In questi giorni si dibatte molto della tecnologia e dell’insegnamento e della formazione dei nostri figli, ovverosia delle generazioni future.
L’AI e l’educazione delle nuove generazioni
Le evidenze scientifiche indicano che l’uso del telefono cellulare può compromettere lo sviluppo dei ragazzi, ed è quindi naturale chiedersi cosa succederà con l’intelligenza artificiale per cui è presto per avere evidenze.
I ragazzi già la usano abbondantemente, per loro è più facile essere aperti alle novità e subito hanno imparato ad usarla ed abusarne, purtroppo senza guida poiché gli adulti non hanno spesso le conoscenze necessarie per guidarli e supportarli. Quando il fenomeno GPT esplose la prima reazione, anche in America, fu quella di divieto, anche da parte del sistema scolastico, posizione che è stata rivista in pochi mesi a favore di un’adozione controllata dell’AI in ambito scolastico.
Stimolare l’uso critico dell’AI per apprendere
Come è possibile immaginare un percorso di crescita che includa ma che allo stesso tempo insegni un approccio critico al suo uso senza esserne succubi?
Emergono già le prime evidenze del fatto che studenti universitari che vengono incoraggiati ad usare ChatGPT per svolgere compiti creativi esibiscono più creatività rispetto a quelli che non la usano anche se in qualche modo si tratta di una creatività “omogeneizzata”.
È anche interessante come l’omogeneizzazione di pensiero sembra permanere anche quando si smette di utilizzare ChatGPT se lo si usa più a lungo (circa trenta giorni) mostrando come l’AI inevitabilmente condizioni il nostro pensiero. Più recentemente uno studio pubblicato su Nature evidenzia come in 51 studi di ricerca condotti a partire dal 2022 emerga chiaramente che l’apprendimento con l’ausilio di ChatGPT sia più efficace, non solo in termini di efficacia ma anche di percezione del percorso svolto e soprattutto contribuisce a stimolare la concettualizzazione. Allo stesso tempo è giusto preoccuparsi del fatto che, almeno per ora, i modelli allucinano frequentemente, e possono comunque produrre ragionamenti non corretti che possono creare schemi errati in una mente in formazione.
La fiducia tra studenti e docenti nell’uso dell’AI
Un aspetto centrale è che nonostante i docenti cerchino strumenti per riconoscere testi generati dall’AI si tratta di una tecnologia inesistente. Alcuni studenti sottomettono i propri lavori scritti manualmente a strumenti che dicono di individuare se un testo sia generato dall’AI o meno solo per evitare di divenire falsi positivi, dovendo poi spiegare che non è colpa loro se questi strumenti sono inaffidabili. Se poi sono i docenti ad usare GPT senza dichiararlo gli studenti, questi ultimi non apprezzano il comportamento e ritengono che la scorrettezza risieda dall’altra parte della cattedra arrivando, in alcuni casi, a segnalarlo come comportamento non etico di un particolare professore.
I benefici educativi dell’AI secondo esperti e studi
Personalmente, condivido le riflessioni di Ethan Mollick in proposito che incoraggia una piena integrazione delle tecnologie dell’AI generativa nel processo formativo. Lo stesso pensiero è condiviso da Bowen nel testo rapidamente divenuto popolare intitolato Teaching with AI.
Ma quali sono i possibili usi delle tecnologie di AI generativa nella formazione? Tutti gli attori rilevanti del processo educativo possono impiegare in modo più o meno virtuoso le tecnologie AI, e gli impieghi evolvono rapidamente con le tecnologie al punto da rendere il processo di sperimentazione difficile perché il tempo necessario a raggiungere determinati risultati rischia di essere troppo lungo rispetto all’arco di vita di un modello che magari cambia comportamento più volte attraverso aggiornamenti per migliorarne il comportamento.
