La transizione dell’Italia verso il nuovo standard di televisione digitale terrestre, il DVB-T2, rappresenta un percorso tecnologico avviato da anni ma che, all’inizio del 2025, si presenta ancora molto indefinito, caratterizzato da una fase interlocutoria prolungata e da un’atmosfera carica di incertezze.
Nonostante alcuni progressi tangibili siano stati compiuti, la meta finale – ovvero il completamento del passaggio e lo spegnimento definitivo (switch-off) delle trasmissioni con il vecchio standard DVB-T – appare ancora lontana e priva di una data certa. Ecco qual è la situazione attuale.
L’unica tappa fondamentale: il Mux B Rai passa al DVB-T2
Un evento di rilievo tecnico ha segnato l’estate del 2024: nella notte tra il 27 e il 28 agosto 2024, il multiplex nazionale “Mux B”, gestito dal servizio pubblico Rai, è stato effettivamente convertito al nuovo standard trasmissivo DVB-T2 e, per la maggior parte dei canali HD veicolati, alla codifica video HEVC (H.265).
Questo aggiornamento tecnologico non è banale: il DVB-T2, abbinato all’efficienza della codifica HEVC, permette un uso molto più razionale dello spettro radioelettrico, quasi raddoppiando la capacità trasmissiva di un singolo multiplex rispetto al precedente DVB-T/MPEG-4. Ciò apre le porte a una maggiore qualità (più canali HD o potenzialmente Ultra HD/4K) e a una migliore robustezza del segnale.
Ma quali sono state le conseguenze pratiche immediate per gli utenti?
Alcuni canali visibili solo con nuovi apparati
Canali tematici come Rai Storia HD (LCN 54), Rai Scuola HD (LCN 57) e il canale visual radio Rai Radio 2 Visual HD (LCN 202) sono ora trasmessi esclusivamente su questo Mux e richiedono tassativamente un televisore o un decoder esterno compatibile con lo standard DVB-T2 e, nella maggior parte dei casi (Storia e Radio 2 Visual), anche con la decodifica HEVC.
Chi possiede apparati più datati non può più accedere a questi specifici contenuti tramite digitale terrestre.
Canali principali in Simulcast per garantire la continuità
Consapevole del fatto che milioni di famiglie italiane non dispongono ancora di apparecchi compatibili, la Rai ha adottato una strategia di simulcast (trasmissione simultanea) per i suoi canali generalisti principali.
Rai 1 HD, Rai 2 HD e Rai 3 HD sono sì presenti sul nuovo Mux B in DVB-T2/HEVC (ai LCN 501, 502, 503), ma rimangono contemporaneamente disponibili anche sui tradizionali Mux regionali in DVB-T (ai LCN 1, 2, 3).
Questa duplicazione, sebbene tecnicamente inefficiente perché occupa più frequenze del necessario, è stata una scelta obbligata per evitare di oscurare i canali più seguiti a una vasta fetta di pubblico, garantendo così una transizione più morbida, almeno per ora.
Anche altri canali come Rai News 24 HD, Rai 4 HD e Rai Premium HD sono stati aggiunti in versione HD sul Mux B, mantenendo però la loro versione a definizione standard (SD) su altri Mux DVB-T.
Risintonizzazione necessaria
Come conseguenza diretta della riorganizzazione delle frequenze e dei canali, è stato indispensabile per tutti gli utenti effettuare una risintonizzazione completa dei canali sul proprio televisore o decoder dopo il 28 agosto 2024.
Senza questa operazione, la lista canali non sarebbe stata aggiornata e la visione dei canali Rai, specialmente quelli coinvolti nel cambiamento, sarebbe risultata compromessa o impossibile.
Questo passaggio del Mux B Rai, se da un lato segna un indubbio avanzamento tecnologico e permette alla Rai di rispettare gli impegni presi nel Contratto di Servizio con il MIMIT riguardo all’avvio della transizione, dall’altro lato può essere interpretato come una mossa strategica e cauta.
Convertendo un solo Mux e mantenendo i canali principali in simulcast, si gestisce la transizione a un ritmo controllato, posticipando di fatto la fase più critica e potenzialmente impopolare dello switch-off completo, specialmente in un contesto privo di incentivi economici statali per l’adeguamento degli apparecchi da parte dei cittadini.
Si adempie a un requisito formale senza però accelerare bruscamente verso la conclusione del processo.
