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“Manca una politica industriale che delinei gli indirizzi di sviluppo di questo fondamentale settore economico”


INDUSTRIA GIULIANA TRA LUCI ED OMBRE:  FACCIAMO IL PUNTO DI UN SETTORE PRODUTTIVO STRATEGICO PER LE SORTI DELLA CITTA’

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Dove eravamo rimasti? All’allarme, lanciato giusto quattro mesi fa e sfociato in una partecipata manifestazione di piazza, per la contemporanea crisi di alcune fondamentali realtà produttive giuliane quali U-Blox, Flex e Tirso, oltre alla “coda” della vicenda legata alla paventata chiusura della Wartsila.

E ora, dopo questo breve ma intenso periodo, a che punto siamo?  C’è sempre il rischio che il banco salti oppure siamo all’inizio di un percorso virtuoso di rientro dalle crisi più acute?

Difficile dare una risposta univoca. In realtà, come in parecchie vicende legate ad un epoca parecchio travagliata sotto molteplici profili, il cammino è irto di difficoltà, con alcune curve rischiose e solo in alcuni casi vi è la netta percezione di avere, finalmente, imboccato la retta via che porta alla meta.

Fuor di metafora, cercheremo qui di seguito di fare il punto della situazione concentrando la nostra attenzione prima sulle situazioni in via di netto miglioramento quali Wartsila/Innoway e U-Blox, per passare poi a quelle la cui sorte pare ancora parecchio incerta, quali Flex e Tirso.

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WARTSILA E INNOWAY: PIANI RISPETTATI E CONCRETE IPOTESI DI RILANCIO

 

Come certamente si ricorderanno i lettori più attenti, il superamento della crisi alla Wartsila si era basato su due colonne portanti: lo “sbarco” a Bagnoli della Rosandra di Innoway (società controllata pariteticamente da Msc, tramite Medlog, e da Innofreight) con la finalità di riconvertire alla produzione di carri ferroviari 259 dipendenti ex Wartsila; la prosecuzione dell’attività della multinazionale finlandese nei settori del service e della ricerca e sviluppo, con 790 occupati entro il 2025. Ebbene, sia nell’un caso che nell’altro gli impegni sono stati rispettati ed anzi con alcune anticipazioni rispetto alla tempistica inizialmente prevista. Nello stabilimento di Innoway lavorano attualmente 33 addetti, cui si aggiungeranno entro giugno 50 unità (con un anticipo di sei mesi rispetto a quanto previsto), mentre viene confermato l’obiettivo di realizzare entro l’anno i primi duecento carri, col balzo produttivo e l’utilizzo di tutti gli addetti entro il 2027. Quanto alle attività rimaste in capo alla Wartsila, anche in questo caso gli obiettivi raggiunti sono in linea con quanto previsto nel piano industriale 2024-2027 ed anzi su Trieste i numeri già oggi parlano di 807 dipendenti occupati a fronte di un obiettivo al 2027 di 800 dipendenti. Pure il fatturato di Wartsila Italia registra un dato nel 2024 di 193 milioni di euro di ricavi conforme a quanto previsto nel citato piano industriale. Legittima la soddisfazione aziendale, condivisa anche dai sindacati, e legittima la richiesta di sbloccare i fondi per oltre 40 milioni di euro e finalizzati alla ricerca, congelati dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy alle prime avvisaglie della crisi aziendale.  Dunque, un caso di successo, concluso, grazie all’azione sinergica di tutte le parti interessate, con la piena soddisfazione dei lavoratori e con il lancio di una nuova realtà produttiva perfettamente sinergica alle aspettative di crescita del settore logistico triestino.

 

CRISI U-BLOX: ARRIVA TRASNA ED IL FUTURO SI FA ROSEO

 

A Sgonico, dopo i venti di crisi, si respira, finalmente, un’aria rilassata.  Infatti è di fine marzo la doppia positiva notizia, a seguito della firma del contratto preliminare d’acquisto del ramo triestino della U-blox da parte della società irlandese Trasna, relativa sia al ritiro della richiesta di liquidazione aziendale che all’annullamento della procedura di licenziamento collettivo che pendeva sulla testa di 175 dipendenti.  Evidentemente, il liquidatore ha ritenuto estremamente fondata la proposta di acquisto irlandese e tale da disporre un immediato stop alle procedure di crisi dando alla società subentrante la chiara chance di riavviare con speditezza l’attività nell’impianto di Sgonico. In effetti, a quanto emerso dopo l’incontro tra le rappresentanze sindacali ed il ceo di Trasna Stephane Fund, la volontà dell’azienda acquirente è proprio quella di chiudere le trattative di acquisto entro giugno, insediandosi contemporaneamente nello stabilimento sul Carso e rilevando la proprietà intellettuale di tutti i prodotti sviluppati da U-box nel settore cellular. Obiettivo dichiarato da Fun è quindi quello di procedere il più celermente possibile assicurando la continuità lavorativa a tutti i dipendenti attualmente occupati nei rispettivi ruoli di ricerca e sviluppo e di assistenza tecnica ai clienti. Niente ricorso alla cassa integrazione, niente esuberi ma “produzione” di utili già dai primi mesi di insediamento della nuova proprietà.  Del resto che le idee siano chiare e le prospettive di sviluppo siano concrete lo confermano anche le parole usate dal ceo al termine dell’incontro con i sindacati:”abbiamo una squadra esperta e competitiva e terremo tutto il personale: sono i cervelli quelli di cui abbiamo bisogno”. Giugno è domani, non ci resta che restare in fiduciosa attesa.

