L’accessibilità digitale mira a garantire, nelle realtà private come nelle PA, che tutti possano utilizzare ed interfacciarsi con contenuti digitali senza incontrare barriere. Con l’entrata in vigore dello European Accessibility Act il 28 giugno 2025 si ampliano su tutto il territorio europeo i margini degli standard introdotti da altre normative di settore, assicurando che i diritti di fruibilità di contenuti digitali siano garantiti nel più ampio senso possibile.
La normativa ha come obiettivo l’eliminazione delle barriere digitali, in modo che prodotti e servizi digitali siano fruibili da chiunque. Si tratta di un impegno verso un mondo digitale equo, che non si limita alla conformità legislativa, ma abbraccia la responsabilità sociale delle organizzazioni, mirando anche ad espandere le possibilità di business rappresentate dalla produzione di beni e servizi digitali alla portata di tutti.
Accessibilità digitale, quale normativa per l’Italia
Oltre alla normativa di settore regolamentata, che vede in Italia il tema governato dall’Agenzia italiana per il Digitale che indirizza linee guida e attività ispettiva, sono presenti standard di progettazione sull’accessibilità digitale, come quelle fornite dalle WCAG versione 2.2 (Web Content Accessibility Guidelines emanate dal W3C) e dagli standard europei UNI EN 301549, che offrono criteri per la progettazione di siti web e applicazioni fruibili da tutti. Tuttavia, il nuovo regolamento europeo amplia il perimetro di applicazione non solo agli standard tecnici, ma anche a tutti gli aspetti relativi all’accessibilità digitale in senso lato. Ciò significa che le aziende tecnologiche dovranno rispettare non solo le specifiche tecniche, ma anche altre considerazioni legate a usabilità, fruibilità e robustezza, assicurando un approccio completo e inclusivo all’accessibilità sia nella release dei front-end, sia nella progettazione di tutto l’ecosistema digitale, dai prodotti ai servizi, fino al modo in cui essi sono comunicati, fino alle interazioni con i servizi di customer care ed alcuni elementi hardware.
Oltre vent’anni fa, ed in anticipo anche sui modelli di garanzia europei, l’Italia si era già dotata di una normativa atta a garantire l’accessibilità agli strumenti digitali, con la legge 4/2004, la cosiddetta Legge Stanca, dal nome dell’allora ministro per l’innovazione e la tecnologia. Limitata inizialmente alla PA e ai soggetti privati concessionari di servizi pubblici, con il Decreto Legislativo 82/2022, da ultimo, ha visto superati alcuni principi, integrando e convertendo il decreto europeo in azioni concrete e già obbligatorie per alcune aziende che operano nel contesto nazionale. Lo European Accessibility Act al momento della sua piena entrata in vigore a giugno 2025 darà completa garanzia e attuazione a tutti i dettami previsti dalla legge, compresi i paradigmi di progettazione e inclusione su alcuni prodotti, servizi e sistemi hardware.
“In questo momento le aziende stanno attraversando un periodo di forte impatto da un punto di vista normativo – interviene Umberto Larizza, Executive Vice President e Managing Director di Capgemini Invent in Italia – Le aziende hanno iniziato, con qualche ritardo, solo due anni fa con una fase di contenimento e pian piano hanno capito che l’accessibilità non è esclusivamente un tema di compliance, ma, in realtà, è anche un’opportunità di business per abbracciare fasce di popolazione, di utenti, che prima non erano serviti o lo erano in maniera minoritaria. Questo aiuta, da una parte, ad allargare il proprio bacino di business, dall’altra a rendere i propri standard ESG, i propri parametri di valutazione di impatto sociale e sistemico, molto più alti. È un percorso trasformativo, un elemento distintivo di business, che aiuta le aziende in maniera molto più ampia”, avvicinandole anche a temi di cultural change.
Un ecosistema tecnologico per le aziende che vogliono essere più inclusive
Le aziende possono utilizzare l’accessibilità come elemento distintivo, oltre che per rispondere a meri requisiti normativi, nel momento in cui spostano la propria attenzione sull’utente finale – sia esso un cliente o un dipendente interno, garantendo un approccio reale end-to-end all’esperienza digitale.
Umberto Larizza afferma che è importante concentrarsi sull’intero journey dell’utente, considerando tutti i prodotti e servizi di un’azienda. Questo approccio garantisce coerenza nell’esperienza utente su tutto l’ecosistema digitale aziendale e ottimizza l’efficienza della progettazione tramite l’utilizzo di elementi in scala. Spostare il focus dal singolo front-end al servizio e prodotto su un journey completo permette di strutturare un approccio olistico. Questo aiuta a offrire un’esperienza digitale fluida all’utente finale dall’inizio alla fine dell’interazione con l’azienda, obiettivo delle grandi aziende che mirano a diventare partner quotidiani delle persone.
