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Da rifiuti a biofertilizzanti: la sfida di Landfeed


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progetto landfeed
Immagine di congerdesign da Pixabay

Una strategia nuova e modulata su cinque Paesi, per costruire un’agricoltura sostenibile in Europa: così il progetto Landfeed, finanziato da Horizon Europe, raccoglie la sfida di creare biofertilizzanti partendo da rifiuti agroalimentari, industriali e urbani. Alla Sicilia il compito di sviluppare il caso studio italiano, tra simbiosi industriale, tracciabilità digitale e soluzioni locali

È di certo una ricetta particolare, quella proposta dal progetto europeo Landfeed per la produzione di biofertilizzanti circolari e innovativi.

Gli ingredienti includono rifiuti urbani, sottoprodotti agricoli, forestali e industriali di diversa natura, e persino le ceneri vulcaniche dell’Etna, particolarmente ricche di minerali benefici per il suolo.

Si amalgama poi il tutto con le biotecnologie, facendo sempre attenzione a creare sinergia tra le imprese e gli enti di ricerca del territorio, e il gioco è fatto.

 

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La proposta si può dire che sia tanto semplice quanto ambiziosa: recuperare nutrienti da scarti eterogenei, spesso difficili da trattare, e restituirli al suolo sotto forma di biofertilizzanti. Concettualmente, un esempio concreto e classico di economia circolare al servizio di un’agricoltura fertile.

Ma la vera forza del progetto Landfeed risiede soprattutto nel portare questi circoli virtuosi su una scala più grande e ben connessa: il progetto europeo si articola su cinque casi studio tra Italia, Spagna, Francia, Grecia e Polonia, ciascuno cucito su misura attorno ai rifiuti organici tipici di quel territorio.

Nel nostro Paese, a dare vita a questo progetto è l’Università di Catania in collaborazione con Enea: insieme, i due enti di ricerca svilupperanno fertilizzanti innovativi a partire da una filiera di rifiuti mista, che coinvolge fanghi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue (industriali e non) e dagli allevamenti di pesci d’acqua dolce, residui provenienti dalla coltivazione di microalghe, digestato derivato dai rifiuti agricoli, sottoprodotti industriali della lavorazione delle arance e cenere vulcanica dell’Etna.

Coltivare fertilità e innovazione: il caso studio di Landfeed in Sicilia

In questo mosaico di soluzioni locali per costruire un’agricoltura sostenibile e resiliente a livello europeo, l’approccio pensato per lo sviluppo in Sicilia è forse quello più ambizioso, proprio in virtù dell’eterogeneità dei materiali che si intendono valorizzare.

Trasformare questa combinazione singolare di scarti organici così diversi tra loro in fertilizzanti biologici innovativi, d’altra parte, non è immediato.

I fanghi provenienti dalla depurazione delle acque reflue e dagli impianti ittici devono affrontare un passaggio di rimozione di contaminanti come metalli pesanti e microplastiche per raggiungere una buona compatibilità agronomica.

Anche il digestato agricolo, già ricco di azoto e potassio, ha bisogno di essere trattato per migliorarne l’efficienza di applicazione sul suolo. A questi residui si aggiungono poi i sottoprodotti industriali della lavorazione delle arance e la cenere vulcanica micronizzata, preziosi per arricchire la composizione e migliorare le prestazioni del fertilizzante finale.

La miscela di scarti verrà poi ottimizzata attraverso una serie di test che valutino l’effetto benefico sulla salute del suolo e sulla sicurezza d’uso rispetto ai fertilizzanti chimici classici: studi di laboratorio e su scala pilota si occuperanno di individuare combinazioni efficaci dei diversi rifiuti, di offrire soluzioni alla loro variabilità e di stabilire sistemi efficienti anche dal punto di vista dei costi del processo.

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La biotecnologia prevista nel progetto, però, intende esplorare anche lo sviluppo di rivestimenti innovativi, a base di chitosano e microalghe, pensati per rendere smart i fertilizzanti prodotti attraverso meccanismi di rilascio controllato dei nutrienti.

Tracciabilità e digitalizzazione per un’economia davvero circolare

La vera forza del progetto Landfeed sta appunto nel raccogliere sfide complesse con strategie altrettanto ben articolate. Una stratificazione delle soluzioni proposte che è vera non soltanto da un punto di vista geografico, e nemmeno esclusivamente – come abbiamo visto – nell’approccio tecnologico alla produzione.

Per realizzare un vero modello circolare e creare un mercato europeo di biofertilizzanti che riduca la dipendenza dalle importazioni, il progetto europeo (e così anche il suo sviluppo territoriale in Sicilia) intende ragionare su soluzioni sostenibili che coinvolgano ogni fase della filiera: dalla raccolta dei substrati alla distribuzione del fertilizzante finito.

È da leggere in questo senso l’obiettivo di sviluppare una piattaforma digitale per semplificare la simbiosi industriale nel tessuto economico della regione: uno strumento per mettere in contatto le imprese che producono scarti con chi può dar loro nuovo valore, rendendo più efficiente la gestione dei rifiuti e orientandola verso la produzione di fertilizzanti bio-based.

Senza tralasciare la tracciabilità delle soluzioni create: Enea e l’Università di Catania vogliono infatti lavorare insieme anche a un passaporto digitale per i prodotti messi a punto dal progetto Landfeed nella regione, affinché si possa garantire trasparenza e tracciabilità lungo tutta la filiera.

Un modello replicabile per la circolarità in Europa

Nel più ampio disegno europeo di Landfeed, il caso siciliano rappresenta così un esempio concreto e virtuoso di come si possano generare soluzioni sistemiche a partire da sottoprodotti considerati troppo spesso di scarso valore.

Non si tratta soltanto di ragionare su un nuovo strumento di gestione dei rifiuti o di migliorare un processo produttivo: quello che si vuole sviluppare in Sicilia è un’intera infrastruttura circolare replicabile, progettata su misura per valorizzare i sottoprodotti più caratteristici dell’economia della regione.

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E mentre proseguono le sperimentazioni sul campo, si potrebbe dire che un primo obiettivo questo progetto lo abbia già raggiunto, anche solo per il suo approccio metodologico.

Il modello proposto da Landfeed non soltanto traccia la strada verso un’agricoltura fertile più sostenibile e resiliente a livello europeo, ma suggerisce anche la via a nuovi territori e realtà che vogliano creare reti circolari di innovazione basate sulla valorizzazione delle proprie risorse locali.





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