L’incertezza cronica dello switch-off definitivo
La questione centrale, quella che genera maggiore apprensione e confusione tra utenti e addetti ai lavori, rimane irrisolta: quando avverrà lo spegnimento totale (switch-off) del vecchio segnale DVB-T e il passaggio obbligatorio e universale allo standard DVB-T2 HEVC per tutte le emittenti, nazionali e locali?
La risposta, sconfortante ma necessaria, è che all’inizio del 2025 non esiste ancora alcuna data ufficiale né è stato pubblicato un calendario vincolante per questo passaggio finale.
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), l’ente governativo con la responsabilità primaria di definire la roadmap e le tempistiche, non ha fornito aggiornamenti sostanziali in merito da molto tempo. Le pagine informative sul sito del MIMIT confermano l’avvenuto passaggio del Mux B Rai ma tacciono sul futuro.
Questa mancanza di chiarezza è aggravata dal fatto che diverse scadenze, ipotizzate o addirittura fissate in piani precedenti (come quella del 1° gennaio 2023, menzionata in molti articoli passati, o altre date indicate in roadmap ormai obsolete risalenti al 2019-2021), sono state sistematicamente mancate e superate senza che avvenisse lo switch-off finale. Questa storia di rinvii contribuisce ad alimentare un clima di sfiducia e incertezza persistente.
Un ulteriore segnale della bassa priorità attualmente assegnata allo switch-off televisivo proviene dall’attività recente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM).
Con delibere emesse tra gennaio e marzo 2025 (Del. 22/25/CONS e 54/25/CONS), l’AGCOM ha avviato un procedimento per riallocare le frequenze originariamente destinate alla dodicesima rete nazionale DTT (Mux 12), rimasta non assegnata.
L’obiettivo dichiarato di questa riallocazione è destinare una parte significativa di queste frequenze (in banda VHF) al potenziamento della radio digitale DAB+, considerata evidentemente un settore su cui intervenire con maggiore urgenza.
Le frequenze in banda UHF liberate potrebbero andare a beneficio delle reti DTT locali. Nei documenti relativi, si legge che le attuali 11 reti nazionali DTT sono ritenute sufficienti, una volta migrate a DVB-T2, a garantire l’offerta televisiva.
Questo attivismo sulla riorganizzazione dello spettro del Mux 12, con focus sul DAB+, contrasta nettamente con l’immobilismo sulla definizione della data finale per lo switch-off del DVB-T2 televisivo.
Sembra indicare che la finalizzazione della transizione TV, complessa e potenzialmente costosa socialmente (data la necessità di adeguamento degli apparecchi senza incentivi), sia vista come meno prioritaria rispetto al consolidamento della radio digitale o al supporto alle TV locali tramite altre vie.
Il motore politico e regolamentare per completare lo switch-off televisivo appare, di fatto, fermo. Le ragioni di questo stallo possono essere molteplici: dalla complessità tecnica e normativa, alla riluttanza politica ad imporre costi ai cittadini in assenza di bonus, fino all’influenza delle lobby e alla crescente rilevanza dello streaming che riduce la percezione di urgenza per l’aggiornamento della piattaforma terrestre.
Le crescenti difficoltà delle TV locali: un settore penalizzato
La situazione di stallo e il regime “ibrido” attuale, con la coesistenza prolungata di DVB-T e DVB-T2 parziale, non è neutrale ma produce effetti distorsivi sul mercato, penalizzando in modo particolarmente acuto le emittenti televisive locali.
Associazioni di categoria come Aeranti-Corallo hanno più volte lanciato l’allarme, definendo la situazione “inaccettabile” e sollecitando con forza il MIMIT a stabilire un cronoprogramma certo e vincolante.
Le loro critiche si fondano su problemi concreti e misurabili:
Svantaggio tecnico strutturale
Il guaio principale è questo: alle TV locali avevano promesso una certa banda dati per trasmettere i loro canali, calcolata pensando al nuovo sistema DVB-T2/HEVC, che è molto efficiente (fa passare più dati).
Ma siccome siamo ancora fermi al vecchio sistema DVB-T/MPEG-4, che è molto meno efficiente (fa passare meno dati), le TV locali si ritrovano con una banda molto più stretta, quasi la metà di quella promessa.
Di conseguenza, non riescono a lanciare canali in alta definizione (HD) come volevano, oppure devono abbassare molto la qualità dei canali normali (SD) per farceli stare, con immagini che magari si vedono sgranate.
