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il potere dei dati al servizio del bene comune


Viviamo in un’epoca segnata da profondi squilibri: una dilagante crisi ambientale, conflitti geopolitici che non accennano ad arrestarsi, e disuguaglianze sociali sempre più marcate. In questo scenario, l’Intelligenza Artificiale non può limitarsi ad accelerare la produttività o a moltiplicare i profitti, piuttosto diventare uno strumento al servizio del bene comune. Il concetto di “Data for Good” nasce proprio da questa esigenza: riorientare l’uso dei dati, degli algoritmi e della potenza computazionale verso finalità che abbiano un valore etico, sociale e ambientale. Un approccio che sta guadagnando sempre più centralità nel dibattito globale, soprattutto ora che il valore delle imprese e delle attività che mettono in campo si misura con parametri ESG (Environmental, Social, Governance) e con il carattere di urgenza di cui è rivestito il percorso verso la transizione sostenibile.

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Ma cosa significa davvero Data for Good? In che modo si integra con le strategie ESG e di sostenibilità aziendale? E soprattutto: quali esempi concreti stanno già facendo la differenza?

Cosa vuol dire “Data for Good”?

Data for Good: cosa significa

L’espressione “Data for Good” si riferisce all’uso etico, responsabile e orientato al bene comune dei dati e delle tecnologie di analisi. Non si tratta solo di raccogliere o visualizzare informazioni, ma di mettere i dati al servizio della società, affrontando in modo concreto sfide globali come i cambiamenti climatici, la povertà, le disuguaglianze sociali o le emergenze sanitarie.

Con Data for Good si vuole tradurre la volontà di “fare del bene” in azioni concrete, misurabili e orientate al futuro. Nella pratica, il concetto si può tradurre nello sviluppo di:

  • piattaforme e modelli predittivi capaci di anticipare rischi sul piano ambientale e sociale;
  • applicazioni intelligenti che migliorano l’accesso a risorse critiche (che si tratta di energia, cibo, o acqua);
  • strumenti di monitoraggio ESG utili per misurare l’impatto e orientare la strategia sostenibile delle aziende.

Definizione di Data for Good

Una delle definizioni più accreditate è quella proposta dalla Columbia University attraverso il suo Data Science Institute, dove Data for Good viene descritto come l’impiego della data science per migliorare il mondo, nel rispetto di cinque principi fondamentali, sintetizzati con l’acronimo FATES:

  • Fairness (equità),
  • Accountability (responsabilità),
  • Transparency (trasparenza),
  • Ethics (etica e tutela della privacy),
  • Safety & Security (sicurezza).

Le origini del concetto

Il movimento Data for Good ha radici che risalgono agli inizi del 2010. Già nel 2009, durante il World Economic Forum di Davos, si iniziava a parlare di “data philanthropy”, ovvero la condivisione dei dati da parte delle aziende per finalità pubbliche.

Nel 2011, con la nascita dell’iniziativa Data Without Borders (diventata poi DataKind), il concetto ha assunto una forma più concreta, attraverso hackathon in cui volontariamente data scientist collaboravano con ONG per risolvere problemi sociali.

Successivamente, università e istituzioni accademiche – come l’Università di Chicago con il programma “Data Science for Social Good” (2013) – hanno dato ulteriore impulso al movimento.

Come si è diffuso l’uso dei dati per il bene comune

Negli anni successivi, l’idea di Data for Good si è diffusa rapidamente a livello globale. Attorno all’idea di usare i dati per generare impatto sociale sono nati programmi universitari, comunità di volontari, conferenze tematiche e collaborazioni pubblico-private. Per fare qualche esempio:

