Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

i presupposti per le agevolazioni fiscali


I chiarimenti della Cassazione sull’accesso alle agevolazioni fiscali per le fondazioni bancarie, prima della riforma Ciampi

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Le Sezioni Unite hanno espresso il principio secondo cui la possibile fruizione per le fondazioni bancarie – anteriormente alla cosiddetta riforma Ciampi di cui alla legge 23 dicembre 1998, n. 461 e al Dlgs. 17 maggio 1999, n. 153 – dell’agevolazione di cui all’art. 6 del Dpr. n. 601 del 1973 richiede la dimostrazione, di cui detti enti sono onerati in base al comune regime della prova ex art. 2697 cod. civ., di avere in concreto svolto un’attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale, anziché quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie (cfr., Cass., S.U., 22/01/2009, n. 1576; Cass., 05/07/2013, n. 16842, 20/04/2016, n. 7882, 11/05/2017, n. 11648; Cass., n. 27300 del 25.09.2023).

Tale orientamento è del resto anche in linea con la giurisprudenza comunitaria.

Fondazioni bancarie: i presupposti per le agevolazioni fiscali

Le Sezioni Unite della Corte hanno quindi precisato che tale tipo di ente, difficile da classificare, presenta comunque caratteristiche che non si conciliano con quelle degli enti elencati nell’art. 6 Dpr. n. 601 del 1973, precisando che, all’evidenza, gli enti conferenti, almeno fino a quando hanno amministrato in regime pubblicistico le partecipazioni nelle società conferitarie, hanno svolto essenzialmente e/o prevalentemente una vera e propria attività di gestione dell’impresa bancaria, rapportabile all’attività delle holding, dovendo quindi essere escluso che l’attività delle fondazioni fosse finalizzata al perseguimento di obiettivi sociali, meritevoli di agevolazioni.

Sempre sul medesimo tema, la Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi con la Sentenza n. 5914/2025, del 5 marzo 2025, affermando, tra le altre, che, una volta che sia dimostrata la mancata gestione, diretta od indiretta – da parte dell’ente – dell’impresa bancaria, ai fini dell’applicazione della esenzione di cui all’art. 6 d.p.r. n. 601/1973, occorre comunque la prova del perseguimento delle specifiche finalità sociali ivi previste.

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Fondazioni bancarie e agevolazioni fiscali: il caso concreto

Nel caso di specie, una Fondazione bancaria indicava – nelle dichiarazioni dei redditi relative agli anni d’imposta dal 1994 al 1998 – crediti derivanti dall’agevolazione di cui all’art. 6, d.p.r. n. 601/1973.

L’Agenzia notificava provvedimento di diniego e la CTP accoglieva il ricorso della contribuente, ritenendo che i crediti fossero certi nell’an e nel quantum.

Anche la CTR rigettava poi nel merito l’appello dell’Ufficio, osservando che ciò che rileva ai fini della concessione dell’agevolazione in esame è costituito non dalla fonte da cui la Fondazione si procura la provvista, ma dalla destinazione del denaro ricavato.

La CTR riteneva inoltre che la decrescita nella partecipazione al capitale della Banca da parte della Fondazione fosse coerente coi fini di utilità sociale dell’ente e che comunque la Fondazione aveva dimostrato, tramite il deposito di statuto, bilanci e allegati, la finalità sociale e l’assenza dei caratteri d’imprenditorialità.

L’esiguità della partecipazione nell’impresa bancaria escludeva peraltro, secondo i giudici di merito, la possibilità di controllo della banca da parte della fondazione e dimostrava lo svolgimento concreto e prevalente di un’attività di promozione sociale e culturale in luogo di quella di governo e controllo delle partecipazioni bancarie detenute.

L’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso in Cassazione, deducendo, per quanto di interesse, la violazione dell’art. 6, d.p.r. n. 601/1973 e dei principi in tema di concorrenza di cui agli artt. 87 e 88 del Trattato CE, non avendo la CTR valorizzato il fatto che per avere diritto al beneficio non solo occorre che la fondazione non abbia gestito direttamente od indirettamente l’azienda bancaria, ma anche che, concretamente, abbia non già solo finanziato, ma direttamente svolto le attività meritorie aventi finalità sociale.

Fondazioni bancarie e agevolazioni fiscali: i chiarimenti della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel ritenere fondato il ricorso, evidenzia che, dal punto di vista processuale, doveva presumersi che l’ente suddetto, detenendo e conservando una rilevante (se non totalitaria) partecipazione nella società, avesse come finalità precipua la gestione della stessa.

