Science diplomacy and Science in a Time of Crisis’ svoltosi a Parigi, hanno esaminato come la scienza e l’isc possano lavorare per la diplomazia, tra cui il cambiamento climatico e l’instabilità economica e politica5.  Come già affermato in precedenza, la ricerca, i dati scientifici e gli scienziati hanno avuto e avranno nei prossimi decenni un ruolo chiave nelle scelte diplomatiche internazionali, diventando sempre più strumenti imprescindibili per affrontare sfide globali; gli Stati che coglieranno tale grande portata innovativa, riusciranno a risolvere efficacemente problematiche internazionali con la scienza applicata.  In completa dicotomia rispetto a tali assunti, due studiosi, Flink e Schreiterer hanno messo in discussione l’applicazione concreta con cui la science diplomacy può essere tramutata in azione politica. E ancora Fähnrich, nel 2015, mise in discussione come gli scienziati e i diplomatici potessero creare relazioni costruttive. Da ultimo, sempre Flink nel 2020, ha definito il discorso sulla science diplomacy sensazionalista, dato che a suo avviso promette molto di più di quanto effettivamente dimostra di offrire. Negli ultimi decenni ricercatori e scienziati si sono adoperati nella ricerca spaziale creando un comparto di studi dedicato, quello dell’analisi del Globo. Nel merito, la totalità di dati scientifici di derivazione spaziale risponde alle necessità e al desiderio della società contemporanea, determinando un filo conduttore tra tecnologie, risorse e diplomazia. In sintesi, la science diplomacy è diventata uno strumento potente per affrontare sfide globali e i vari Stati, avvalendosi dei dati di derivazione spaziale potranno, attraverso l’osservazione terreste, arrivare a tessere una fitta rete diplomatica tra Nazioni che riesca ad affrontare criticità nazionali ed internazionali come i cambiamenti climatici, i disastri ambientali, la pianificazione urbanistica e la gestione delle risorse energetiche.

2. Science Diplomacy, di cosa si tratta?

Con la Scienc diplomacy si intendono molteplici campi d’applicazione. La più importante è quella relativa ai rapporti tra scienza e politica internazionale, che si concretizza con la gestione diplomatica delle crisi globali, sulla base di dati scientifici.  La ricerca scientifica ha spesso bisogno della diplomazia per proiettarsi sulla scena internazionale proponendo grandi sfide e progetti e la politica, dal canto suo, ha bisogno della scienza.6    L’applicazione scientifica, su tematiche di rilevanza internazionale, ha modificato in maniera definitiva la capacità di dialogo, le pratiche disquisitorie e le negoziazioni dei diplomatici7 . Gli imperativi che governano la Science diplomacy, in fondo, sono essenzialmente due: – promuovere gli interessi nazionali di un Paese; – affrontare le sfide comuni.

L’ambizione della Science diplomacy si accentra sempre di più sulla risoluzione dei conflitti internazionali, tant’è che nasce la Science diplomacy 2.0, che dovrebbe avere l’ambizione di promuovere responsabilità e innovazione in tutto il mondo, ponendo come obiettivo sfide socio-globali*8  tramite strumenti volti ad indirizzare i politici ad una presa decisionale.

