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+5%. Piante e fiori made in Italy anche alla conquista dell’Olanda


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Arriva a 1,2 miliardi di euro l’export italiano del florovivaismo e si piazza al secondo posto nella Ue. È cresciuto del 5% nei primi nove mesi del 2024.

Sono salite di più le importazioni, a 618,5 milioni di euro: +31,4%. Il saldo positivo della bilancia commerciale resta positivo per 390,5 milioni, pur in calo del 20,3% sul 2023. Principale nostro acquirente è la Francia, con 198,6 milioni di euro. Ma subito dietro ci sono i Paesi Bassi, con l’Olanda regno dei tulipani, che con 12 miliardi di euro e una fetta del 71,5% sono leader delle esportazioni Ue: hanno importato prodotti made in Italy per 171,9 milioni di euro, tra fiori e fronde recise (95,1 milioni), prodotti da vivaio (41,2 milioni) e piante in vaso (35,6 milioni di euro). I colori italiani alla conquista anche dei Paesi extra Ue: si distinguono la Svizzera con 50,4 milioni di euro di acquisti e il verde Regno Unito con 37,3 milioni. Così ricostruisce la tendenza il 1° Rapporto sul florovivaismo 2025 promosso da Myplant, Coldiretti e Assofloro, in collaborazione con Centro Studi Divulga e Istituto Ixè. E racconta un dato record.

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L’ANDAMENTO

In Italia il valore generato dal florovivaismo nel 2024 è il più alto dell’ultimo decennio: 3,25 miliardi di euro. Un incremento del 30,8% (ma con una contrazione in volume del 6,1% della produzione). Il Belpaese è terzo nella Ue, con una fetta del 13,3%, subito dietro ai Paesi Bassi, con 8,8 miliardi di euro (e una contrazione del 10% in volume), e alla Spagna con 3,9 miliardi. Il settore nella Ue ha prodotto nel 2024 un valore di 24,5 miliardi di euro, con un incremento dell’1% rispetto al 2023 e dell’8% rispetto a cinque anni fa. In Italia si osserva una costante crescita del valore prodotto a prezzi correnti: +3,5% nel 2024 sul 2023 e +23% rispetto al 2020. Sottolinea Nada Forbici, coordinatrice della Consulta nazionale Florovivaismo Coldiretti: «C’è un innalzamento di fatturato che non vuol dire però maggior guadagno. Negli ultimi anni si è registrato un incremento dei costi che sta mettendo in crisi il sistema, in particolare floricolo. La floricoltura ha avuto un declino a partire dal Covid ma anche a causa di un’importazione selvaggia. Ha tenuto invece bene il vivaismo, legato a piante e alberi, anche nell’export. Qui ha inciso l’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco, un’impronta contro i cambiamenti climatici. Un altro impulso è arrivato dall’impegno Ue a piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030». L’Italia si conferma in effetti leader europea per la superficie dedicata ai vivai, con 23.350 ettari, mentre la coltivazione di fiori e piante ornamentali occupa 6.430 ettari. Il comparto rappresenta l’8% delle produzioni vegetali e il 5,3% del totale agricoltura italiano. In termini di lavoro, «considerato l’indotto, si hanno 200mila occupati», sottolinea Forbici. Il report conta 19mila aziende circa. Una parte consistente (47,7%) si colloca tra i 50mila e i 250mila euro di fatturato. «Sono più numerose le aziende grandi – spiega Forbici –, sono state assorbite le minori. Per i fiori sta reggendo bene il sistema cooperativistico, che consente anche alle aziende più piccole di avere una struttura a supporto. Tengono le imprese su base familiare. Va fatta un’analisi sul cambio generazionale. Ci sono due Italie: il centro sud ha un bel ricambio, il nord è più in difficoltà». Laddove il ricambio generazionale funziona, si innova. «La ristrutturazione aziendale migliora in tecnologia ed evolve in sostenibilità – dice – Tanto più che per esportare in Europa è necessario essere certificati: l’energia utilizzata è quella da biomasse o da rinnovabili, gli impianti di irrigazione sono goccia a goccia e flusso e riflusso per una riduzione dei consumi. Dove non si è riusciti ad adeguarsi per mancanza di capacità di investimento, si stanno perdendo fette importanti di mercato». Risvolto anche sociale. Proprio ripartendo dalla Laudato sì Coldiretti ha organizzato a Euroflora, dal 1966 Mostra internazionale di piante e fiori riconosciuta da AIPH – International Association of Horticultural Producers, “Dal bosco alla città. Il verde che cura”. Una ricerca condotta con l’Istituto di Bioeconomia del Cnr per misurare i benefici delle piante negli edifici scolastici, ha dimostrato come l’introduzione di piante, vedi Sansevieria, Chamadorea, Yucca, Ficus e Schefflera, fa crollare di un quinto le concentrazioni di CO2, mentre scendono del 15% le polveri sottili Pm2,5. «Il florovivaismo ha riflessi importanti anche a livello sociale per i benefici sulla salute – ha sottolineato nell’occasione il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – Da qui l’importanza di valorizzare e promuovere piante e fiori made in Italy affermando il principio di reciprocità delle regole, senza il quale rischiamo di vanificare l’enorme lavoro portato avanti in questi anni dai florovivaisti in termini di sostenibilità, nonostante i problemi causati dai cambiamenti climatici e dall’aumento dei costi legato alle tensioni internazionali».

