Una ricerca dell’Università di Messina, in collaborazione con Lo Stretto Digitale, descrive il rapporto tra l’Ia e le aziende dell’Isola. Gli esperti che conducono lo studio al QdS: “Alcune imprese hanno sviluppato una riflessione interna, altre però sono frenate dalla diffidenza”. E sul ruolo della formazione: “Mancano ancora le competenze specifiche”
MESSINA – Le Pmi siciliane non sono ancora in grado di utilizzare a dovere l’intelligenza artificiale. E tra le diverse aree dell’Isola insistono differenze sostanziali nelle capacità e volontà di utilizzo. A scattare un’istantanea dell’attuale situazione è una ricerca interdipartimentale dell’Università degli Studi di Messina e che sarà presentata a Napoli il prossimo luglio. “La ricerca che stiamo conducendo cerca di capire in che modo i nuovi strumenti di intelligenza artificiale stiano entrando nei contesti aziendali, in particolare nelle piccole e medie imprese siciliane”, spiega ai microfoni del Quotidiano di Sicilia Andrea Nucita, professore associato di Informatica e direttore del laboratorio HuM-HI Unime.
L’attività condotta nasce dalla collaborazione tra i docenti del Dipartimento di Scienze cognitive dell’Università di Messina, quelli del Dipartimento di Economia e l’associazione Lo Stretto Digitale, di cui Francesco Micali è presidente. Obiettivo delle interviste somministrate a oltre 2000 imprese è quello di comprendere in che modo le piccole realtà stiano seguendo l’onda lunga di una nuova rivoluzione digitale. “Gli impatti – conferma Nucita – rischiano di essere travolgenti per chi non sarà in grado di adattarsi al cambiamento. E molto più impattanti del passaggio che si è verificato in passato tra aziende in grado di dotarsi di un sito internet o di canali social e quelle che invece non lo hanno fatto per tempo”.
Il gruppo di lavoro è trasversale, unisce competenze accademiche e operative: dalla sociologia all’informatica, passando per l’economia. Per l’università partecipano la professoressa Antonia Cava, il professor Nucita e Chiara Avarello (Cospecs) insieme a Veronica Marozzo, del Dipartimento di Economia. A fianco, i membri dell’associazione Lo Stretto Digitale: Francesco Micali e Stefano Russo, attivi da anni nel campo dell’innovazione e della formazione nel Mezzogiorno. Non a caso, proprio Lo Stretto Digitale aveva già lanciato nel 2021 un Osservatorio sulla presenza online delle Pmi siciliane e calabresi — uno dei pochi tentativi strutturati di fotografare la trasformazione digitale in contesti produttivi tradizionalmente lenti a recepire il cambiamento.
Ora, la lente si sposta sull’intelligenza artificiale. “Abbiamo avviato una serie di interviste approfondite con imprenditori e responsabili d’azienda – spiegano Nucita e Micali – per comprendere come l’Ia venga percepita, se venga già usata e in che modo, e quali siano le barriere più frequenti all’adozione”. Da queste interviste è nato un questionario strutturato, costruito con rigore metodologico e calibrato sui risultati emersi dalla letteratura scientifica. Il campione delle aziende, selezionato dal database Aida, garantisce una base solida su cui estendere l’analisi. Il focus è duplice: da un lato si osserva il grado di adozione delle tecnologie Ia nelle Pmi siciliane; dall’altro, si cerca di capire cosa spinga o blocchi gli imprenditori locali.
L’Ia è percepita come qualcosa di distante
Le prime impressioni raccolte evidenziano un quadro complesso. “C’è curiosità e apertura, ma anche timore, disinformazione e una cronica carenza di competenze interne. Spesso, le imprese faticano a distinguere tra Ia, automazione classica e semplice digitalizzazione. In molti casi, l’Ia è percepita come qualcosa di distante, riservata a grandi aziende del Nord o a colossi internazionali”, aggiunge il docente Unime. Eppure, le opportunità ci sono. L’intelligenza artificiale applicata alla logistica, alla gestione dei dati, al customer care o al marketing predittivo può portare vantaggi concreti anche a una Pmi siciliana. “Non si tratta di rincorrere le mode tecnologiche”, precisano i ricercatori, “ma di capire se, come e quando certe soluzioni possono essere adottate in modo sostenibile e funzionale”.