La scienza si basa su Dati e Metadati, che sono al centro di molti studi; ma chi dovrebbe fornirli? Uno studio di Turchetti e Lalli del 2020 pone come protagonisti gli “Osservatori” dell’innovazione. Tra i più conosciuti troviamo l’oms, l’eu Horizon, Osservatorio Ricerca e Innovazione 2020,  che analizzano dati e li trasmettono alla politica dando la possibilità ai governatori mondiali di agire per la risoluzione di problematiche globali. Le Science diplomacy, vieppiù, racchiudono due tipi di attività che, lavorando in cooperazione tra loro, trascendono il loro significato individuale arrivando a porre la scienza al pari di un’istituzione libera da ogni ideologia, capace di osservare le problematiche ed eventuali soluzioni in maniera razionale, trasparente e disinteressata. 9  La diplomazia, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, è l’approccio risolutivo dei conflitti internazionali mediante il dialogo, in maniera non violenta. Questi sono due aspetti che si bilanciano, ma che possono essere osservati sotto dimensioni diverse: “s,cience in diplomacy”, “diplomacy for science” e “science for diplomacy”. Le definizioni sono state coniate nel 2010 dalla “Royal Society e American Association for the Advancement of Science” e per quanto i termini possano sembrare simili con un significato intrinseco simile, questi hanno finalità diverse, pur sempre complementari tra loro. Ed invero si può definire “Science in diplomacy” il supporto diretto dei processi diplomatici attraverso la scienza, come la consulenza scientifica a supporto dei processi decisionali nella politica estera, le problematiche ambientali e di sicurezza internazionale. Coloro che sono deputati a formulare diagnosi sono congregazioni di esperti in strutture denominate  “interfacce di politica scientifica»,

Nelle arene internazionali, le analisi e le conclusioni fornite dagli esperti contribuiscono ai negoziati tra diplomatici; da qui il termine «scienza in diplomazia» .10 Con l’espressione Diplomacy for science”, invece, indichiamo come un Paese, in campo internazionale, cerca di valorizzare la comunità scientifica. Per perseguire questo scopo i Governi si basano su due fondamenti: – gli accordi bilaterali firmati tra più governi per la cooperazione scientifica/tecnologica; – le reti diplomatiche estere16.

Gli accordi bilaterali portano alla condivisione dei costi e dei rischi, come è accaduto con  l’istituzione del progetto International thermonuclear experimental reactor, che dovrebbe verificare la fattibilità scientifica e tecnica della fusione nucleare, come nuova fonte di energia.

Nelle reti diplomatiche estere, invece, le ambasciate assumono il ruolo di facilitatori per gli scambi scientifici, aiutando la mobilità dei ricercatori, favorendone i contatti e concedendo finanziamenti.

La “Science for diplomacy”, da ultimo, è quella che si applica in caso di situazioni particolari, nell’ambito delle relazioni internazionali in cui la Diplomacy for science agisce come dimensione diplomatica, Nella specie, quando le tensioni politiche tra nazioni sono critiche e la diplomazia classica non trova uno spunto d’azione, la scienza agisce come collettore diplomatico. 11 Un esempio può essere ricordato pensando al periodo della Guerra Fredda quando gli scambi scientifici tra ricercatori non furono mai interrotti. Si pensi alla celeberrima “stretta di mano nello spazio” tra astronauti americani e russi, che nel luglio del 1975 è entrata nella storia grazie alla spedizione Apollo-Soyuz, diventando uno degli eventi politici più importanti dell’epoca e segnando l’inizio della collaborazione nel settore spaziale tra queste due grandi potenze. La scienza, quindi, si apre alle relazioni internazionali, utilizza la ricerca come via per lo sviluppo di una comunicazione diplomatica globale e, in tal senso, come espresso nel 2017 da Ruffini: «I Paesi si propongono di raggiungere tre diversi obiettivi: attrazione, cooperazione e influenza»12, da intendersi per attrazione la qualità di un Paese in relazione alla capacità dello stesso di attrarre e mantenere i ricercatori, i dottorandi e gli scienziati e tale circostanza ha un ruolo fondamentale nella Science Diplomacy, perchè  ha anche la finalità di trattenere capitale umano qualificato, così da aumentare le competenze scientifiche nazionali;  la cooperazione, d’altro canto, è intesa nella forma del dialogo internazionale, della condivisione e dell’universalità. Essa è un fattore chiave per la moderazione delle relazioni internazionali;  l’influenza, da ultimo, può essere spiegata rifacendosi agli studiosi  della Harvard kennedy School of government, che hanno creato la classica distinzione tra soft e hard power. Nel merito, mentre le hard power constano di sistemi d’arma13, tra le soft power rientra la science diplomacy. La capacità da parte delle nazioni di influenzare, seppur in minima parte, gli eventi internazionali si basa sulla competenza e nel coordinamento tra scienziati, ricercatori e diplomatici.

