Troppo spesso le aziende si avvicinano ai temi Esg (ambientali, sociali e di governance) con un approccio perdente. Considerano la sostenibilità come un dovere da adempiere, un costo da contenere, una voce di bilancio che non porta ritorni misurabili. Il risultato? Iniziative scollegate, interventi di facciata, certificazioni che restano sulla carta. Perché accade questo? Perché manca una visione strategica. Perché si guarda alla sostenibilità come a un vincolo esterno normativo e non come a una leva interna di trasformazione e crescita. Eppure, c’è un altro modo. Parlare di sostenibilità significa ripensare l’impresa nel suo insieme, puntando su innovazione, efficienza e uso responsabile delle risorse. È un approccio che riduce l’impatto ambientale e al contempo migliora i risultati economici. Solo integrando le dimensioni ambientale, economica e sociale la sostenibilità diventa parte della strategia aziendale e leva di competitività. È la via della sostenibilità integrale. Di qui “Road to Social Change”, il progetto formativo promosso da UniCredit attraverso la sua Banking Academy. Non un’iniziativa isolata, ma un percorso strutturato che connette le tre dimensioni – ambientale, sociale e di governance – e punta a collegare imprese, non profit, territorio e comunità. Attraverso una piattaforma di e-learning, talk ispirazionali, una linea editoriale di podcast realizzata con Will Chora Media e il coinvolgimento diretto delle imprese nelle filiere strategiche del Made in Italy – come arredo, design, moda, food, turismo e meccanica – il programma accompagna le aziende dalla consapevolezza all’azione: non si limita a spiegare “cosa” fare, ma insegna “come” farlo, grazie a partner tecnici e strumenti pratici di valutazione. Si terrà presto l’edizione 2025 di Road To Social Change che segue le precedenti 4 con cui UniCredit ha raggiunto oltre 31.500 professionisti, divulgando i propri contenuti offrendo un percorso gratuito di 40 ore e creando una community attiva di oltre 1.000 Social Change Manager.
Il lavoro sulla formazione serve a «far crescere le competenze delle professioniste e dei professionisti che lavorano nelle Pmi e nei territori in cui operiamo ed è parte integrante della nostra strategia sociale – spiega Eleonora Malavasi, head of Esg Italy UniCredit – per questo, attraverso la nostra Banking Academy mettiamo a disposizione programmi gratuiti come Road To Social Change, integrando la nostra offerta commerciale sui temi Esg».
Oltre ai temi legati ai contenuti di education proposti gratuitamente dalla Banking Academy, UniCredit offre infatti alle imprese – anche Pmi – strumenti di evoluzione del proprio business come la profilazione Esg, consulenza specialistica e accesso a un ecosistema di partner tecnici.
L’articolo trae spunto dal convegno “Road to Social Change: la sostenibilità integrale per la competitività delle Pmi”, svolto a Sps Parma, la fiera dell’automazione e del digitale per l’industria dove UniCredit ha descritto il suo approccio all’ESG basato su attività di education dei propri interlocutori a cui si affianca un modello di servizio dedicato. All’evento hanno partecipato, oltre alla citata Eleonora Malavasi, anche Silvia Bernardi responsabile area Corporate Key Clients di UniCredit Centro Nord (funzione dedicata al supporto ai grandi clienti Corporate che comprende le regioni Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche); Franco Mosconi, professore di Economia industriale all’Università di Parma; Augusto Bianchini, docente di Impianti Industriali all’Università di Bologna e Fondatore e Ceo dello spin-off Universitario Turtle.