  • DataKind è una delle organizzazioni pionieristiche in questo ambito. Fondata nel 2011, riunisce data scientist volontari con ONG e governi, creando progetti ad alto impatto in settori come l’istruzione, la sanità e l’ambiente. Il suo modello ibrido tra volontariato tecnico e progettazione sociale ha ispirato molte altre iniziative simili nel mondo.
  • Il Data for Good Exchange è una conferenza annuale promossa da Bloomberg, diventata un punto di riferimento per ricercatori, policy maker e aziende che vogliono confrontarsi sull’utilizzo etico e strategico dei dati per affrontare problemi sociali complessi. L’evento punta anche a stimolare la contaminazione tra il mondo accademico e quello aziendale, spesso divisi ma entrambi fondamentali per il progresso.
  • L’AI for Good Global Summit, organizzato dalle Nazioni Unite in collaborazione con enti come UNESCO, FAO e WHO, è l’evento internazionale più autorevole sull’impiego dell’intelligenza artificiale per raggiungere gli SDG – Sustainable Development Goals. Qui si discutono applicazioni concrete di AI in contesti come la gestione delle risorse idriche, la previsione dei disastri naturali, la protezione della biodiversità e la riduzione della povertà.

Un ecosistema in espansione

In parallelo a questi grandi attori istituzionali, stanno fiorendo community open source, hackathon e gruppi di lavoro che si occupano di progetti di data science applicati al sociale, spesso in collaborazione con ONG, istituzioni pubbliche o enti di ricerca. Ne sono esempio iniziative come:

  • Code for All, una rete internazionale di civic tech che promuove trasparenza e partecipazione democratica tramite i dati;
  • Open Humans, una piattaforma che consente alle persone di condividere i propri dati per finalità di ricerca e salute pubblica;
  • Open Data for Development (OD4D), un’iniziativa globale per supportare l’uso dei dati aperti nello sviluppo sostenibile, soprattutto nei Paesi a basso reddito.

Queste comunità rappresentano il lato più collaborativo e decentralizzato del Data for Good, e dimostrano che l’impatto sociale può nascere anche da piccole realtà locali quando si uniscono competenze tecnologiche, motivazione etica e visione strategica.

Data for Good: perché oggi conta più che mai

In un’epoca segnata da profonde transizioni sul piano ambientale, sociale nonché digitale il concetto di Data for Good assume un valore strategico poiché rappresenta un ponte tra l’enorme potenziale della tecnologia e una visione etica dell’innovazione, che permette di trasformare i dati in una leva concreta per la giustizia sociale, la sostenibilità, la trasparenza e l’inclusione.

Ma Data for Good non va confuso con la semplice filantropia digitale. È un approccio strutturato, data-driven e orientato al bene comune, che promuove:

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  • la responsabilità algoritmica e la trasparenza nei modelli di intelligenza artificiale;
  • l’inclusione delle comunità e dei soggetti vulnerabili nei processi decisionali automatizzati;
  • la progettazione di ecosistemi resilienti e sostenibili, sostenuti da strumenti predittivi avanzati.

In questo senso, Data for Good è anche una leva competitiva per le imprese, che possono: dimostrare il proprio impegno etico in modo tangibile; migliorare immagine e competitività posizionandosi al meglio nei mercati ESG-oriented; e rispondere alle aspettative di stakeholder sempre più attenti al valore sociale della tecnologia.

Data for Good, ESG e sostenibilità: un legame strategico

Perché i dati sono fondamentali per l’ESG

Nell’era della rendicontazione non finanziaria e dell’economia circolare, la sostenibilità non può più basarsi su dichiarazioni di principio o metriche vaghe. Allinearsi ai criteri ESG (Environmental, Social, Governance) richiede un approccio rigoroso, basato su dati oggettivi, tracciabili e verificabili. Ed è proprio qui che i dati diventano il motore della transizione sostenibile.

L’uso intelligente di dati e analytics consente alle imprese di:

  • monitorare in tempo reale gli impatti ambientali, come le emissioni di CO₂, l’uso delle risorse naturali o la biodiversità nelle filiere;
  • ottimizzare i processi aziendali, riducendo gli sprechi, migliorando l’efficienza energetica e promuovendo la circular economy;
  • rendicontare con trasparenza secondo gli standard internazionali (GRI, SASB, CSRD), facilitando l’audit ESG e aumentando la trasparenza verso stakeholder e investitori.

In altre parole, i dati non servono solo a misurare: abilitano la trasformazione. Senza una base informativa solida e accessibile, il rischio per le aziende è duplice: cadere nel greenwashing oppure perdere competitività in mercati sempre più attenti alla sostenibilità reale, e non solo dichiarata.