3. Settore Spaziale e Science Diplomacy

Storicamente lo spazio è stato considerato centrale nella competizione militare, oggi invece, lo spazio ha un impatto anche sugli aspetti economici, scientifici, culturali, politici, climatici e industriali. Interessa e coinvolge diverse tipologie di attori e processi 5. Nonostante le superpotenze spaziali siano polarizzate tra gli Stati Uniti e la Cina, tutti i Paesi hanno realizzato che occorre partecipare alla nuova corsa allo spazio e che è necessario farlo nel migliore dei modi, per garantirsi benefici diretti o indiretti7.

Considerato che l’esplorazione spaziale ha dei costi ingenti e necessita di competenze scientifiche elevate, appare ovvia l’esigenza di una cooperazione spaziale capace di aumentare sinergicamente la capacità tecnologica di ogni singolo Paese. In tal modo si profila anche un’opportunità di “riconciliazione” tra gli stessi, qualora non vi fossero rapporti pacifici.

Molti studiosi della Relazioni Internazionali sostengono che i processi diplomatici servono solo a minimizzare i costi di transazione dei negoziati tra Stati, o a trovare risultati di contrattazione ottimali, basati sull’interesse personale dei partecipanti14. Questa affermazione però è in completa dicotomia con la realtà diplomatica moderna. L’intenso dialogo tra nazioni e scienziati può sfociare in una cooperazione che esula dal semplice utilizzo delle capacità scientifiche e tecnologiche, con il fine ultimo di migliorare l’immagine attrattiva di un Paese. Appare quindi ovvio che la Science Diplomacy ha una stretta correlazione con il settore spaziale e la manifestazione più evidente della forma diplomatica nelle attività spaziali è la “diplomazia spaziale scientifica15. Il termine originario di space diplomacy si fonda nell’utilizzo del settore spazio e delle imprese spaziali come luogo diplomatico e di contatto tra Paesi, che porterà alla realizzazione di rapporti di collaborazione nei settori tradizionali, non escludendo una possibile contrapposizione ideologica e culturale.16 Oltre 70 paesi hanno programmi spaziali e 14 hanno capacità di lancio e queste capacità hanno portato ad  un’intensa cooperazione e competizione internazionale 17, a partire dalla  governance dello spazio extra atmosferico, con l’istituzione di un sistema di coordinamento del traffico spaziale e di un percorso per le future norme spaziali 18. In principio la cooperazione tra Stati è nata per l’insicurezza dei budget nazionali. Attualmente, invece, si realizzano intese di cooperazione internazionale anche per il prestigio diplomatico derivante dalla partecipazione ad un programma spaziale, poiché spesso si va a modificare l’influenza geopolitica delle nazioni coinvolte e il loro peso nelle relazioni internazionali. La cooperazione spaziale, se si considerano tutti i partecipanti, porta con sè delle criticità intrinseche se si considerano le condizioni iniziali di partenza dei singoli Paesi che si avviano a condurre un programma congiunto. Tali criticità riguardano le differenti  tecnologie, la politica e l’economia di ogni paese coinvolto. L’oggetto delle cooperazioni spaziali è stato individuato dall’United nations committee on the peaceful uses of outer space, commissione delle nazioni unite sull’ uso pacifico dello spazio extra-atmosferico, un ente creato nel 1958 e istituito come organo permanente nel 1959, con il fine di dirigere la pacifica cooperazione tra nazioni nello spazio extra atmosferico19.

