Come ogni anno chiudiamo il Festival dello Sviluppo Sostenibile con un editoriale sui risultati della manifestazione. Ma questa volta sarà diverso. Non racconterò soltanto gli straordinari numeri di questa edizione, come il record dei 1300 eventi in cartellone. Né ripercorrerò tutte le variegate iniziative che hanno animato il Festival tra convegni, presentazioni di libri, momenti artistici e concerti. Vi parlerò, invece, della strada che abbiamo davanti, grazie ai messaggi che abbiamo appreso, perché la conclusione del Festival deve segnare un nuovo inizio. E lo farò con otto riflessioni emerse con forza dalla manifestazione.
1. La transizione conviene, alle imprese e al Paese.
Sostenibilità e competitività non sono in contrapposizione, ma si rafforzano a vicenda. Sempre più imprese investono nella sostenibilità, consapevoli dei benefici reputazionale ed economici. Le aziende manifatturiere con un profilo di sostenibilità “alta” (7,1% del totale), ad esempio, registrano una crescita aggiuntiva del 16,7% rispetto a quelle non sostenibili, mentre quelle con un livello “medio” (36,3%)del 5,2%. Certo, il vento tira contro: con l’amministrazione Trump c’è stato un voltafaccia di molte imprese e fondi d’investimento, ma un aspetto positivo c’è: è una prova di verità per il greenwashing, che porta a galla le posizioni di coloro che erano a favore delle decisioni ambientali fino al momento in cui non è cambiata aria. Ma, come sottolineato al Festival, tante imprese italiane non intendono tornare indietro sulla transizione. A questo proposito, nel Rapporto di Primavera abbiamo presentato quattro scenari al 2035 e al 2050, illustrando i diversi impatti della transizione ecologica sui settori produttivi italiani in base alle scelte che faremo. Secondo il documento, investendo nella transizione verde il Pil del nostro Paese arriverà a +8,4% entro metà secolo. Anche in ambito ambientale i dati sono chiari: ogni euro investito in interventi di recupero ambientale può generare un ritorno compreso tra 7 e 30 euro, come sottolineato alla presentazione del nostro Paper sulla Nature restoration law.
2. Non è vero che i giovani sono nullafacenti, anzi, sanno essere visionari e realizzare grandi innovazioni.
Ci sono ragazzi e ragazze con competenze avanzate, capace di adattarsi, sensibili alle questioni sociali e ambientali. Sono rimasta sinceramente impressionata dalle storie di tenacia e innovazione degli otto giovani intervenuti al Future Day. C’è la fondatrice di Factanza, Bianca Arrighini, che nel 2019 ha creato un punto di riferimento informativo per Gen Z e Millennial. C’è Chiara Schettino, che ha inventato l’app Rosso per prenotare facilmente donazioni di sangue e plasma dove e quando si vuole. C’è Claudio Piazzai, co-fondatore di Involve Space, che ha inventato palloni stratosferici per telecomunicazioni e che vuole “contribuire allo sviluppo dell’umanità attraverso la tecnologia”. Insomma, c’è ambizione, c’è voglia di fare, c’è creatività. “I giovani del nostro tempo sono un vulcano di vita, di energia, di sentimenti, di idee”, ha sottolineato Papa Leone XIV. E allora, “la vera sfida è prenderli sul serio”, come evidenziato dalla nostra presidente Marcella Mallen nella sua prefazione al nuovo documento ASviS “Le giovani generazioni tra presente e futuro”, perché “è prioritario creare un contesto di fiducia verso i giovani, che investa su di loro, li inserisca in modo adeguato nel mondo del lavoro, li aiuti a mettersi in gioco per contribuire al miglioramento del mondo che li circonda”.
3. La sostenibilità non è passata di moda: non solo le imprese, anche la società civile crede nella sostenibilità.
“Esiste una narrazione prevalente secondo cui la sostenibilità è qualcosa che non interessa più, ma il Festival dello Sviluppo Sostenibile dimostra il contrario”, ha affermato il nostro segretario generale Giulio Lo Iacono. E qui qualche numero lo do, perché dà un’idea della portata del coinvolgimento: 1300 eventi sono il 45% in più rispetto al 2024; 1,5 milioni di spettatori per i 22 eventi ASviS; 66 milioni di persone raggiunte dalla campagna “Comfort zone”; 80 milioni di impression sui social con gli hashtag del Festival. Come sottolineato dalla campagna di quest’anno “La sostenibilità ci riguarda da vicino, molto da vicino”, questo invito va portato avanti perché non possiamo essere indifferenti, ignorare ciò che ci accade intorno, qualcosa che riguarda la quotidianità di ognuno di noi. La sostenibilità non solo non è passata di moda, ma non può passare di moda, se vogliamo un futuro vivibile.
4. Dobbiamo cambiare il modo di comunicare la sostenibilità.
In un contesto caratterizzato da un sovraccarico informativo, fake news e gridi di allarme, dobbiamo aiutare i cittadini a “unire i puntini” per orientarsi. Se ne è parlato all’evento “Si fa presto a (non) dire sostenibilità”, evidenziando anche come serva una comunicazione semplice per dire cose complesse, positiva, che sappia suggestionare, provocare, interessare, se vogliamo arrivare a un gran numero di persone. E il linguaggio va diversificato. Al Festival non ci sono state solo conferenze: abbiamo realizzato il podcast con la Rai “Note di sostenibilità”, abbiamo utilizzato un’installazione artistica di un “elefante nella stanza” rappresentativo della problematica ambientale, organizzato i concerti Heroes dal tema “World of Strangers” per arrivare a un pubblico ancora più ampio, come avvenuto anche con il Glossario della sostenibilità, con “100 parole chiave per un futuro da realizzare”.