Data for Good come motore di sostenibilità

Il paradigma Data for Good porta un livello ulteriore di consapevolezza: non si tratta solo di “usare i dati per misurare”, ma di usare i dati per migliorare concretamente la realtà. In questo senso, Data for Good si configura come un acceleratore strategico della sostenibilità, capace di unire in un linguaggio comune figure chiave come CIO, Sustainability manager, stakeholder e decisori pubblici.

Grazie a tecnologie come l’intelligenza artificiale, il machine learning e la data visualization, le imprese oggi possono:

  • anticipare rischi ambientali, ad esempio modellando l’impatto climatico su una determinata area geografica o prevedendo eventi estremi legati a inquinamento o scarsità idrica;
  • progettare soluzioni rigenerative, come sistemi energetici resilienti, supply chain decarbonizzate o modelli predittivi per la gestione circolare delle risorse;
  • coinvolgere attivamente le comunità locali, sfruttando la data science per identificare esigenze territoriali, migliorare l’inclusività e progettare iniziative di impatto sociale realmente partecipative.;
  • rendere il reporting ESG più accurato, integrato e credibile, superando i limiti della rendicontazione tradizionale con dashboard dinamiche, indicatori predittivi e scenari simulativi.

Data for Good per salvaguardare oceani e fauna marina

Ci si riferisce spesso alla Terra con l’espressione “pianeta blu” perché oltre il 70% della sua superficie è coperta dagli oceani. Gli ecosistemi marini generano più della metà dell’ossigeno che respiriamo, assorbono enormi quantità di CO₂, custodiscono oltre l’80% della biodiversità terrestre e offrono una fonte primaria di sostentamento per più di 250 milioni di persone nel mondo.

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Eppure gli oceani sono oggi in pericolo: inquinamento, pesca intensiva e cambiamenti climatici stanno alterando gli equilibri di un sistema fragile e interconnesso che paradossalmente può contribuire a mitigarli. Sono proprio i dati e le tecnologie digitali a rappresentare oggi una leva concreta per invertire questa tendenza.

In un contesto in cui il tempo è un fattore critico, l’applicazione intelligente di analytics, intelligenza artificiale e modelli predittivi sta diventando essenziale non solo per comprendere l’ambiente, ma anche per proteggerlo e rigenerarlo.

Iniziative europee per preservare gli oceani

L’Europa si sta impegnando attivamente per la tutela degli oceani attraverso una serie di iniziative strategiche che combinano innovazione tecnologica, sostenibilità e cooperazione internazionale. Tra queste spicca il One Ocean Summit, forum dedicato alla salvaguardia degli ecosistemi marini, che promuove nuove politiche e investimenti per la protezione degli habitat oceanici e la lotta all’inquinamento. Parallelamente, l’Unione Europea sta investendo ingenti risorse in progetti di acquacoltura sostenibile e nella digitalizzazione dei mari, con l’obiettivo di monitorare in tempo reale lo stato di salute degli oceani tramite sensori, satelliti e modelli predittivi. Queste iniziative si inseriscono in un quadro più ampio di finanziamenti green, come il programma da un miliardo di euro per la protezione marina, e in partenariati pubblico-privati che coinvolgono anche il mondo industriale, la ricerca e la società civile. L’approccio europeo si basa quindi su una sinergia tra tecnologia avanzata e governance responsabile, puntando a preservare la biodiversità marina e a garantire un uso sostenibile delle risorse oceaniche per le generazioni future.

Data for Good in azione: quattro esempi concreti

In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani (che si celebra l’8 giugno), SAS – azienda di riferimento a livello globale nell’ambito dei dati e dell’intelligenza artificiale – ha condiviso una serie di progetti reali sviluppati nell’ambito del programma aziendale “Data for Good” per dimostrare come l’uso etico di dati, analytics e AI possa produrre un impatto concreto nella tutela degli ecosistemi marini, sempre più minacciati da crisi ambientali, pressioni antropiche e instabilità climatiche.