Gli usi concreti dell’AI da parte degli studenti
Sebbene sia difficile intercettare tutti gli usi fatti dagli studenti, quelli che mi hanno sicuramente colpito di più sono:
- approfondire le proprie conoscenze interrogando il modello alla ricerca di chiarimenti ed approfondimenti
- chiedere al modello di recitare la parte del docente che interroga per verificare la propria preparazione
- chiedere diagrammi e mappe concettuali per comprendere meglio alcuni concetti
- farsi supportare nel processo creativo alla ricerca di idee utili per una relazione o un progetto
- far rivedere il linguaggio di un elaborato manoscritto
- far generare elaborati da consegnare
Stimolare gli studenti a sviluppare un approccio critico nell’uso dell’AI diviene quindi sempre più importante: nella fase di preparazione è necessario chiedersi se le informazioni fornite dall’AI siano corrette o semplicemente sembrino tali. In generale la conoscenza oggetto di formazione è abbastanza consolidata e nella mia limitata esperienza porta ad un numero significativamente ridotto di allucinazioni.
L’approccio etico e trasparente del docente con l’AI
In ogni caso si può cercare di approfondire direttamente nell’interazione con i chatbot che sono capaci di navigare la rete alla ricerca di informazioni per verificare che le informazioni ricevute abbiano un qualche fondamento. La generazione di tutto o una parte di un elaborato non pone solo il problema della correttezza dell’informazione generata, sarebbe opportuno dichiarare il ruolo giocato dall’AI nella produzione dell’elaborato al fine di consentire a chi lo rivede di apprezzare i vari contenuti. Purtroppo se l’approccio dei docenti all’impiego dell’AI è in opposizione gli studenti saranno incentivati a generare i propri elaborati cercando di nascondere il contributo dell’AI.
Nel secondo semestre tengo l’insegnamento “ICT infrastructures”, un insegnamento della laurea magistrale in Computer Science in cui fornisco una panoramica su come sono realizzati i datacenter e i sistemi Cloud. Quest’anno ho deciso di sperimentare vari usi dell’AI partendo dalla prospettiva di un docente:
- poiché videoregistro le mie lezioni ho anche accesso alla trascrizione, testo che ho usato per far generare sia una descrizione della lezione per il registro elettronico sia una breve dispensa sul materiale discusso
- durante le lezioni ho anche usato l’AI per richiedere schemi che spiegassero aspetti particolari, ChatGPT ha generato o recuperato dalla rete i diagrammi comportandosi come una sorta di PowerPoint magico capace di generare quello che un tempo sarebbe stato il contenuto di una slide
- usando l’abilità di personalizzare un modello come avviene con i GPTs di OpenAI consente di realizzare un assistente per aiutare lo studente a studiare. In questo caso le istruzioni fornite al modello tipicamente chiedono di supportare lo studente nella risoluzione di problemi senza però prendere il suo posto
- aggiornare il materiale del corso e trovare incongruenze grazie alla funzionalità di deep research
- Far verificare elaborati di studenti al modello alla ricerca di potenziali problemi
In tutti questi usi un docente dovrebbe essere trasparente e dichiarare quali contributi l’AI ha dato alla stesura del materiale. La tendenza oggi sembra, non solo per le attività educative, accettare che un testo possa essere stato generato dall’AI ma chi lo presenta o in qualche modo lo fa suo ha il dovere di averlo capito completamente.
Il ruolo dell’AI come assistente nella didattica
Complessivamente ho trovato che ChatGPT svolga in modo utile molte delle funzioni assolte da un assistente di aula. Una parte del materiale del corso è molto volatile e cambia significativamente da un’edizione all’altra, la possibilità di generare vere e proprie dispense al volo aiuta sicuramente gli studenti nel processo di apprendimento. È però essenziale che il docente (in questo caso io stesso) si prenda la responsabilità di verificare che il testo generato sia effettivamente corretto ed esaustivo.