La sostenibilità integrale come visione strategica e cultura d’impresa: una prospettiva che unisce economia, ambiente e società
L’obiettivo non è più semplicemente “essere sostenibili”, ma rendere sostenibile ogni dimensione dell’attività aziendale, in modo coerente, misurabile e, soprattutto, strategico. Per Eleonora Malavasi «parlare di sostenibilità significa affrontare un concetto ampio e concreto al tempo stesso. Si tratta di promuovere un’evoluzione complessiva dell’impresa, che includa l’innovazione tecnologica il miglioramento dei processi produttivi e l’efficientamento energetico. Tutti questi aspetti contribuiscono non solo alla riduzione dell’impatto ambientale, ma anche a una gestione più efficiente delle risorse, generando risparmi e ricadute positive sul bilancio aziendale. Mettiamo al centro la sostenibilità ambientale, certamente, ma il nostro approccio si fonda su un’integrazione piena e coerente tra le tre dimensioni fondamentali (economica, ambientale e sociale) senza mai dimenticare l’impatto che siamo chiamati a generare sulle comunità in cui operiamo. Solo così la sostenibilità può diventare un elemento strutturale della strategia d’impresa e una leva concreta di competitività dei territori e delle filiere produttive del nostro Paese».
Il valore della sostenibilità integrale sta nella sua capacità di generare competitività. Perciò Eleonora Malavasi afferma che «sostenibilità vuol dire cambiamento culturale, vuol dire approcciarsi con un mindset che vada a considerare i fattori ESG non come un costo o un obbligo normativo, ma come un’occasione di crescita, un’occasione di innovazione e un’occasione di competitività».
Come vedremo, anche ai fini della misurabilità delle azioni Esg, la sostenibilità integrale, quando entra nella dimensione operativa dell’azienda, non può prescindere dalla gestione del dato. Infine, emerge un elemento chiave della sostenibilità integrale: l’impatto positivo sull’ecosistema sociale. Le imprese non sono entità isolate, ma nodi attivi di una rete che include comunità, lavoratori, fornitori e istituzioni.
«Il territorio è tutt’altro che neutro nel determinare i successi delle imprese», ricorda Franco Mosconi, docente di Economia Industriale all’Università di Parma. «Se l’impresa opera in un territorio dove ci sono scuole, università, servizi, allora i suoi risultati rifletteranno – in senso positivo – quel contesto».
Road to Social Change: il progetto formativo di Unicredit che diffonde la cultura della sostenibilità integrale nei territori e nelle filiere strategiche del Made in Italy
Come spiega Silvia Bernardi «Road to Social Change è un percorso di formazione gratuita, che mira a creare la cultura della sostenibilità integrale nelle aziende, nelle istituzioni e nelle organizzazioni non profit, e vuole condividere con questi soggetti pratiche virtuose per operare insieme nei territori di riferimento e generare un impatto sociale positivo nelle comunità». La forza del progetto risiede nella sua connessione profonda con i territori, dove le imprese operano e si sviluppano. Un focus che parte dall’analisi delle reali esigenze produttive e che mira ad accompagnare le Pmi in un percorso concreto e personalizzato.
Si accennava alla piattaforma di e-learning, che rappresenta il cuore digitale del programma. È progettata per essere intuitiva, facilmente navigabile e fruibile in modo flessibile, in modo da adattarsi ai tempi e alle esigenze delle piccole e medie imprese. Attraverso moduli tematici aggiornati, materiali multimediali e contenuti tecnici, le aziende possono acquisire conoscenze approfondite sulle principali sfide della sostenibilità: dalla transizione energetica all’efficienza dei processi, dall’integrazione dei criteri Esg alla gestione dei rischi. La piattaforma consente anche un apprendimento personalizzato, che tiene conto dei settori produttivi, delle dimensioni aziendali e dei livelli di maturità in ambito sostenibile.
Accanto alla formazione digitale, il progetto prevede la citata serie di talk ispirazionali in presenza e in streaming, con l’intervento di esperti, docenti universitari, imprenditori e rappresentanti del mondo finanziario. Questi momenti pubblici non sono semplici convegni, ma veri e propri spazi di confronto, dove vengono raccontate esperienze aziendali reali, casi di successo, errori da evitare, soluzioni adottate nei diversi territori e settori. È proprio attraverso il racconto delle imprese che hanno già intrapreso percorsi di sostenibilità che le altre possono riconoscersi, ispirarsi e comprendere concretamente come procedere.