4. Climate and  Science Diplomacy

La capacità di individuare le criticità terrestri in questo periodo storico si realizza anche per mezzo dei dati satellitari che, impegnati nell’osservazione del nostro pianeta, indirizzano sempre di più gli studi sui cambiamenti climatici, consentendo di avere una descrizione più accurata sulle condizioni terrestri attuali. L’osservazione della Terra diventa, quindi, fondamentale nella raccolta ed elaborazione di dati, al fine di estrarne informazioni utili per la conoscenza dei processi chimici, fisici e biologici della Terra, con l’obiettivo di monitorarne lo stato e i cambiamenti, sia di origine naturale che antropica. Gli ambiti applicativi sono molteplici: dalla definizione delle nuove politiche per la gestione sostenibile delle risorse naturali, passando per la protezione degli ecosistemi, alla salvaguardia della salute umana, nonché alla promozione della crescita ecosostenibile in campo economico e sociale.20 L’osservazione terrestre, quindi, non solo fornisce informazioni preziose per la scienza, ma contribuisce in maniera significativa alla comprensione delle criticità e delle fragilità planetarie, costituendo e diventando parte integrante per la valutazione basata sull’evidenza degli impatti dei cambiamenti climatici sulla Terra, in particolar modo per le aree in cui le misurazioni in situ non sono disponibili.21  I canali e le strategie diplomatiche che affrontano il delicato argomento del cambiamento climatico e il suo impatto nelle relazioni internazionali trovano il loro fulcro nella climate diplomacy, che sottintende le negoziazioni e le attuazioni di politiche, trattati e accordi legati al clima a livello internazionale, nonché la cooperazione tra Paesi e altre parti interessate, per ridurre le emissioni di gas serra, adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici e promuovere lo sviluppo sostenibile. Ed è naturale corollario che, nel momento in cui si affrontano tematiche delicate, si creano sempre due o più fazioni di interlocutori: quella degli scettici, degli ambientalisti e degli esperti. Bruce Harrison, esperto nelle pubbliche relazioni sui temi dell’ambiente, «Padre del negazionismo climatico»23 e Franco Battaglia24, docente di chimica all’Università di Modena, noto per i suoi pensieri riguardanti il cambiamento climatico25, sono solo due tra i nomi illustri che hanno affermato, a più riprese, che negli ultimi 20-30 anni la popolazione mondiale è stata vittima di un colossale falso scientifico, secondo cui i cambiamenti climatici sono indotti dalle attività umane. In completa dicotomia con i negazionisti si schierano gli ambientalisti, portavoci del cambiamento climatico, che tentano di sensibilizzare l’opinione pubblica ai loro assunti: Greta Thunberg, Leonardo Di Caprio, David Frederick Attenborough, sono solo alcuni degli ambientalisti più accaniti. Uno studio del 2021, che ha analizzato più di ottantottomila articoli scientifici, ha dimostrato che il 99% degli scienziati concorda che il cambiamento climatico esiste e sia stato causato dalle attività umane.*26 La comunità scientifica attraverso un documento redatto da 91 scienziati  l’Intergovernmental panel on climate change stima che le attività umane abbiano causato circa 1 grado di riscaldamento globale.

