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Rinnovabili, nel 2024 continua la crescita: +16% in totale, ma serve uno “scatto” di +40% all’anno


Dopo il rimbalzo del 2022 e il record di installazioni del 2023, il settore delle energie rinnovabili si assesta su volumi elevati, registrando un aumento complessivo del 16% rispetto all’anno precedente.

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Per la seconda volta consecutiva, infatti, nel solo fotovoltaico le nuove installazioni superano i 5 GW, stabilendo un inedito “livello di regime” e portando la potenza totale annuale a 6.027 MW (+15%).

Anche l’eolico segna un’inversione di tendenza, con 612 MW (+26%) di nuova potenza dopo la contrazione del 2023, pur rimanendo marginale nel mix italiano, sia per volumi installati che per diffusione geografica, contrariamente a Germania, Spagna e Francia.

L’Italia è però ancora lontana da una traiettoria di crescita compatibile con l’obiettivo al 2030 di raddoppiare la capacità totale installata (dai 50 GW attuali a 107 GW), ottenibile solo aggiungendo ogni anno il 40% in più rispetto ai volumi attuali.

Sono alcune delle evidenze emerse dal Renewable Energy Report 2025, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.

I tempi lunghi della burocrazia rallentano la messa a terra di nuovi progetti

La situazione fotografata dal rapporto mostra che a frenare le nuove installazioni sono i tempi lunghi della burocrazia italiana.

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“A fine 2024 risultavano oltre 161 GW di richieste in attesa, ma tempi lunghi e colli di bottiglia sulla rete stanno rallentando l’effettiva messa a terra dei progetti”,spiega Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy&Strategy e responsabile dell’Osservatorio sulle rinnovabili.

Il mercato però si sta ridefinendo: il numero di impianti installati è in calo mentre la taglia media è in crescita, segno di una sempre maggiore focalizzazione su progetti di scala industriale o commerciale.

Gli impianti con potenza superiore a 1 MW hanno contribuito per oltre il 43% alla nuova potenza fotovoltaica, quasi il doppio rispetto all’anno precedente, riflettendo un contesto normativo e finanziario che favorisce la realizzazione di impianti di taglia medio-grande.

“In questo quadro, le rinnovabili restano il pilastro della strategia climatica, ma il contesto politico e regolatorio appare oggi più fluido e meno coeso”, commenta Vittorio Chiesa, direttore di Energy&Strategy.

“A livello europeo, il dibattito sul Clean Industrial Deal punta anche su tecnologie non-FER, mentre in Italia è tornata centrale la discussione sul nucleare, segno che lo spazio politico delle rinnovabili non è più scontato. In più, sul piano normativo l’assenza del decreto FER X definitivo alimenta incertezza sugli orizzonti post-2025″, aggiunge.

“Serve quindi – prosegue Chiesa – una nuova fase di politica industriale e istituzionale, capace di semplificare e armonizzare le procedure autorizzative, accompagnare gli operatori con strumenti chiari, stabili e proporzionati, coordinare efficacemente le azioni tra Stato, Regioni e operatori di rete. Solo così sarà possibile trasformare l’interesse del mercato in nuova capacità installata e avvicinarsi agli obiettivi di transizione e sicurezza energetica”.

Anche sotto il profilo degli incentivi, il quadro è molto diverso a seconda dei segmenti. Nel residenziale la fine del Superbonus ha lasciato un vuoto evidente: gli strumenti attualmente disponibili, come il Decreto CACER, risultano più complessi, meno generosi e meno capaci di attivare investimenti su larga scala.

Il passaggio da incentivi automatici a meccanismi con elevata burocrazia ha dunque ridotto l’appeal del fotovoltaico domestico, nonostante la domanda resti viva in alcune aree.

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Nuovi strumenti e servizi energetici: la situazione attuale e le prospettive del mercato

Il segmento commerciale-industriale, invece, si mantiene in continuità con il passato. Lo Scambio sul Posto – una particolare forma di autoconsumo in sito che consente di compensare l’energia elettrica prodotta e immessa in rete in un certo momento con quella prelevata e consumata in un momento differente da quello in cui avviene la produzione (in vigore fino a settembre 2025) – e il Ritiro Dedicato (una modalità semplificata a disposizione dei produttori per la commercializzazione dell’energia elettrica prodotta e immessa in rete) permettono di valorizzare l’energia in modo diretto e il FER X transitorio offre accesso a tariffe incentivanti fino a 1 MW.

Tuttavia, la nuova offerta di strumenti, tra cui l’Energy Release, resta in fase sperimentale e non è ancora chiaro se sarà in grado di stimolare investimenti su larga scala.

Al contrario, per gli impianti di grandi dimensioni l’interesse del mercato si è chiaramente riattivato: la fine del FER 1 ha coinciso con il ritorno alla saturazione delle aste, grazie a tariffe più competitive (~75 €/MWh).