1. Digital Twin dell’oceano per proteggere le balene

Uno degli esempi più emblematici del Data for Good è WhaleCast, un sistema sviluppato da SAS in collaborazione con Fathom Science Inc., spin-off dell’Università Statale della Carolina del Nord, che consente di prevedere il percorso delle balene in mare aperto evitando collisioni con le imbarcazioni.

Si tratta di un vero e proprio digital twin dell’oceano, una replica virtuale dello spazio marino che integra dati meteorologici e oceanografici con i modelli migratori delle balene. Il sistema sfrutta algoritmi di machine learning per simulare in tempo reale il comportamento migratorio delle balene franche lungo la costa orientale american.

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La sua funzione è altamente operativa: invia allerte in tempo reale alle navi mercantili che si avvicinano alle zone di probabile presenza dei cetacei, consentendo loro di modificare rotta ed evitare collisioni letali. Questo tipo di innovazione mostra come l’unione tra AI e sensoristica avanzata possa tradursi in interventi preventivi efficaci, contribuendo a ridurre gli impatti delle attività umane sugli ecosistemi marini.

2. Computer vision e citizen science per riconoscere le tartarughe

Un’altra applicazione del paradigma Data for Good riguarda il monitoraggio delle numerose specie di tartarughe marine che abitano le isole Galapagos. In questo caso, SAS ha collaborato con il UNC Center for Galapagos Studies per realizzare ConserVision, un’app che sfrutta computer vision e machine learning per identificare individualmente ogni tartaruga attraverso un “riconoscimento facciale” basato su pattern morfologici.

Questo approccio, un tempo impensabile, consente di automatizzare la raccolta dati, accelerando l’identificazione degli esemplari, il tracciamento dei loro spostamenti e il monitoraggio del loro stato di salute. Ma non solo: ConserVision è progettata per essere collaborativa, coinvolgendo persone in tutto il mondo in un’attività di image matching dei ‘volti’ dei rettili marini, che contribuirà all’addestramento di un modello di visione computerizzata SAS. Un esempio perfetto di citizen science abilitata dai dati, dove la tecnologia potenzia la ricerca e il coinvolgimento globale.

3. AI e tracker acustici per salvare gli squali martello

Gli squali martello sono una specie presa di mira dalla pesca commerciale e illegale a causa delle loro pinne, che sono molto vulnerabili alla cattura accidentale come bycatch da parte di reti a strascico, reti a circuizione, reti da posta e palangari. Comprendere i loro pattern migratori con tracker acustici è dunque fondamentale per proteggerli.

 

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Sempre nell’arcipelago delle Galapagos, i ricercatori dell’UNC Center hanno utilizzato il software di analisi e visualizzazione SAS® per identificare e caratterizzare i modelli di movimento degli squali martello sia in acque costiere che al largo. Sono stati inclusi nell’analisi fattori come l’esistenza di schemi giornalieri prevedibili, se gli spostamenti avvenissero individualmente o in gruppo, e altri elementi – come i cicli lunari, i cambiamenti ambientali e le esigenze individuali – per capire se potessero influenzare questi comportamenti.

Ad oggi, uno dei modelli realizzati è riuscito a prevedere la presenza degli squali al largo con un’accuratezza del 93,24% e in prossimità della costa con un’accuratezza del 93,73%. Queste informazioni sono cruciali per delimitare aree marine protette, pianificare la pesca sostenibile e sviluppare strategie di ecoturismo responsabile che non disturbino la fauna marina.

4. Predire la fioritura di fitoplancton

Il fitoplancton è il motore invisibile dell’ecosistema oceanico: costituisce la base della catena alimentare marina e svolge un ruolo essenziale nella regolazione del clima globale. Tuttavia, le sue fioriture improvvise, accelerate dal riscaldamento globale, possono alterare gli equilibri ecologici e minacciare la biodiversità.

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SAS, in collaborazione con i ricercatori dell’UNC Center, sta sviluppando modelli predittivi in grado di anticipare queste fioriture, analizzando enormi volumi di dati provenienti da satelliti, sensori oceanici e immagini aeree. Grazie agli strumenti di analytics e data visualization di SAS, è stato possibile individuare pattern e tendenze nelle popolazioni di fitoplancton su cui modellare l’impatto dei cambiamenti climatici sull’intero ecosistema.