La strategia di un’azienda che voglia riconvertirsi per essere più inclusiva passa tramite un ecosistema tecnologico: “Ovviamente quando parliamo di web, di progettazione, di qualsiasi cosa che non è fisico, quindi non è materialmente tangibile, dobbiamo pensare a qualcosa che abbia un impatto tecnologico sia di front-end come elementi di progettazione, sia di back-end, inteso sia a livello architetturale che come tecnologie atte e adattive per lo sviluppo”, aggiunge Umberto Larizza.
“Ogni tecnologia è un pezzo di un puzzle che rende l’interfaccia del prodotto o del servizio non tanto più conforme quanto più adattivo a quello che è lo scopo finale. Ecco perché si parla di ecosistema: sono vari elementi, parte di un toolkit, che servono a progettare e a creare, qualcosa da zero. È molto importante poi far sì che queste tecnologie siano coordinate per rendere un insieme accessibile”, aggiunge.
Accessibilità digitale, i consigli di Capgemini per le aziende
“La strategia attuale di Capgemini è partire da noi stessi, far sì che al nostro interno tool, siti, app, insomma l’ecosistema in uso, sia accessibile – spiega Umberto Larizza – Questo ci permette di fare progettazione all’esterno per poi raggiungere i nostri partner, i nostri clienti, nella proposizione di quella che è non soltanto una strategia di rimedio ma una vera e propria way of work che li aiuta anche, tra le altre cose, a diventare posti di lavoro più sostenibili e attrattivi per i giovani talenti”.
Il problema, spesso, è che le aziende non sanno nemmeno da dove partire in questa evoluzione verso l’accessibilità limitandosi a mettere mani per garantire il minimo livello di conformità: “Aiutiamo le aziende a progettare il proprio futuro e a trasformare l’ecosistema attuale da non adattivo ad adattivo, il più possibile accessibile, nel senso più ampio – prosegue Umberto Larizza – aiutandole anche a misurare attraverso i dati, letti anche con sistemi avanzati ed assunti di intelligenza artificiale, il successo di quanto hanno sviluppato e stanno progettando. Molte volte, quando si parla di accessibilità, si pensa solamente a dover fare l’analisi di alcuni touchpoint, siti web e app, mettendo un punto di sutura là dove emergono potenziali aree di non conformità tecnica. In realtà, c’è veramente un mondo da costruire intorno”.
L’obiettivo è “aiutare le aziende a costruire piano piano tutto l’edificio, dalla parte di design e di analisi sui touchpoint digitali fino alla governance di tutte le azioni che devono essere introdotte per riuscire a garantire che l’accessibilità non sia una cosa che accade solo in un dato momento, bensì sia continuamente costruita, anche in termini di progettazione end-to-end che coinvolge tutto l’ecosistema digitale, e monitorata su un piano che non dura qualche mese ma anni – aggiunge Umberto Larizza – Insomma, è qualcosa da costruire e continuare a tenere vivo e per questo è molto importante la fase di pianificazione e progettazione e quello che io definisco shift culturale, ossia un cambiamento nel modo di pensare”.
Perché AI e sistemi automatizzati non rendono di default accessibile un sito
Per quanto sistemi tecnologici basati sull’AI stiano assumendo un ruolo importante nell’accessibilità digitale come tecnologie assistive e come acceleratori di innovazione, va sottolineato che questi tipi di tecnologia, generative o meno, da sole non rendono accessibile un sito web o un’app o addirittura l’intero ecosistema di un touchpoint. Rimane però l’assunto tecnologico, la loro utilità risiede principalmente nel democraticizzare la fruibilità di elementi digitali: “Capgemini ha pensato a delle soluzioni che possano aiutare le persone di tutti i tipi a estrapolare, interagire e comprendere, ad esempio, l’informazione da documenti complessi utilizzando l’intelligenza artificiale – precisa Umberto Larizza – Questo per noi è sicuramente il valore aggiunto di questa tecnologia, rendere, anche nella complessità, semplice un’azione quotidiana, come può essere la lettura di un documento che molti danno per scontato. Non bisogna credere, però, che l’AI come altre tecnologie avanzate applicate a un sito o un’applicazione le rendano fruibili e accessibili per definizione, attribuendogli criteri che negli standard vengono descritti come obbligatori. L’atteggiamento giusto è avere un approccio di accessibilità finalizzato alla progettazione, utilizzando eventualmente tali elementi tecnologici come acceleratori e semplificatori, rendendo un sito o un’app accessibile by design”, conclude.
Articolo realizzato in partnership con Capgemini
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