Per affrontare al meglio un’argomentazione diventa necessario differenziare le terminologie, come ad esempio CO2 e inquinamento. La CO2 non nuoce in maniera diretta gli esseri umani ma, essendo un gas serra, contribuisce in maniera rilevante all’aumento medio delle temperature. Negli ultimi 150 anni la sua concentrazione è aumentata enormemente a causa della combustione di carbone, petrolio, gas, rendendo necessarie delle misure di contenimento delle emissioni di anidride carbonica. L’inquinamento atmosferico nuoce alla nostra salute ed è causato dalle polveri sottili che si liberano quando legno, rifiuti agricoli, carbone e gas vengono bruciati.27 Il recente Global Carbon Budget 2023 mette in evidenza una realtà preoccupante: le emissioni globali di anidride carbonica da combustibili fossili sono stimate a 36,8 miliardi di tonnellate28, dove tutta l’Unione europea è responsabile del 7,3% delle emissioni mondiali29,  la Cina produce il 31% del totale, gli Stati Uniti il 14%, le emissioni indiane l’8%, la Russia il 4% e infine quelle giapponesi il 3%.30 L’evoluzione della ricerca ha portato i governi a una nuova forma di science diplomacy, ovvero la climate diplomacy, utilizzando al 100% tutti i dati scientifici per sostenere le proprie tesi e raggiungere accordi internazionali.  La diplomazia climatica si riferisce all’uso di canali e strategie diplomatiche per affrontare il cambiamento climatico globale e il suo impatto sulle relazioni internazionali. Implica la negoziazione e l’attuazione di politiche, trattati e accordi. legati al clima, a livello internazionale, nonché la cooperazione tra paesi e altre parti interessate per ridurre le emissioni di gas serra, adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici e promuovere lo sviluppo sostenibile.31 L’importanza della Science diplomacy nel tema clima è evidente con l’instaurazione di frequenti incontri politici per trattare dell’argomento. Grazie agli scienziati e alla ricerca spaziale si è riusciti a constatare un significativo aumento delle temperature globali, che si avviano verso livelli record e, allo stesso tempo, eventi meteorologici estremi che colpiscono le persone in tutto il mondo. Grazie al monitoraggio delle condizioni meteorologiche, della produzione di anidride carbonica e degli eventi meteorologici sempre più aggressivi, i paesi del mondo, con la loro politica internazionale si sono sentiti in dovere di ricomprendere, all’interno della loro agenda politica, una discutibile questione ambientale. A sostegno di ciò basta analizzare la cronistoria degli appuntamenti politici internazionali per la discussione delle tematiche ambientali negli ultimi anni. Dal 2014 al 2024, infatti, sono stati svolti più di 60 eventi internazionali, la cui tematica principale è stata il cambiamento climatico32. Di conseguenza, in virtù del principio di colleganza e di diplomazia, la quasi totalità dei 197 Stati partecipanti alla cop28 svoltasi nel 2024 a Dubai, si è impegnata all’abbandono dell’energia fossile entro il 2050. L’evento cop28, che ha visto la Science Diplomacy e la Climate Diplomacy protagonisti con 70.000 partecipanti e 197 Paesi presenti, ha portato alla dichiarazione quasi unanime della necessità di transizione dei combustibili fossili.33. L’Unione europea ha assunto un ruolo guida nell’azione globale per il clima, confermando l’impegno verso la neutralità climatica con l’abbandono dell’energia fossile entro il 2050, triplicando la capacità di energia rinnovabile e aumentando l’efficienza energetica entro il 2030. Analizzando la situazione di partenza, visti i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia relativi al 2019 (iea), il 79,9% del consumo di energia mondiale è di derivazione fossile, il 6,9% di biomassa tradizionale, il 2,2% di energia nucleare e l’11% deriva da energie rinnovabili (1% biocarburanti per il trasporto, 2,1% energia eolica/solare/geotermica/mareomotrice, 3,6% idroelettrica, 4,3% biomassa/solare/geotermica). E’ certamente indubbio che, in un prossimo futuro, le energie rinnovabili diventino parte integrante del nostro mondo, ma è altrettanto certo che sostituire, in soli 30 anni, l’energia fossile con l’energia verde è impossibile; la nostra società rischierebbe il collasso. Ciò perché abbandonare i combustibili fossili vorrebbe dire dover sostituire anche le tecnologie, le infrastrutture, i trasporti e la produzione di cibo. Ad oggi, secondo i dati dell’IEA, circa il 75% dell’elettricità mondiale viene generata tramite la combustione di carbone, petrolio e gas, mentre la restante è fornita dall’elettricità rinnovabile. Piuttosto che parlare di “abbandono dell’energia fossile,” considerato che ci sono Paesi più virtuosi di altri, sarebbe stato opportuno trovare una soluzione soprattutto per i paesi meno preparati del globo. La produzione dell’unione europea, responsabile del 7,3% delle emissioni mondiali, sta a significare che se le nazioni europee dovessero smettere di esistere, la problematica mondiale rimarrebbe quasi sullo stesso livello. I dati scientifici rilevano una maggiore produzione di CO2 provenire da quelle nazioni in forte stato di sviluppo e, vista l’ovvia necessità energetica di queste popolazioni, la cop28 avrebbe potuto prevedere, oltre a un miglioramento del sistema patria, un piano di “tamponamento energetico” per le popolazioni meno virtuose.