Distorsione della competizione
Questa limitazione tecnica crea una forte disparità competitiva rispetto ai grandi broadcaster nazionali (come Rai e Mediaset). Questi ultimi, disponendo di maggiori risorse economiche e controllando interi multiplex nazionali, possono non solo trasmettere regolarmente in HD, ma anche permettersi il lusso del simulcasting (trasmettere lo stesso canale su più standard contemporaneamente) per massimizzare la copertura e non perdere audience.
Le TV locali, invece, si trovano ingabbiate in uno standard obsoleto che ne limita la qualità e l’offerta.
Impatto economico e rischio per il pluralismo
Le emittenti locali si trovano nella situazione paradossale di dover pagare canoni e costi operativi per una capacità trasmissiva teorica (quella DVB-T2/HEVC) che di fatto non possono sfruttare appieno, ricevendo un servizio inferiore alle aspettative e alle assegnazioni formali.
Questo drena risorse preziose, frena gli investimenti necessari per l’innovazione tecnologica, l’acquisto di nuove attrezzature e l’ammodernamento generale del settore.
A lungo termine, secondo le associazioni di categoria, questa situazione danneggia gravemente il pluralismo informativo, limitando la visibilità e la qualità dei contenuti locali e mettendo a rischio la sostenibilità economica stessa di molte realtà televisive radicate sul territorio, con potenziali ricadute anche sull’occupazione nel settore.
Cosa cambia (e cosa non cambia) per i cittadini: compatibilità, bonus scomparsi e inerzia
Di fronte a questo quadro complesso, è fondamentale per i cittadini capire cosa comporti concretamente la situazione attuale e, soprattutto, cosa aspettarsi per il futuro incerto.
Visione attuale garantita (per ora)
È importante sottolineare che, grazie al completamento del passaggio obbligatorio alla codifica MPEG-4 avvenuto a fine 2022 e alla strategia del simulcast adottata dalla Rai (e in parte da altri broadcaster nazionali), la maggior parte degli spettatori che guardano i canali nazionali principali non ha subito interruzioni significative della visione.
A condizione, ovviamente, che il proprio televisore o decoder sia compatibile almeno con l’HD (alta definizione) e la codifica MPEG-4.
Verifica della compatibilità futura
Il requisito tecnico fondamentale per poter ricevere tutti i canali televisivi dopo il futuro (e ancora non datato) switch-off definitivo sarà possedere un televisore o un decoder esterno compatibile non solo con lo standard di trasmissione DVB-T2, ma anche in grado di decodificare il segnale video compresso con la codifica HEVC (H.265), specificamente nel suo profilo Main10.
Questo profilo è importante perché è quello scelto a livello europeo per le trasmissioni DVB-T2 di nuova generazione, in grado di supportare una maggiore profondità di colore e potenzialmente anche l’High Dynamic Range (HDR), garantendo così una maggiore qualità e longevità all’investimento.
Come verificare
Il metodo più semplice e diretto per verificare la compatibilità del proprio apparecchio è sintonizzarsi sui canali test 100 (attivato dalla Rai) e 200 (attivato da Mediaset).
Se su entrambi compare una schermata statica con la scritta ben visibile “Test HEVC Main10”, significa che il televisore o il decoder è pienamente compatibile e pronto per il futuro.
Un altro test pratico, valido dopo il 28 agosto 2024, consiste nel verificare la corretta visione dei canali che ora sono trasmessi esclusivamente sul Mux B Rai in DVB-T2 HEVC, ovvero Rai Storia HD (LCN 54) e Rai Radio 2 Visual HD (LCN 202).
Se questi canali sono visibili, il dispositivo è compatibile. Se i canali test non vengono trovati o danno schermo nero, è probabile che sia necessaria una risintonizzazione; se anche dopo la risintonizzazione il test fallisce o i canali esclusivi non sono visibili, l’apparecchio non è compatibile.
Regola generale (con cautela)
Sebbene la legge imponesse ai rivenditori di vendere solo apparecchi compatibili DVB-T2 HEVC Main10 già a partire dal 22 dicembre 2018, è sempre consigliabile effettuare la verifica diretta. Apparecchi acquistati prima di tale data sono quasi certamente non compatibili o compatibili solo parzialmente (magari DVB-T2 ma non HEVC Main10) e richiederanno l’acquisto di un decoder esterno.