A tal proposito la Corte richiama l’orientamento giurisprudenziale che, anche con riferimento alle fondazioni bancarie (che succedono temporalmente agli enti previsti dalla riforma Amato), richiede che la asserita finalità di utilità sociale sia sempre oggetto di specifica dimostrazione (cfr., Cass., 16906/20).

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Quanto alla consistenza dell’onere probatorio a carico della fondazione, lo stesso, rileva la Corte, non può che comportare la dimostrazione:

  • dell’insussistenza di una partecipazione maggioritaria o altrimenti determinante;
  • dell’insussistenza di obblighi statutari di mantenimento di una partecipazione significativa o di controllo e l’esercizio di poteri di intervento diretto, tramite intervento diretto di propri organi nel consiglio d’amministrazione della banca;
  • dell’insussistenza di altre forme di condizionamento come elencate dall’art. 23 T.U.B.

A tale prova deve però poi accompagnarsi anche quella relativa al perseguimento delle finalità sociali.

Errata era stata dunque la conclusione della CTR, la quale, sotto il profilo dell’indagine circa gli elementi rilevanti ai fini della concessione del beneficio in esame, aveva dato rilievo al (solo) fatto che la fondazione contribuente aveva erogato somme a vantaggio di attività connotate da utilità sociale, laddove, in realtà, l’indagine andava estesa alla concreta attività svolta dall’ente per il perseguimento delle finalità sociali.

In proposito la Suprema Corte ha stabilito infatti che gli enti in parola, per vincere la presunzione sopra indicata, non devono limitarsi a provare il mero fatto di avere destinato concretamente anche tutte le risorse disponibili all’attuazione dello “scopo” di utilità generale, bensì, più radicalmente, “di avere svolto una attività del tutto differente da quella voluta dal legislatore, nel senso che invece di privilegiare le finalità di consentire al nostro sistema creditizio di affrontare le turbolenze del mercato internazionale in mare aperto (governando la fase dell’affrancamento dal protezionismo statale), abbia… invece svolto una attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale” (Cass., n. 4278/2010).

Ciò in quanto, come detto, di principio, tali enti, soprattutto quelli sussistenti nella vigenza della riforma Amato (quindi appunto negli Anni Novanta, che qui rilevavano), erano istituzionalmente preposti ad altro.

Ai fini della concessione del beneficio, pertanto, il giudice di merito non può limitarsi «ad accertare che la Fondazione aveva impiegato per gli anni in questione una consistente parte delle risorse per attività di promozione sociale e culturale. Tale circostanza, tuttavia, non è determinante perché, laddove si accedesse all’interpretazione dell’art. 6 sottesa a tale statuizione, si finirebbe con il riconoscere il beneficio in ragione del mero status di Fondazione, così disattendendo sia la sentenza di rinvio che le Sezioni Unite che ne costituiscono l’antecedente» (Cass., n. 27300/23).

Fondazioni bancarie e agevolazioni fiscali: necessaria la prova delle finalità sociali

In conclusione, una volta quindi che sia dimostrata la mancata gestione, diretta od indiretta – da parte dell’ente – dell’impresa bancaria, ai fini dell’applicazione dell’art. 6 d.p.r. n. 601/1973 occorre comunque anche la prova del perseguimento delle specifiche finalità sociali ivi previste.

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In altri termini la natura in esame va dimostrata non solo sotto il profilo formale, con riferimento agli scopi individuati dalle norme e dallo statuto, ma anche dal punto di vista sostanziale, considerato che la natura dell’attività in concreto esercitata dall’ente prevale, comunque, sul fine dichiarato.

Del resto, sottolinea ancora la Corte, interpretando la disciplina in esame come fatto dalla CTR, e quindi relegando la verifica della finalità sociale all’utilizzo dei dividendi, si consentirebbe ad un ente che gestisce, o influisce in modo determinante nella gestione di un’impresa bancaria, di vedere l’utile soggetto ad una tassazione agevolata, con conseguente possibilità di ledere la concorrenza di mercato, in violazione delle norme del Trattato CE, e in particolare al divieto di aiuti di stato di cui all’art. 87, laddove, nell’ambito del diritto della concorrenza, il concetto di impresa comprende qualsiasi ente che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (cfr., Cass. 5740/2007; 7883/2007; 10253/2007; 10258/2007; 13559/2007; Cass. 2 aprile 2010, n. 8082; Cass. 24 febbraio 2010, nn. 4416 e 4454).



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