Sembra quindi che, almeno per ora, tutte le ricerche indichino che sia urgente introdurre l’AI a supporto dei processi di apprendimento, evidenziandone l’impiego. Restano da approfondire studi come quello in cui si è registrato una certa omogeneizzazione del pensiero a seguito dell’uso dell’AI. Si tratta di un aspetto critico che va approfondito al fine di capire se una precoce esposizione a queste tecnologie possa compromettere il percorso formativo di uno studente o, come sembra ad oggi, i vantaggi siano maggiore degli svantaggi.
Verso una formazione critica per futuri AI supervisors
È probabile quindi che i corsi debbano approfondire di più gli argomenti al fine di formare quelli che di fatto potremmo chiamare AI supervisors. Ovverosia figure capaci dello spirito critico necessario per valutare ciò che viene generato dalla macchina.
Devo però confessare che mi sento ancora in una fase in cui devo capire da un lato tutte le possibili applicazioni di queste tecnologie nella didattica, e ad ogni lezione cambio la mia visione a seguito del feedback che ricevo dalla classe. Ritengo che saranno necessari mesi se non anni per una piena integrazione di queste tecnologie nel percorso formativo affinché gli studenti imparino ad usarle e non a subirle.
Hassabis (Deepmind): quali competenze serviranno nell’era dell’AI compiuta
Demis Hassabis, amministratore delegato di Google DeepMind, nobel per la Chimica, in una recente intervista spiega cosa potrà sempre servire quando l’AI sarà compiuta, fra 5-10 anni, con l’AGI (Artificial general intelligence).
In sintesi:
- Comunque servirà sempre una base tecnica
- A tutti servirà sapere come usare bene gli strumenti AI
- Coltivare le “meta-competenze”: imparare a imparare, creatività, visione, adattabilltà (noi ci aggiungeremmo anche capacità relazionali, senso critico).
“Mi viene chiesto spesso questo riguardo agli studenti universitari: innanzitutto, non cambierei radicalmente alcuni dei consigli di base sulle discipline STEM, come diventare bravi in cose come la programmazione”, dice Hassabis.
“Perché penso che, qualunque cosa accada con questi strumenti di intelligenza artificiale, sarà meglio capire come funzionano e cosa si può fare con essi. Direi anche di immergersi completamente in questo mondo; è quello che farei io oggi se fossi un adolescente che cerca di diventare una sorta di ninja utilizzando gli strumenti più recenti. Penso che si possa quasi diventare una sorta di supereroe in qualche modo se si diventa davvero bravi a utilizzare tutti gli strumenti di intelligenza artificiale più recenti e più interessanti. Ma non bisogna trascurare le basi, perché sono fondamentali. E poi penso che sia importante insegnare le meta-competenze, ovvero imparare ad imparare. L’unica cosa che sappiamo con certezza è che ci saranno molti cambiamenti nei prossimi dieci ann”i.
“Quindi, come ci si prepara? Quali competenze sono utili? Creatività, adattabilità, resilienza: penso che tutte queste meta-competenze saranno importanti per la prossima generazione”.
“E penso che sarà molto interessante vedere cosa faranno, perché cresceranno con l’intelligenza artificiale proprio come l’ultima generazione è cresciuta con i dispositivi mobili, gli iPad e i tablet. E prima ancora, con Internet e i computer, che era la mia epoca. E penso che i ragazzi di quell’epoca sembrino sempre adattarsi per utilizzare gli strumenti più recenti e più cool. E penso che si possa fare di più sul fronte dell’intelligenza artificiale”.
“Prendiamo ad esempio la programmazione. È evidente che questi sistemi stanno migliorando nella codifica. Ma i migliori programmatori, secondo me, stanno ottenendo un valore aggiunto, perché continuano a capire come porre le domande, strutturare l’intero codice e controllare il funzionamento della codifica. Allo stesso tempo, però, a livello amatoriale, questo permette ai designer e forse anche a persone senza competenze tecniche di vibecode alcune cose, che si tratti di prototipi di giochi, siti web o idee per film”.
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