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TREGUA ARMATA ALLA FLEX, TIRSO ABBANDONATA DA RONCADIN

 

E veniamo alle dolenti note ovvero alle nubi che si addensano sul futuro dei lavoratori di Flex e di Tirso. Partiamo dalla Flex, azienda di elettronica ad alta specializzazione. Qui, come noto, la vicenda è ricca di colpi di scena, a partire dall’improvvisa notizia della vendita dello stabilimento al fondo tedesco FairCap, a costo zero, ma anzi ricevendo dalla parte alienante un generoso contributo di ben 20 milioni di euro per “sostenerne la transizione”. Il sospetto (che è quasi una certezza alla luce delle successive mosse del fondo) è quello di essere in presenza di un’operazione meramente speculativa con l’unica finalità da parte di FairCap di realizzare il massimo guadagno dall’investimento. Infatti, secondo i piani che con difficoltà vengono illustrati ai sindacati, l’intendimento è quello di svendere Flex (diventata nel frattempo AdriaTronics) a pezzettini sia quanto al fabbricato, sia relativamente alle attrezzature, con nessuna prospettiva di ripresa dell’attività produttiva. A fronte di tale pesantissima eventualità c’è voluta tutta la pressione dell’intero sistema Fvg (Confindustria, sindacati, Regione) per ricondurre FairCap a più miti consigli. Ora le indicazioni sono ben altre. Si è addivenuti, infatti, ad una sorta di tregua armata che prevede il blocco di qualsiasi tentativo unilaterale di vendita, la nomina di un advisor per selezionare imprese interessate a rilevare l’intero complesso produttivo e l’attivazione contestuale della cassa integrazione straordinaria per un periodo massimo di sei mesi per i 345 dipendenti ancora in organico. Sia pure “preso per i capelli”, il percorso appare ora segnato verso un auspicabile sbocco positivo. Resta un’unica perplessità ovvero che la società Vertus, scelta come advisor, ha indicato come nominativo di riferimento per l’operazione proprio quello di Piero Fossati, che da queste parti conosciamo molto bene per la non brillante performance nell’operazione Wartsila in cui, come è risaputo, nessuna delle sei aziende selezionate da Fossati approdò a nulla e fu solo la discesa in campo di una potenza come Msc a sbloccare la partita. Speriamo bene, perché l’azienda e i suoi dipendenti sono di assoluta eccellenza e non dovrebbe essere un’operazione impossibile trovare un acquirente davvero interessato a proseguire l’attività.

Chiudiamo con la Tirso dove la situazione è davvero tragica. E’ notizia dell’altro ieri, infatti, che la Roncadin ha deciso definitivamente di sfilarsi dalla partita per i costi troppi elevati che avrebbe dovuto sostenere per finalizzare l’intera operazione. Secondo quanto emerso, Roncadin avrebbe dovuto fronteggiare costi aggiuntivi per circa 5 milioni di euro per arretrati in materia fiscale e contributiva, oltre agli 8 milioni necessari per rilevare il ramo d’azienda e ad un investimento di oltre 50 milioni di euro per convertire gli spazi dal tessile al food. Troppi soldi e tempi di rientro troppi lunghi e quindi ecco spiegata la volontà di interrompere il percorso. Ora che succederà ai 160 dipendenti, in gran parte donne ed in età matura? Fino a settembre sussistono ancora gli ammortizzatori sociali, poi, in mancanza di qualsiasi soluzione alternativa, unicamente l’assegno di disoccupazione. Come si è arrivati a questa drammatica ed imprevista svolta? Oltre alla voce di Roncadin che, tra l’altro, rileva come non sia stata rispettata neanche la prima condizione posta per avviare l’investimento, ovvero di avere la fabbrica vuota entro maggio 2025, è bene sentire anche le voci degli altri soggetti istituzionali coinvolti nella partita ovvero Regione e Confindustria Alto Adriatico. Da parte regionale filtra una notevole dose di irritazione perché l’azienda pordenonese non ha voluto sentir ragioni, nemmeno quando sono stati proposti siti alternativi (come, pare, l’ex Olcese o la Colombin) con corredo di 8 milioni di euro di supporto già stanziati. Perplessa è anche l’analisi di Michelangelo Agrusti (presidente di Confindustria Alto Adriatico), secondo il quale l’operazione “avrebbe potuto soddisfare le esigenze di Roncadin e quelle occupazionali. Avevamo suggerito di comprare solo il capannone e non il ramo d’azienda, che comporta ereditare le problematiche di Tirso. Ma Roncadin ha deciso diversamente e non ha voluto valutare le alternative messe in campo dalla Regione, dove si sarebbe  potuto edificare da zero in un anno. Le scelte dell’imprenditore sono legittime, poi tutti sono utili e nessuno indispensabile: da ora si lavora per trovare rapidamente una nuova soluzione, non c’è tempo da perdere”. Naturalmente, non possiamo che condividere il pensiero di Agrusti, accompagnandolo all’amara constatazione che purtroppo continua a mancare sia a livello locale che nazionale una vera politica industriale che delinei gli indirizzi di sviluppo di questo fondamentale settore economico senza il quale, come noto, non esiste alcun serio futuro per il nostro Paese.

 

Mauro Zinnanti 

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