Il nuovo meccanismo FER X, nella sua versione transitoria, ha già previsto contingenti significativi (10 GW per il fotovoltaico e 4 GW per l’eolico) e una metodologia più dinamica per definire il prezzo. Nel medio periodo, però, si avverta la mancanza della versione a regime del FER X, attesa per il 2026.

Sotto il profilo economico, la redditività degli impianti dipende ancora da pochi fattori chiave: producibilità, investimenti negli asset fisici e taglia dell’impianto. Per il fotovoltaico su scala industriale, l’LCOE (levelized cost of energy) nei siti migliori può attestarsi su 55-65 €/MWh, mentre impianti piccoli e in zone poco favorevoli superano i 90 €/MWh. Per l’eolico onshore (su terraferma), si oscilla tra 70 e 95 €/MWh.

“Gli scenari di investimento che abbiamo analizzato nel rapporto confermano il ruolo centrale degli incentivi: con il decreto FER X il tasso interno di rendimento (IRR) per il fotovoltaico può spaziare tra 3,8% e 12,8%, mentre per l’eolico onshore si colloca tra -0,2% e 8%”, commenta Chiaroni.

“Valori che diventano interessanti, ma solo se accompagnati da buone condizioni tecniche e operative: senza incentivo tutto questo non è sufficiente, e contratti a lungo termine come i PPA, pur attenuando la volatilità, producono rendimenti più modesti, raramente superiori al 6% per il fotovoltaico e al 4% per l’eolico. Un’adeguata leva finanziaria può migliorare la sostenibilità economica dei progetti, ma resta un’opzione praticabile solo su impianti ben strutturati”, aggiunge.

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Il tema della stabilità dell’infrastruttura

La crescente diffusione di fonti rinnovabili, pur essenziale per la decarbonizzazione, introduce variabilità nella produzione, mettendo a rischio la stabilità del sistema infrastrutturale italiano, in particolare la Rete di Trasmissione Nazionale (RTN), già provata dall’aumento della domanda di energia.

In questo contesto, i sistemi di accumulo energetico svolgono un ruolo cruciale nel garantire flessibilità e supportare l’integrazione delle rinnovabili. Il Piano di Sviluppo 2025-2034 di Terna, con investimenti significativi, punta a modernizzare la rete, ottimizzare l’uso delle infrastrutture esistenti e facilitare l’accelerazione delle FER.

Le installazioni di fotovoltaico e di eolico al 2024

Stando alle analisi contenute nel Report, il fotovoltaico conferma il proprio ruolo di “locomotiva”, con 6.027 MW di potenza installata nel 2024 (+795 MW rispetto al 2023 e +3.545 MW rispetto al 2022) che superano in valore assoluto il precedente record del 2023, anche se dal punto di vista percentuale si tratta “solo” di un +15% contro il +111% del 2023 sul 2022.

Parallelamente, il numero di nuovi impianti installati nel 2024, pur diminuendo rispetto al 2023 (281.981 contro 373.929), rimane ben al di sopra dei valori del 2022 (205.806) ed è bilanciato da un fattore fondamentale, l’aumento della potenza media per impianto.

Infatti, nel 2024 la maggior parte della potenza installata (2.584 MW, pari al 43%) proviene dalla fascia superiore ai 1.000 kW, che nel 2023 aveva contribuito solo con 1.157 MW (22%).

Si tratta di impianti di tipo industriale o commerciale, che tendono a generare molta più energia rispetto agli impianti residenziali: in questo contesto, il numero inferiore di impianti installati nel 2024 non è dunque un segno di rallentamento ma piuttosto il risultato di politiche incentivanti e di un ambiente normativo che favorisce le grandi installazioni, con un mercato che si sta spostando verso la realizzazione di impianti su larga scala.

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L’eolico, invece, dopo la contrazione del 2023 rimbalza nel 2024 – 612 MW di potenza installata, 125 MW in più (+26%) rispetto al 2023 – senza però colmare il divario dimensionale col solare.

L’incremento è dovuto per il 95% ai 61 nuovi impianti di fascia superiore a 1 MW, ma anche il numero totale di installazioni recenti risale leggermente, passando da 82 a 84 unità, pur rimanendo ben al di sotto delle 208 del 2022.

Energie rinnovabili, il confronto con il resto d’Europa

Analizzando il parco rinnovabile installato nelle principali nazioni europee, se in Italia l’eolico si ferma al 26% della capacità rinnovabile, in Germania arriva al 42% e in Francia e Spagna al 50%.

Inoltre è evidente come in Italia sia diverso il peso degli impianti di piccola taglia (il 21% contro il 17% tedesco, il 10% francese e il 3% spagnolo) e come quelli di grandi dimensioni siano ancora poco diffusi rispetto a Francia e Spagna (19% contro 24% e 42%).

Analizzando poi le previsioni di nuova capacità installata da qui al 2030, estratte dai Recovery and Resilience Plans dei principali paesi europei, emerge con ancora più evidenza il ruolo del solare: in Italia, il fotovoltaico copre il 74% della crescita attesa, mentre in Germania e Francia si assesta attorno al 60% e in Spagna al 55%.