L’EVOLUZIONE

Nel 2023 la regione più rilevante in termini di produzione è la Toscana, con 980 milioni di euro di valore. Al secondo posto la Liguria, con 446 milioni di euro. Proprio da Genova, in fatto di sostenibilità, rimbalzano i dati dell’Osservatorio sul comparto florovivaistico italiano realizzato da Nomisma: più del 60% delle imprese applica pratiche agronomiche sostenibili, il 19% accede a strumenti di finanziamento pubblico per la transizione green. «A Euroflora l’Italia esalta la sua capacità progettuale e produttiva, fatta di tecnologia, ricerca applicata e innovazione. Questo in un momento in cui gli scambi internazionali sono fortemente influenzati dalle politiche USA relative ai dazi e alle barriere non tariffarie» ha avuto modo di sottolineare da Genova Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. Obiettivo: valorizzare il made in Italy. «L’Italia vanta una tradizione secolare nel campo dell’ibridazione – una delle riflessioni di Luca De Michelis, presidente della Federazione nazionale Florovivaismo – La maggior parte delle rose coltivate in Centro America per esempio sono di ibridazione italiana; così anche per i garofani e gli anemoni. Per i ranuncoli abbiamo individuato cloni che, dall’Italia, sono entrati sul mercato con una nuova varietà nata proprio qui in Liguria». Milano ora. A febbraio del prossimo anno, in Fiera, Myplant & garden celebrerà la sua decima edizione. «La prima fu nel 2015 con 300 espositori, oggi sono 810. Quest’anno ci sono stati 27mila visitatori in tre giorni, con una presenza estera dell’11%. I buyer internazionali sono cresciuti molto, da tutti i continenti. C’è un’attenzione notevole», riepiloga Valeria Randazzo, exhibition manager della manifestazione. «L’idea nasce nel 2014 – racconta – È stato istituito un consorzio con 14 aziende tra produttori, vivaisti ma anche garden center, dalla Sicilia alla Lombardia». Manifestazione per addetti ai lavori. «Giardinieri, manutentori, architetti, paesaggisti ma anche le istituzioni, con i tecnici comunali – riepiloga Randazzo – e poi tutta la parte del commercio: punti vendita, garden center, fioristi, flower designer e i grandi centri di acquisto della Gdo, al cui interno il verde è sempre più in espansione».

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