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Intelligenza artificiale pronta a migliorare la sicurezza e la dignità del lavoro


Dall’IA una spinta decisiva per migliorare la sicurezza dei lavoratori. Ma non solo, visto che l’intelligenza artificiale può diventare una leva decisiva per rendere il lavoro più dignitoso e inclusivo. Perché questo accada, però, occorre governarne l’impatto con responsabilità e visione, puntando fortemente sulla formazione. È da questa consapevolezza che parte la riflessione di Rosario De Luca, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, intervistato da ItaliaOggi in occasione della partenza del Festival del lavoro, la consueta manifestazione organizzata dal Consiglio nazionale (giunta alla 16^ edizione), che quest’anno si svolgerà a Genova. De Luca affronta alcuni dei nodi cruciali dell’attualità: il ruolo dell’IA nella prevenzione degli infortuni, l’evoluzione delle professioni, il dibattito sul salario minimo, le strategie per rilanciare le retribuzioni e le misure sul cuneo fiscale. Senza dimenticare il futuro della categoria, le sfide della formazione e l’attrattività per le nuove generazioni.

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Presidente, il Festival di quest’anno è incentrato sull’IA e sui concetti di etica, dignità del lavoro, inclusione e sostenibilità. Perché avete messo insieme questi temi?

L’impatto dell’intelligenza artificiale non è solo tecnologico, ma culturale e valoriale. È una trasformazione profonda, che può generare benefici in termini di produttività ed efficienza, ma che va governata con responsabilità. Rappresenta uno strumento con cui raggiungere questi obiettivi, ma deve essere affiancato da parole come etica, dignità e inclusione. Sono questi i pilastri su cui costruire una visione del lavoro sostenibile e umano-centrica.

Come stanno cambiando le professioni con l’introduzione massiccia dell’IA? Quale ruolo per i consulenti del lavoro?

Le professioni stanno evolvendo rapidamente. Alcune mansioni scompariranno, altre si trasformeranno, molte nasceranno ex novo. L’intelligenza artificiale automatizzerà i processi ripetitivi, ma allo stesso tempo richiederà nuove competenze specialistiche, capacità di interpretazione, gestione e controllo. Non dobbiamo avere paura del cambiamento, ma affrontarlo. Il nostro ruolo è centrale: siamo «ponte» tra imprese, lavoratori e istituzioni e accompagniamo questa transizione in modo consapevole. Ciò significa aggiornare le competenze, interpretare le nuove normative e orientare le scelte organizzative. E, soprattutto, promuovere una cultura del lavoro fondata su legalità, sicurezza e rispetto della persona.

Sicurezza sul lavoro: recentemente avete avuto un incontro a Palazzo Chigi sull’argomento. Quali sono le proposte dei Consulenti in materia? E come può contribuire l’IA?

La sicurezza sul lavoro deve restare una priorità. Al tavolo con il governo il Consiglio nazionale ha proposto un’azione fondata su tre pilastri: formazione, prevenzione e responsabilità. Innanzitutto, serve una formazione obbligatoria e continua sin dalle scuole e università; un rafforzamento dei controlli, che includa un apparato sanzionatorio proporzionato ma efficace, e meccanismi premiali per le imprese virtuose. Fondamentale è anche il ruolo della contrattazione collettiva e della collaborazione delle parti sociali per promuovere buone prassi e costruire un modello condiviso di prevenzione, in cui l’IA può avere un ruolo determinante.

Secondo una vostra ricerca da poco pubblicata, il sistema retributivo italiano è più solido di quello di altri partner europei, soprattutto grazie ai Ccnl. Questo anche senza salario minimo. Ci spiega meglio?

I lavoratori italiani possono contare su un sistema retributivo garantista che prevede un livello di protezione economica tra i più completi e articolati nel panorama europeo. Il modello italiano è, infatti, fondato su una solida architettura di contrattazione collettiva e su istituti normativi consolidati, come la tredicesima e la quattordicesima mensilità e il Tfr, non previsti per legge negli altri sistemi retributivi europei. Come quelli vigenti in Francia, Germania, Romania, Spagna e Svezia. In alcuni casi la nostra contrattazione collettiva si spinge addirittura oltre questi istituti contrattuali, disegnando elementi retributivi ulteriori, che possono essere previsti sotto forma di welfare come la conciliazione vita-lavoro e l’assistenza sanitaria integrativa. Per questo, parlare di salario minimo sarebbe riduttivo.

Rimane il fatto che i salari sono stagnanti da anni, quando invece altri partner europei hanno visto crescere i valori nel tempo. Come fare per invertire la rotta in Italia? È solo un tema di produttività o c’è dell’altro?

La produttività è centrale, ma non basta. Servono politiche strutturali: rilancio della contrattazione collettiva, rinnovi tempestivi dei contratti, premi di risultato, partecipazione del lavoratore agli utili d’impresa, contrattazione di secondo livello e incentivi al welfare aziendale. Dobbiamo anche investire nelle competenze: solo lavoratori formati e valorizzati possono contribuire a un’economia più forte e inclusiva. L’aumento dei salari passa da qui.

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Cuneo fiscale: il governo sembra aver puntato sulla riduzione del costo del lavoro come strada maestra per aumentare le retribuzioni. Come giudica l’intervento dell’esecutivo, che ha reso il taglio strutturale? Era questa la priorità? Come si può migliorare ancora la situazione?

È una misura positiva e attesa, soprattutto in una fase di forte pressione sul potere d’acquisto dei lavoratori, ma va potenziata e inserita in una strategia più ampia che includa partecipazione dei lavoratori e un modello retributivo legato alla produttività. Il risparmio generato dovrebbe essere reinvestito nella formazione e nella crescita delle competenze. Inoltre, servirebbe riequilibrare alcuni strumenti: gli sgravi contributivi hanno effetti immediati, più tangibili per le imprese rispetto agli incentivi fiscali.

I giovani guardano ancora con interesse alla professione del consulente del lavoro? Quali sono le iniziative per avvicinarli? Quali sono le sfide principali che attendono i consulenti del lavoro nei prossimi dieci anni?

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