In altre parole, per l’Italia la transizione energetica punterà sempre di più sul solare, a differenza degli altri tre Paesi in cui l’eolico continuerà a mantenere un ruolo proporzionalmente maggiore.

L’andamento regionale del fotovoltaico e dell’eolico

Ma come sono distribuite lungo la Penisola le nuove installazioni di rinnovabili? Nel 2024, il Lazio conquista il primato per la maggiore espansione fotovoltaica, grazie a un balzo in avanti di quasi 1000 MW (dai 322 MW del 2023 a 1256 MW).

 

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La Lombardia, pur fermandosi a 767 MW (in lieve calo rispetto ai 907 MW dell’anno precedente), rimane la regione con la maggiore capacità fotovoltaica complessiva installata in Italia.

Il Nord, dunque, mantiene il primato in termini di numero di installazioni, ma mostra un generale rallentamento rispetto al 2023, con particolari riduzioni nelle regioni più industrializzate: Veneto, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna, infatti, continuano a fornire un contributo significativo, ma tranne il Friuli (che cresce, +75 MW) tutte le altre regioni evidenziano un calo nelle nuove installazioni.

Il Veneto, in particolare, passa dai 680 MW del 2023 ai 483 MW del 2024; più contenute invece le riduzioni di Piemonte ed Emilia-Romagna (rispettivamente -84 MW e -63 MW).

Il Sud e le isole, al contrario, si mostrano in solida crescita, seppur su una base di partenza inferiore rispetto al Nord: aumentano Sicilia (da 422 a 505 MW), Sardegna (da 204 a 324 MW), Campania (da 217 a 258 MW), Puglia (da 243 a 287 MW) e Molise (da 19 a 48 MW).

Stabili o in lieve calo le altre regioni. Tutto ciò suggerisce una graduale espansione nelle aree meno sviluppate, mentre al Nord potrebbero essere necessarie nuove strategie per mantenere i livelli di crescita.

Quanto all’eolico, il 2024 ripropone in gran parte la tradizionale “geografia” degli impianti, con una netta concentrazione al Sud e nelle isole maggiori.

Il Nord è caratterizzato da un sostanziale immobilismo: regioni come Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto ed Emilia-Romagna non registrano al- cuna nuova potenza installata; fa eccezione la Liguria, con +10 MW.

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Procedendo verso il Centro, Toscana e Marche aggiungono entrambe 1 MW, mantenendosi in linea con l’anno precedente, mentre Lazio e Abruzzo migliorano leggermente i dati del 2023 portandosi, rispettivamente, a 2 MW e 4 MW di nuove installazioni.

Il Sud offre il quadro più articolato. In Basilicata e Sardegna si registra il calo più drastico rispetto al 2023: la potenza installata scende da 29 a 11 MW nella prima e da 73 a 23 MW nella seconda.

All’estremo opposto, la Campania vede un notevole incremento (da 117 a 218 MW) e si conferma fra i motori principali del settore, così come la Puglia (da 110 a 131 MW) e la Sicilia, già su livelli elevati (da 148 a 166 MW), mentre la Calabria addirittura quadruplica la capacità aggiuntiva, arrivando a 45 MW.

Il ruolo del decreto FER 1

Il decreto FER 1 è stato un tassello fondamentale per orientare la transizione energetica nazionale verso un sistema più sostenibile, decarbonizzato e basato su energie pulite.

Con la sua conclusione e il subentro del nuovo meccanismo incentivante FER X, si può tracciarne un primo bilancio: ha certamente contribuito a raggiungere una potenza assegnata superiore alle aspettative (oltre 6 GW rispetto ai 5,5 GW previsti), ma in un arco di tempo superiore ai cinque anni.

Questo anche per l’andamento altalenante delle aste, dapprima molto partecipate ma frenate da diversi ostacoli (procedure autorizzative lente a livello regionale, burocrazia complessa, incentivi non sempre competitivi per alcune tipologie di impianti, meccanismi di gara che avvantaggiavano operatori con progetti già maturi), poi con una domanda più bassa e fluttuante.

Il cambio di scenario si verifica con il 13° bando, quando l’incremento dell’incentivo verso i 75 €/ MWh determina un immediato e netto aumento della domanda: tutte le procedure successive registrano una saturazione al 100%, a conferma di quanto la leva economica sia decisiva nel rendere attrattivo il meccanismo per gli investitori.

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Dal 14° bando (febbraio 2024) si è addirittura dovuto incrementare il contingente per soddisfare la domanda crescente, riuscendo così a raggiungere e superare l’obiettivo iniziale.

Il bilancio dunque è complessivamente positivo, ma con ampi margini di miglioramento, a partire da procedure più snelle, incentivi più equilibrati e maggiore coordinamento tra Stato e Regioni.



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