Fine definitiva dei Bonus Statali
Questo è un punto cruciale e spesso sottovalutato. Tutti i precedenti incentivi statali pensati per aiutare economicamente le famiglie ad adeguare i propri apparecchi sono terminati e non sono stati rinnovati nella Legge di Bilancio 2025. Nello specifico:
- Il Bonus TV-Decoder (contributo fino a 50€ per famiglie con ISEE sotto i 20.000€) è terminato il 12 novembre 2022.
- Il Bonus Rottamazione TV (sconto fino a 100€ per la rottamazione di vecchi TV, senza limiti ISEE) è anch’esso terminato il 12 novembre 2022.
- Il Bonus Decoder a Casa (consegna gratuita di decoder a domicilio per over 70 con pensione bassa) è terminato il 31 ottobre 2024.
La conseguenza diretta è che l’intero onere economico dell’adeguamento tecnologico ricade ora esclusivamente sui consumatori.
Chi possiede ancora un televisore non compatibile e vorrà continuare a vedere la TV dopo lo switch-off finale dovrà acquistare un nuovo TV o un decoder esterno a prezzo pieno, senza alcun aiuto pubblico.
Questo potrebbe rappresentare una difficoltà significativa per le famiglie a basso reddito o per gli anziani.
L’inerzia dei consumatori e i rischi futuri
L’attuale combinazione di assenza di una scadenza imminente per lo switch-off e la mancanza di incentivi economici crea un contesto che favorisce l’inerzia da parte dei consumatori.
Chi possiede apparecchi non compatibili ha pochi stimoli ad agire preventivamente e ad affrontare la spesa ora. Storicamente, gli acquisti di adeguamento tecnologico tendono a concentrarsi massicciamente solo a ridosso delle scadenze effettive.
Se da un lato questo comportamento evita disagi immediati, dall’altro rischia di accumulare il problema, lasciando una platea potenzialmente molto ampia di famiglie (si stimano ancora milioni di apparecchi non compatibili) impreparate al momento in cui (e se) lo switch-off finale verrà effettivamente imposto.
Questo potrebbe rendere la transizione futura, qualora venisse decisa, logisticamente e politicamente ancora più complessa da gestire, con il rischio di “schermi neri” diffusi e proteste.
Un futuro incerto e un sistema a due velocità
A inizio del 2025, il panorama della transizione al DVB-T2 in Italia è decisamente complesso e insoddisfacente. Il progresso tecnico segnato dal passaggio del Mux B della Rai, pur significativo, rimane un passo isolato in un contesto dominato da una profonda e persistente incertezza sulla data finale dello switch-off.
L’assenza di un calendario ufficiale e vincolante da parte del MIMIT lascia l’intero ecosistema – consumatori, emittenti, operatori di rete – in un limbo prolungato.
Questa situazione non è priva di conseguenze. Sta creando un sistema televisivo a due velocità, dove i grandi broadcaster nazionali possono navigare la transizione con maggiore flessibilità grazie al simulcast, mentre le emittenti televisive locali sono fortemente penalizzate da uno svantaggio tecnico ed economico che ne limita la competitività, la qualità dell’offerta e mette a rischio il pluralismo informativo a livello territoriale.
Per i consumatori, l’impatto immediato è stato finora mitigato, ma la prospettiva futura è gravata dalla totale assenza di incentivi statali per l’acquisto di nuovi televisori o decoder compatibili DVB-T2 HEVC Main10. L’intero costo dell’adeguamento è ora a carico dei cittadini, e la mancanza di una scadenza certa favorisce un’inerzia che potrebbe rivelarsi problematica al momento del passaggio definitivo.
Le prospettive future rimangono avvolte nella nebbia. Le recenti mosse dell’AGCOM, più concentrate sulla radio digitale DAB+, e l’apparente mancanza di volontà politica nel fissare una data per lo switch-off televisivo, suggeriscono che la piena implementazione del DVB-T2 HEVC in Italia potrebbe rimanere un obiettivo a lungo termine con una tempistica indefinita.
La spinta propulsiva sembra essersi esaurita, forse anche a causa della crescente concorrenza dello streaming che rende meno pressante l’urgenza di aggiornare la piattaforma digitale terrestre tradizionale.
Sarà cruciale monitorare le future decisioni del Governo e delle Autorità per capire se e quando questo stallo verrà superato, ma al momento attuale, il futuro del digitale terrestre italiano appare tutt’altro che chiaro.
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