L’obiettivo a lungo termine è ambizioso: sviluppare algoritmi in grado di mappare e ottimizzare gli ecosistemi microbici, non solo in acqua, ma anche nel suolo o negli animali, per scopi ambientali, agricoli e sanitari. Ancora una volta, la combinazione tra big data e scienza ambientale apre scenari inediti per l’adattamento e la resilienza climatica.



Perché il futuro dell’AI è “for good”

Il futuro dell’Intelligenza Artificiale passa per la sua capacità di generare impatto positivo, non solo economico ma anche umano. Il paradigma del Data for Good è oggi una chiamata all’azione per il mondo tech: un invito a orientare potenza computazionale, intelligenza algoritmica e analisi predittiva verso obiettivi di giustizia climatica, equità sociale e progresso collettivo.

Perché in un’epoca complessa come la nostra, la tecnologia che non migliora il mondo rischia di peggiorarlo. E l’AI, con tutte le sue potenzialità, può — e deve — scegliere da che parte stare.

1. Da strumento di efficienza a leva di impatto

Tradizionalmente, l’AI è stata vista come uno strumento di efficienza: automazione, ottimizzazione, scalabilità. Ma oggi il paradigma si sta evolvendo. Le aziende più innovative comprendono che i dati possono — e devono — essere usati non solo per fare meglio, ma per fare il bene.
Questo significa sviluppare soluzioni che affrontano problemi reali: il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare, l’accesso alla salute, la tutela della biodiversità.

Esempi concreti? Modelli predittivi per prevenire incendi o alluvioni, algoritmi per ridurre gli sprechi nella supply chain, o sistemi di AI per migliorare l’accesso all’istruzione in aree svantaggiate. L’impatto sociale diventa così parte integrante dell’innovazione tecnologica.

2. Etica e trasparenza come condizioni abilitanti

Perché l’AI possa davvero essere for good, servono principi forti di governance e trasparenza. Algoritmi imparziali, dati trattati in modo responsabile, modelli spiegabili e inclusivi: sono questi i pilastri che rendono sostenibile l’impatto positivo della tecnologia.

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Non è solo una questione di reputazione aziendale. È una necessità per garantire che l’intelligenza artificiale non amplifichi i bias, non escluda le minoranze, non crei nuove forme di controllo o sfruttamento.
In questo senso, le iniziative Data for Good sono anche un banco di prova per costruire un’etica dell’innovazione, capace di coniugare progresso e diritti.

3. L’AI come moltiplicatore di capitale umano

Un altro aspetto fondamentale è il ruolo dell’AI nel rafforzare le capacità umane, anziché sostituirle. I migliori progetti Data for Good sono quelli in cui l’intelligenza artificiale potenzia la competenza dei ricercatori, dei volontari, dei cittadini, rendendo più accessibili e utilizzabili enormi quantità di dati, in tempo reale e con precisione.

L’AI diventa così abilitante, un alleato nella conoscenza e nell’azione collettiva. Questo vale nei settori ambientali, ma anche in ambito sanitario, educativo, urbano. Il futuro dell’AI è for good perché è collaborativo.

4. Un vantaggio competitivo per le aziende responsabili

Infine, adottare un approccio Data for Good non è solo un atto di responsabilità: è una scelta strategica. Le imprese che integrano i dati per il bene nei loro modelli operativi rafforzano la fiducia degli stakeholder, attraggono talenti, migliorano la compliance normativa e si posizionano come player della transizione sostenibile.

In un mercato dove i criteri ESG sono sempre più centrali nelle scelte di consumatori, investitori e regolatori, l’uso strategico e consapevole dei dati rappresenta un vero vantaggio competitivo. Non si tratta più soltanto di “fare bene facendo del bene”, ma di ripensare i modelli di business in chiave rigenerativa, dove crescita economica e impatto positivo non sono in contrasto, ma si rafforzano reciprocamente.



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