5. Conclusioni

Tra le tre fazioni di interlocutori identificati nel paragrafo Climate and Science Diplomacy si potrebbe inserire una quarta categoria di attori: i Realisti. Questa sezione di persone, seppur non presente in letteratura, quindi pura ipotesi di scuola,  raggruppa tutte quelle persone che scambiano opinioni con una fondata base scientifica. I realisti non sono altri che scienziati, ricercatori, studiosi che affrontano un argomento con forti basi scientifiche. Citando il geologo e divulgatore scientifico  Andrea Moccia: “l’idealismo, per quanto non debba mai mancare, è pericoloso se non accompagnato da una buona dose di pragmatismo”34 Il Centro regionale Informazione delle nazioni unite definisce i cambiamenti climatici come delle variazioni a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici. Simonetta Cheli, direttrice dei programmi di osservazione della Terra dell’Agenzia Spaziale Europea (esa) afferma che: «i registri climatici ci hanno mostrato che la finestra per agire si sta chiudendo: lo scioglimento dei ghiacciai, le recenti siccità e inondazioni in Europa, così come gli eventi meteorologici più estremi, ci dicono che è tempo di agire ora». Sempre la dottoressa Cheli, in un intervento con i leader mondiali, spiega l’importanza della scienza e dell’esplorazione spaziale e di come l’Agenzia Spaziale Europea possa fornire dati climatici e soluzioni, affinché il nostro pianeta possa «tornare a respirare». Nel contesto storico odierno, colpito da pandemia, guerre e cataclismi, come possono gli scienziati e le grandi menti scientifiche lavorare insieme come forza diplomatica? La diplomazia scientifica può essere uno strumento utile per aiutare i Paesi a superare una divisione politica.  La ricerca spaziale ha influenzato in modo importante sulla vita dei popoli e sulle decisioni in campo internazionale in ambito climatico, rivestendo un ruolo di particolare rilevanza nel contesto nella science diplomacy. Utilizzando il settore spaziale come strumento cruciale per la raccolta di dati e informazioni è emerso che la collaborazione internazionale è essenziale per affrontare efficacemente questa sfida globale, in quanto il cambiamento climatico supera i confini geopolitici e richiede un approccio olistico per la sua soluzione. L’applicazione spaziale ha portato dei risvolti importanti in campo internazionale, trasformando in maniera reale la politica internazionale ma, avere a disposizioni dati chiari forniti da ricercatori porta sovente a una cruda realtà: una titubanza nell’agire per il bene comune tralasciando quelli che sono gli interessi delle singole nazioni a favore della popolazione mondiale. Per quanto scomoda possa essere questa affermazione, l’argomento ambiente ne è il primo chiaro esempio. Le grandi nazioni avrebbero potuto sigillare accordi per tutelare quelle che sono le nazioni più povere, con un tasso di produzione di co2 più elevato, cercando di ridurre il gap dalle nazioni più virtuose; solo in quel momento si poteva tornare a imporre ulteriori sacrifici alle nazioni con un tasso di produzione di CO2 che fosse tornato ad essere accettabile. I diplomatici hanno applicato la science diplomacy in maniera egregia per lo sviluppo di una rete di sicurezza e per uno sviluppo economico che potrebbe portare un fatturato trilionario a fine del 2040. Attualmente i convegni politici internazionali constano di interventi sulla science diplomacy, che si spera siano propensi ad una politica internazionale capace di promuovere la cooperazione e il dialogo tra le Nazioni, per affrontare in maniera efficace le molteplici sfide che si presentano. Con l’aumento dell’interconnessione globale e la crescente rilevanza del settore spaziale, diventa fondamentale promuovere un approccio cooperativo che garantisca un uso responsabile delle risorse spaziali a beneficio dell’intera umanità.

 

 

 

 

 

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*23 La storia dell’uomo che inventò il negazionismo climatico • Rivista Studio
*24 Battaglia F. (2021) “Non esiste alcuna emergenza climatica. Perché la pretesa di governare il clima della terra è un illusione” .
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 *26 Il negazionismo climatico: cos’è e com’è oggi (duegradi.eu)
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