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Clarity: naming indietro su Ungc e Ocse


Nell’ultimo anno il 20% dei fondi soggetti al requisito dei criteri di esclusione del PaB ha modificato il proprio nome in vista dell’entrata in vigore delle linee guida Esma sul naming. Non si registra alcun progresso nell’adesione dei fondi all’esclusione delle società che violano i principi Ungc/Ocse

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Una ricerca di Clarity AI indica che, sebbene vi siano stati alcuni progressi verso la conformità alle linee guida Esma, in particolar modo sul nome dei fondi, molti fondi soggetti alle disposizioni delle linee guida risultano ancora esposti a società potenzialmente in violazione dei criteri di esclusione Paris-aligned benchmark (PaB). Si tratta del 65% dei fondi i quali, anche per scelte a volte inconsapevoli da parte dell’asset manager, sono esposti ad almeno un titolo in violazione delle esclusioni PaB, a seconda di come la loro Authority interpreta la normativa.

Nelle precedenti ricerche di Clarity Ai era già emerso che quasi la metà dei fondi con termini ambientali o a impatto nel proprio nome non rispettava le esclusioni previste dal Pab (vedi articolo Clarity: metà dei fondi deve cambiare nome) e che oltre la metà dei fondi Ue violava quanto previsto dalle linee guida Esma sulla denominazione dei fondi e pertanto avrebbe dovuto o disinvestire o cambiare nome per conformarsi alla normativa (vedi articolo Fondi Esg in violazione delle nuove regole Esma). In questa terza ricerca l’attenzione si sposta sulla violazione delle norme Ungc e Ocse.

Questa terza ricerca ha preso in considerazione il campione delle precedenti indagini (per un totale di 3.741 fondi, leggermente ampliato rispetto ai precedenti 3.200 per via di fondi esistenti che non utilizzavano termini legati alla sostenibilità ma li hanno aggiunti) per vedere come è evoluta la situazione a distanza di un anno (tra maggio 2024 e maggio 2025), considerando l’eventuale cambio di nome intercorso o il disinvestimento.

LA NOMENCLATURA È PIÙ ADERENTE ALLE LINEE GUIDA

Dall’indagine emerge che c’è stata una correzione significativa nei nomi dei fondi Ue: circa il 20% dei fondi soggetti al requisito dei criteri di esclusione del PaB ha modificato il proprio nome.

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I CRITERI DI ESCLUSIONE PAB

Per quanto riguarda invece l’aderenza ai criteri di esclusione dei PaB, dall’analisi si evince che ci sono stati diversi livelli di progresso nel mercato in termini di dismissione di asset in violazione delle esclusioni PaB a seconda della categoria di esclusione.

Ad esempio, per quanto riguarda le esclusioni da armi, tabacco e combustibili fossili, nel 2024 i fondi non in regola rappresentavano il 44% del campione mentre oggi la percentuale si è ridotta al 33 per cento. Si è assistito quindi a un importante progresso nelle esclusioni industry-based, anche se con un margine di miglioramento (del resto un fondo su tre in violazione non è comunque un buon segno).

Questo progresso è facilmente spiegabile grazie ai chiarimenti Esma di dicembre 2024, che specificano la definizione di armi controverse (ossia quelle previste per l’indicatore PAI 14, e cioè mine antiuomo, munizioni a grappolo, armi chimiche e armi biologiche) e i criteri di esclusione relativi ai Green bonds Eu.

Senza questi chiarimenti, e quindi se le armi nucleari fossero state incluse nella definizione di armi controverse, un ulteriore 8% dei fondi del campione analizzato non avrebbe superato l’esclusione.

Anche le ridenominazioni e i disinvestimenti hanno contribuito a migliorare i dati di conformità per le esclusioni relative agli asset.

FONDI MENO ALLINEATI SU VIOLAZIONI UNGC E OCSE

Se si includono le violazioni Ungc e Ocse, tuttavia, i risultati dell’indagine suggeriscono un peggioramento dell’allineamento del mercato.

Se nel 2024 il 55% dei fondi violava uno dei criteri di esclusione dei Pab (armi, tabacco, combustibili fossili o violazioni Ungc/Ocse), a maggio 2025 tale percentuale sale al 65% (si tratta di fondi che investono in un piccolo numero di grandi aziende che si trovano in violazione dei principi). Tutto ciò è probabilmente dovuto all’ambiguità normativa legata alla violazione di questi principi (dalla definizione, alla identificazione alle soluzioni per rimediare a tali violazioni) e alla diversa interpretazione da parte della autorità nazionali competenti a questi temi.

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Secondo le esperienze raccolte da Clarity Ai, molti operatori del mercato si affidano all’analisi delle notizie, delle sentenze dei tribunali e delle indagini delle autorità di regolamentazione per identificare le società in violazione dei principi Ungc o delle linee guida Ocse. Tuttavia gli esperti di Clarity Ai sollevano dei dubbi, ad esempio che cosa si intende per prove adeguate a sostegno di una violazione, oppure se esistono argomenti specifici che sono da intendersi meno gravi rispetto ad altri, o ancora per quanto tempo deve essere mantenuta aperta una violazione e qual è l’intervento minimo di risanamento sufficiente perché un’azienda venga considerata libera da qualsiasi illecito.

I dati di Clarity rilevano molti casi di violazioni negli ultimi 12 mesi, il che suggerisce che i gestori patrimoniali potrebbero averle scoperte solo di recente o potrebbero non esserne a conoscenza.

Dato che la normativa prevede una certa flessibilità in merito a tali violazioni, suggerendo che l’asset manager dovrebbe correggerle prima del periodo di rendicontazione successivo, si potrebbe osservare un miglioramento della conformità man mano che i diversi fondi raggiungono la scadenza per la rendicontazione.

In assenza di chiarezza normativa su come identificare le violazioni delle linee guida Ungc e Ocse, Clarity AI segue quanto suggerito dalla Platform on Sustainable Finance ed esamina le ammissioni di colpa o le condanne in tribunale, adottando un approccio conservativo all’identificazione di potenziali violazioni per garantire che il mercato non sia esposto a rischi normativi non necessari.

Secondo Clarity Ai «il modo più equo di identificare queste violazioni è quello in cui si riscontrano solide prove di colpevolezza (ad esempio, multe regolamentari, sentenze di tribunali, ammissione di colpevolezza). Le violazioni dovrebbero durare per un periodo di tempo minimo e poi, se si trovano prove di rimedio, scadere».

«L’Esma dovrebbe fornire maggiori indicazioni su come identificare e correggere le deviazioni temporanee per garantire un approccio coerente tra gli Stati membri – sostengono gli esperti di Clarity -. Riteniamo che un chiarimento per le violazioni Ungc/Ocse simile a quello già avvenuto lo scorso dicembre potrebbe avere un impatto significativo nel sostenere il settore verso un allineamento efficiente alle linee guida».

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Noemi Primini

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