5. In un quadro globale drammatico, occorre rilanciare il multilateralismo e l’impegno europeo.
L’Italia deve sostenere con convinzione il rafforzamento delle istituzioni internazionali e sovranazionali. Il Patto sul Futuro (qui la traduzione italiana), adottato dall’Onu, ha posto le basi in tal senso. “Il 2025 sarà un anno decisivo per trasformare l’ambizione in azione”, ha affermato la vicesegretaria generale dell’Onu Amina Mohammed all’evento conclusivo del Festival, ricordando appuntamenti cruciali che ci attendono: la Conferenza internazionale sul finanziamento per lo sviluppo a Seviglia, fondamentale per riformare l’architettura finanziaria; la Cop 30 sul clima di Belém; Pechino+30 sull’uguaglianza di genere; il vertice sociale a Doha. L’Europa non può permettersi di fare passi indietro, sia negli sforzi multilaterali, sia sulle politiche di sostenibilità, se non vuole perdere il suo ruolo e la sua identità nello scacchiere geopolitico. La buona notizia è che la fiducia nell’Ue è tra i livelli più alti degli ultimi 18 anni, con il 52%, secondo l’ultimo Eurobarometro. Va considerato anche che l’Europa già in passato ci ha permesso di tenere la barra dritta (basti pensare alla prima uscita dell’amministrazione Trump dagli Accordi di Parigi). E sebbene le spinte sovraniste stiano cercando di rallentare la transizione, i dati scientifici testimoniano che l’unica strada possibile è la decarbonizzazione.
6. L’Italia deve cambiare rotta sulle politiche per lo sviluppo sostenibile, che risultano insufficienti, frammentarie e contradditorie.
Il Piano strutturale di Bilancio 2024-2029 e la Legge di Bilancio offrono un contributo limitato alla soluzione dei nostri problemi strutturali. Molti interventi vanno dettagliati e chiariti, oltre che allineati al Green Deal per agevolare la trasformazione del settore produttivo, il raggiungimento degli obiettivi clima/energia, l’attuazione della normativa per la protezione e il ripristino della natura. Meritano un’attenta riflessione, infine, le misure approvate e in itinere relative a sicurezza, giustizia e riforme istituzionali. Il Rapporto di Primavera mostra come si potrebbe realizzare un Piano di accelerazione trasformativa, quindi le proposte concrete esistono già.
7. Le democrazie non sono obsolete, bisogna riaffermarne i valori.
Per Leonardo Becchetti, economista e autore del libro “Guarire la democrazia”, tra i mali di questo modello ci sono la perdita di coesione sociale alimentata da globalizzazione, disuguaglianze e intelligenza artificiale, l’ascesa del complottismo e del populismo, il ruolo dei social media sulla polarizzazione. Da dove ripartire? Da un nuovo paradigma sociale: “Siamo progressivamente tornati alla guerra primitiva delle risorse. Oggi dobbiamo riscoprire la capacità di relazionarci e superare gli approcci solo economicisti: l’uomo è un cercatore di senso. Serve rimettere al centro la qualità della vita di relazione per superare questi mali”. Di democrazia, ma anche di etica e libertà, si è parlato anche a Bologna nel bel dibattito tra il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini, la sociologa Chiara Giaccardi, la politologa Nadia Urbinati e il Cardinale Matteo Maria Zuppi. Un confronto che ha messo in luce la necessità di ridare centralità all’etica nelle decisioni e ripensare il significato di libertà, che non è affermazione della sovranità individuale, ma relazione e responsabilità collettiva per il bene comune.
8. Infine, mettere il futuro al centro della riflessione culturale e politica.
Con l’iniziativa “Ecosistema futuro”, lanciata durante il Festival, vogliamo portare proprio i “futuri” e il pensiero a lungo termine al centro del dibattito pubblico, nonché identificare rischi, opportunità e scenari fino al 2100. “L’Italia, su questi temi, è ancora indietro, spesso bloccata in un dibattito di breve termine che impedisce alla classe politica, alle imprese e alla collettività di immaginare una società diversa, più creativa, più innovativa, più prospera”, ha commentato Giovannini al Future Day, “dobbiamo imparare a governare il cambiamento senza paura”. Per questo all’Italia serve una governance anticipante, in linea con la riforma Costituzionale del 2022 che ha inserito la tutela dell’interesse delle generazioni future. E a livello culturale dobbiamo confrontarci su ciò che ci attende. Con le trasmissioni “Voci sul futuro” (qui le puntate online) realizzate con Ansa, ad esempio, abbiamo dibattuto di futuro della democrazia, dello spazio, della fraternità, della finanza: temi centrali per il presente, ma con forti implicazioni per i prossimi decenni. Infine, se parliamo di futuro non possiamo non parlare di intelligenza artificiale. Quali limiti etici porre all’AI? Le AI aiuteranno i lavoratori o li sostituiranno? Ridurranno o accresceranno le disuguaglianze? Queste sono solo alcune delle domande a cui abbiamo provato a rispondere con il libro “Mille schegge di intelligenza artificiale”, a cura di FUTURAnetwork, contenente riflessioni su come cambierà il mondo con la diffusione dell’AI e una sperimentazione con quattro dialoghi tra intelligenze artificiali sugli scenari dei prossimi anni.
Il Festival finisce, e ha acceso fari, risvegliato coscienze, indicato strade, ma la sua energia va ora trasformata in un grande impegno collettivo, quotidiano. Tocca a tutte e tutti noi – cittadine e cittadini, istituzioni e imprese – portare avanti questo slancio. Ci attendono grandi sfide e la sostenibilità, come abbiamo visto, non è solo l’unica via possibile: è anche la via dei benefici economici, sociali, ambientali. Il futuro non è scritto, ma si scrive, insieme. Con coraggio, lungimiranza e cura.
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