Una mappa articolata delle pratiche, delle percezioni e delle criticità
Il progetto, ancora in corso, punta a restituire una mappa articolata delle pratiche, delle percezioni e delle criticità. Ma anche — e forse soprattutto — a produrre strumenti utili per le imprese stesse, per i policy maker regionali e per i formatori. Perché se è vero che l’Ia può essere una leva di competitività, è altrettanto vero che senza accompagnamento culturale e tecnico rischia di restare lettera morta. In largo anticipo rispetto alle altre nazioni lo hanno compreso ancora una volta gli Stati Uniti. Donald Trump ha firmato negli scorsi giorni un ordine esecutivo per introdurre l’insegnamento dell’Ia nelle scuole americane a partire dall’asilo. L’iniziativa è volta a formare gli insegnanti, sviluppare nuovi programmi didattici focalizzati sull’Ia attraverso partnership con i leader tecnologici e promuovere l’apprendimento pratico tramite competizioni nazionali e programmi di tirocinio.
In un contesto come quello siciliano, dove le Pmi rappresentano la spina dorsale dell’economia ma spesso si muovono in un ecosistema fragile e disconnesso, l’intelligenza artificiale può essere più di una tecnologia: può diventare una questione culturale. Ma nell’Isola c’è ancora tanto da fare. “Finora abbiamo parlato con aziende del settore tecnologico – naturalmente più predisposte – ma anche con realtà attive nel turismo e nella ristorazione. Le differenze sono evidenti: chi lavora nel digitale ha già sviluppato una riflessione interna sull’uso dell’Ia, con linee guida e formazione per i dipendenti. Altre aziende, invece, restano in una fase iniziale, spesso frenate da diffidenza e scarsa conoscenza”, spiega Nucita.
Il tema ruota sempre attorno alla formazione
“L’approccio all’Ia è ancora acerbo, mancano le competenze specifiche e la formazione strutturata. Le aziende fuori dal settore tech faticano a capire come e perché integrare queste tecnologie, anche perché non esistono figure già formate disponibili sul territorio”, aggiunge il direttore del laboratorio HuM-HI Unime. Nel 2023, lo studio “AI 4 Italy: Impatti e prospettive dell’Intelligenza Artificiale Generativa per l’Italia e il Made in Italy”, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Microsoft Italia, aveva già acceso i riflettori sulle potenzialità. Il rapporto analizzava 23 casi d’uso dell’IA generativa in 15 settori economici, quantificandone l’impatto potenziale: fino a 312 miliardi di euro di valore aggiunto annuo, il 18% del Pil italiano.
Il deficit, come detto, è quello delle competenze digitali: secondo lo studio, mancano all’appello oltre 3,7 milioni di lavoratori con skill adeguate e almeno 137 mila iscritti in più ai corsi di laurea Ict. “Poi esiste anche una questione di percezione del rischio – sottolineano i ricercatori – per esempio, un’azienda di grafica ci ha raccontato di un certo timore nell’uso dell’Ia, perché si teme che automatizzando troppo si svilisca il valore del lavoro creativo umano. È il classico binomio tra apocalittici e integrati”.
Sono presenti anche differenze evidenti a livello territoriale. “Catania l’area più ricettiva grazie anche alla presenza di realtà come STMicroelectronics. Altre aree restano indietro, soprattutto in provincia di Messina e in quella di Palermo, perché manca una cultura condivisa dell’innovazione e mancano luoghi dove gli imprenditori possano confrontarsi e fare rete”, spiega Micali, de Lo Stretto Digitale. Un gap che può essere superato “con corsi e workshop”. L’obiettivo dell’associazione “è sempre stato quello di trattenere i talenti e valorizzare le competenze che già esistono sul territorio. Evitare che i giovani vadano via dalla Sicilia e che le aziende non trovino le figure necessarie. Anche per questo vogliamo che la ricerca diventi un primo passo per un osservatorio permanente sull’adozione dell’Ia”. Eventi come il Sud Innovation Summit sono utili, ma non bastano per la Sicilia. Servono azioni di continuità, serve una strategia condivisa dal governo regionale. “Solo così possiamo trasformare l’entusiasmo in cambiamento reale e spingere le aziende ad avvicinarsi all’Ia”.
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