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Paola Carron: «L’orgoglio delle imprese dello sport, c’è spazio per crescere»


Orgogliose, dotate di grandi competenze e legate al territorio, ma anche alle prese con una complessa fase di cambiamento, che rende necessario investire in tecnologie e innovazione.

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Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est, descrive così le imprese dello Sportsystem, uno dei distretti trainanti dell’economia veneta fra Treviso e Belluno.

Presidente Carron, dopo un periodo non facile per le imprese dello Sportsystem sembrano arrivare i primi segnali di risveglio. Cosa dicono le aziende vostre associate?

«Ne ho parlato proprio in questi giorni con alcuni dei nostri imprenditori. Il 2024 è stato un anno difficile, con un calo a doppia cifra per il settore della calzatura sportiva e dello Sportsystem. In questo contesto, quello che ha sostenuto il nostro distretto è stato l’export, che è cresciuto in misura significativa negli Stati Uniti e, stando agli ultimi dati disponibili, ha visto un’accelerazione particolare verso Paesi europei come la Francia e la Polonia e verso l’Asia, dove brilla in modo particolare il più 20% della Corea. Questi dati mostrano che il nostro è un territorio forte, capace di reagire alle difficoltà di un mercato segnato ancora dalle conseguenze del Covid e poi dall’incertezza scatenata prima dalle guerre e poi dalle tensioni geopolitiche. I segnali positivi ci sono ma, allo stesso tempo, il livello d’incertezza resta elevato».

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Quali sono i fronti più complicati?

«Certamente gli Stati Uniti: dovremo capire come i consumatori reagiranno ai prezzi più elevati che saranno causati dai dazi, se continueranno a scegliere i nostri prodotti oppure ne prenderanno in considerazione altri. Un altro mercato a cui dobbiamo guardare con grande attenzione è la Cina: il sostegno dato dalle autorità ai consumi esterni sta facendo decollare le vendite di molte aziende. Vedremo se i nostri prodotti sapranno ritagliarsi uno spazio crescente».

Nelle province di Treviso e Belluno è concentrata una produzione di articoli sportivi che vale tra i 3,5 e i 4 miliardi. Quali sono i punti di forza del distretto?

«Il fatto che a fianco dei top player globali che abbiamo qui ci sono molte piccole e medie imprese con un’elevata competenza tecnica, unita a qualità artigianale e capacità di innovare. Allo sviluppo di queste aziende ha contribuito il fatto che si tratti di un territorio dove le persone sono molto sportive e si possano praticare diverse attività, penso allo sci, all’escursionismo, al ciclismo. Anche se è difficile dire se è venuta prima la passione oppure la vitalità imprenditoriale, certamente sono cresciute insieme. E in questo senso penso oggi penso che dovremmo fare attenzione a un segnale d’allarme sottovalutato».

«L’inattività sportiva di molti giovani. Per la nostra generazione la vita all’aria aperta era la norma. Oggi non è più così e le conseguenze sono preoccupanti, anche in termini di costi sanitari. Le istituzioni dovrebbero investire risorse, anche attraverso specifici incentivi, negli impianti sportivi e nel diffondere una maggiore cultura dello sport e dell’attività fisica nelle scuole».

Gestire gli impianti sportivi è spesso molto oneroso.

«Glielo posso testimoniare in prima persona, il nostro gruppo di famiglia gestisce la piscina Aquapolis di Bassano, frutto di un progetto in project financing. Le difficoltà sono molte e penso in particolare al costo dell’energia ma, anche, alla fatica che abbiamo fatto per promuovere la cultura del nuoto tra i ragazzi. Anche per via di difficoltà, sono particolarmente colpita dai risultati straordinari che tanti giovani italiani ottengono ai massimi livelli nello sport: meritano davvero un grande applauso».

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«Le loro aziende sono cresciute molto, producono articoli con un elevato valore tecnologico e possono far leva sui prezzi, più di quanto sia praticabile da noi. Per contro credo che possiamo essere davvero orgogliosi dei nostri marchi, apprezzati in tutto il mondo».

Molte imprese stanno vivendo un’importante fase di sviluppo, rafforzando la squadra manageriale, attirando fondi di private equity nel capitale, investendo in marchi. Il legame con il territorio rischia di diluirsi?

«No, se questo processo sarà gestito bene. Il capitale esterno rappresenta una grande opportunità se si vuole innovare e internazionalizzarsi. La peculiarità delle nostre aziende è crescere mantenendo salde le radici nel territorio, è una capacità che fa parte della nostra natura. Molto ovviamente dipende dalla quota del capitale ceduta agli investitori esterni: se il controllo resta nelle mani della proprietà, attrarre capitali può fare solo bene».

Il gruppo Tecnica ha lanciato un importante investimento nel riciclo degli scarponi da sci e progetta un nuovo impianto, da condividere anche con altri produttori. Muoversi come una filiera può essere il modo giusto per affrontare le sfide della sostenibilità?

«Certamente, la sostenibilità va affrontata con progetti comuni. Il riciclo degli scarponi è un progetto virtuoso e sono certa che diventerà un caso di successo, capace di dare visibilità e di rappresentare un segno distintivo dell’intero distretto. Spero che possa servire da ispirazione anche ad altri settori. Qualche esperienza esiste già, nel tessile nelle calzature, nel vetro. Si tratta di portare a sistema ed estenderla a nuovi comparti, come il legno e l’arredo: i progetti di filiera sono in grado di aumentare in misura importante la competitività dei nostri territori».

In Italia non è mai facile avviare in tempi rapidi un nuovo stabilimento. Che tipo di sostegno potrebbe arrivare dalle istituzioni a investimenti di questo genere?

«Quello della burocrazia è un rischio che conosciamo tutti noi imprenditori. Mario Draghi l’ha inserito fra quelli che ha chiamato i dazi interni che frenano lo sviluppo dell’Europa intera. Quando vuoi fare un nuovo stabilimento, sai fin dall’inizio che avrai bisogno almeno di cinque anni di tempo e così molti rinunciano. Le aziende hanno bisogno di tempi certi e sappiamo che la pubblica amministrazione non è in grado di venire loro incontro. Almeno per i progetti innovativi andrebbero previsti iter autorizzativi semplificati, o incentivi specifici».

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Lo sport può aiutare il turismo?

«Viviamo in un territorio straordinario, le Dolomiti che sono le montagne più belle del mondo. Dobbiamo promuoverlo al meglio, valorizzando le ricadute degli eventi sportivi e migliorando la capacità d’accoglienza. Quando le ragazze dell’Imoco hanno trionfato nella Champions League, mi è piaciuto vedere alle loro spalle la scritta Prosecco. È stato un messaggio di portata planetaria, un grande orgoglio italiano che avrà importanti effetti di promozione per un territorio come il nostro. Questo legame tra le aziende e le squadre sportive andrebbe rafforzato».

«Ne amo due in particolare e ne pratico uno, il golf. A volte gode di una considerazione sbagliata. Forse dipende dal passato, quando per giocare occorreva acquistare le quote societarie del circolo. Oggi si paga un abbonamento e costa molto meno. Mi piace stare all’aria aperta, giocare al meglio delle mie possibilità e poi bere una birra con gli amici».

«Oggi 14, in passato sono arrivata a 10».

«Il calcio, da tifosa dell’Inter».

Allo Sport Business Forum ci sarà ospite Javier Zanetti.

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«Quel giorno avremo il family day in azienda, temo che me lo perderò».



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