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Transizione blu: il cluster marittimo italiano si incontra ad Ancona


Dal cold ironing ai combustibili alternativi, passando per intermodalità e digitalizzazione: il futuro della shipping industry si costruisce oggi, puntando su una catena del valore a basso impatto ambientale e sull’integrazione tra innovazione, governance e trasferimento tecnologico. Una leva strategica per rilanciare la blue economy

Una giornata simbolo di sintesi e rilancio per l’intero ecosistema marittimo-portuale nazionale. Nella suggestiva cornice di Colle Ameno ad Ancona, il convegno “Climate Change: lo spaccato marittimo, quali contributi dall’industria dello shipping e dai porti nel progredire verso la transizione green”, promosso dal Comando della Capitaneria di Porto di Ancona in collaborazione con Regione Marche, Camera di Commercio delle Marche e Comune di Ancona, e moderato dalla giornalista Morena Pivetti ha messo a sistema un parterre d’eccellenza del cluster marittimo. Università, enti di ricerca, autorità portuale, cantieristica navale, armatori (MSC e CMA-CGM), enti certificatori e le principali associazioni di categoria (Assoporti, Confitarma, Assarmatori, Alis, Assocostieri e Federazione del Mare) si sono confrontati su un’unica rotta: rendere concreta e competitiva la transizione ecologica dello shipping nazionale e del sistema infrastrutturale portuale.

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L’iniziativa ha dato vita a un tavolo di lavoro trasversale, capace di allineare mondi che spesso dialogano in parallelo: ricerca accademica, innovazione applicata, industria navalmeccanica, governance portuale e rappresentanza armatoriale. Una cabina di regia condivisa per disegnare un modello operativo sostenibile nei trasporti marittimi e nella logistica portuale.

La Capitaneria di Porto di Ancona, sotto la guida oggi dell’Ammiraglio Vincenzo Vitale, ha saputo catalizzare le energie del cluster marittimo nazionale, promuovendo un’analisi multidisciplinare delle sfide poste dal cambiamento climatico e del ruolo proattivo che porti e flotte possono e devono giocare nella sua mitigazione. “La giornata odierna – ha dichiarato l’Ammiraglio Vitale – si propone come momento di confronto strategico per definire un nuovo paradigma di sostenibilità competitiva nel comparto marittimo. L’integrazione tra ricerca scientifica, innovazione tecnologica e sistema industriale rappresenta la leva decisiva per sviluppare una coscienza e consapevolezza critica e costruttiva, orientata a una transizione ecologica realmente attuabile. Solo con una visione condivisa e multidisciplinare possiamo contribuire efficacemente alla mitigazione degli effetti del climate change, generando valore per l’ambiente e per l’intero sistema Paese”.

Nel primo panel, il messaggio è stato netto: il settore è già in fase di trasformazione. Le navi di oggi sono significativamente meno impattanti rispetto a quelle di vent’anni fa, grazie a investimenti mirati in ricerca e sviluppo. Lo hanno dimostrato, con dati tecnici e casi studio, RINA e Fincantieri, illustrando le evoluzioni della navalmeccanica: motorizzazioni alimentate con combustibili alternativi, vernici eco-compatibili, cold ironing, impianti di trattamento avanzato dei reflui di bordo. Tra gli interventi più innovativi, quello del CNR IRBIM – Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine – che ha presentato due direttrici di ricerca d’avanguardia. Da un lato, il progetto GASTONE nel porto di Ravenna, focalizzato sul monitoraggio dell’impatto ambientale dei depositi geologici di CO₂ sull’ecosistema marino; dall’altro, un programma dedicato alla decarbonizzazione del settore pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero, in linea con le direttive europee sulla tutela della biodiversità marina. L’Università Politecnica delle Marche ha ribadito, attraverso un team di docenti (Regoli, Comodi, Ricci, Chiucchi, Fatone), come la ricerca possa rappresentare un ponte efficace tra tecnologia, governance e impresa. Gli ambiti di studio spaziano dalla qualità ambientale delle acque portuali alla gestione dei reflui, dall’elettrificazione delle banchine allo sviluppo dell’eolico offshore, fino alla rendicontazione ESG come nuovo standard per misurare le performance ambientali e sociali del settore. Un approccio sistemico che interpreta la sostenibilità non come vincolo, ma come fattore abilitante di competitività internazionale.

Nel secondo panel il focus si è spostato sulle politiche comunitarie e sull’equilibrio tra decarbonizzazione e competitività. È emersa una chiara consapevolezza, sottolineata anche dal Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale, Vincenzo Garofalo: nonostante un quadro regolatorio europeo piuttosto stringente, il sistema portuale e logistico italiano sta compiendo passi decisi verso una transizione sostenibile, mantenendo però alta l’attenzione sulla competitività e auspicando una sinergia concreta con i porti dei Paesi euromediterranei. Particolare attenzione è stata riservata al ruolo strategico dell’industria cantieristica, vero laboratorio avanzato di innovazione tecnologica. Costruire una nave oggi significa pianificare un asset operativo per i prossimi 30-40 anni. Un’industria capital intensive che richiede progettualità di lungo periodo e capacità di anticipare scenari normativi e tecnologici futuri. Centrale nel dibattito anche il tema dell’integrazione tra porti e navi, tra infrastrutture retroportuali e catene logistiche. Senza un approccio sistemico, la sostenibilità rischia di rimanere una dichiarazione di intenti. Da qui l’enfasi sul ruolo abilitante dei retroporti, degli interporti e di una logistica integrata come colonna vertebrale della blue economy.

Il Magnifico Rettore Gian Luca Gregori ha definito questo percorso come “sostenibilità competitiva”, sottolineando l’importanza della multidisciplinarietà e del trasferimento tecnologico. “Solo attraverso l’interconnessione tra università, ricerca e industria si può generare un cambiamento concreto e sistemico”, ha dichiarato concludendo i lavori della giornata.

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Gabriele Costantini



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