Partner del programma sono Aiccon, Istud, Cottino Social Impact, Fondazione Italiana Accenture, Will Chora media.
Il ruolo cruciale delle banche nel guidare la transizione sostenibile: l’approccio sistemico di Unicredit tra profilazione Esg, finanza green e supporto concreto alle Pmi
Nel percorso verso la sostenibilità integrale, le banche svolgono un ruolo essenziale nell’abilitare il cambiamento, andando al di là della condivisione di best practices e rendendo tangibili gli obiettivi Esg attraverso strumenti, consulenze e soluzioni finanziarie. Infatti, come si accennava, UniCredit – oltre a fornire competenze attraverso programmi come Road to Social Change – ha strutturato un modello d’intervento nei suoi processi di business dedicati alle imprese che punta a supportare – anche le più piccole – nella transizione ecologica e sociale. D’altra parte, per Eleonora Malavasi «l’obiettivo di UniCredit è quello di agevolare la creazione di una strategia di sostenibilità capace di adattarsi a un ambiente esterno che è in continuo cambiamento, così da rispondere alle richieste del regolatore tenendo conto delle reali esigenze dei nostri clienti».
Si accennava al primo strumento operativo, la profilazione Esg, pensata per aziende da 1 milione a 1 miliardo di fatturato. Attraverso un questionario sviluppato con Cerved Rating Agency, le imprese ricevono uno score Esg che non solo misura il loro stato attuale, ma orienta anche i passi successivi. «Da un punto di vista operativo la priorità da cui partire è la conoscenza del proprio profilo di sostenibilità, cioè comprendere in modo chiaro dove si colloca l’azienda rispetto ai criteri Esg, così da poter costruire piani di transizione coerenti e mirati. Ma è altrettanto importante mantenere un dialogo costante, efficace e concreto con tutti gli stakeholder chiave — come consumatori, fornitori e soprattutto i capifiliera — perché questi ultimi, secondo noi, hanno un ruolo centrale nel trasmettere all’intera catena di fornitura non solo i rischi legati alla mancata adozione di pratiche sostenibili, ma anche e soprattutto le opportunità che dall’adozione di pratiche sostenibili possono derivare» – afferma Eleonora Malavasi.
Per supportare questo percorso, UniCredit mette a disposizione la menzionata rete di specialisti Esg dislocati territorialmente, che lavorano a fianco della rete commerciale per fornire consulenza mirata. «In UniCredit abbiamo investito nella formazione di figure specializzate che si occupano quotidianamente di tematiche legate alla sostenibilità. Questi specialisti affiancano la rete commerciale nel rapporto con i clienti interessati a intraprendere un percorso Esg, offrendo supporto su più livelli: dalla compilazione dei questionari alla consulenza per la definizione del piano di sostenibilità, fino all’assistenza nella scelta delle soluzioni di finanza sostenibile» – continua Eleonora Malavasi.
Altro elemento distintivo è la costruzione di un ecosistema di partner creato per fornire alle aziende soluzioni pratiche affiancandole, ad esempio, nella progettazione di impianti fotovoltaici, nell’ottenimento di certificazioni, nell’efficientamento energetico, nella transizione 5.0 o nello sviluppo di piani di welfare aziendale.
Questa transizione verso la sostenibilità integrale non può avvenire solo attraverso tecnologie, strumenti finanziari o regolamenti. Serve un cambiamento culturale profondo, che coinvolga le persone nei loro ruoli di imprenditori, manager, lavoratori e cittadini. Per chiudere il cerchio, ecco perché la formazione – o meglio l’education erogata dalla Banking Academy – è una leva strategica imprescindibile, riconosciuta da UniCredit come parte integrante del proprio impegno Esg. Per Eleonora Malavasi, «la sostenibilità è un argomento molto vasto, in continua evoluzione. Dobbiamo necessariamente lavorare sulle competenze di manager, imprenditori e cittadini per rendere questo percorso efficace facilitando così il dialogo con la banca sulle soluzioni da mettere in campo».
Dalla misurazione all’azione: la sostenibilità come dato oggettivo e leva decisionale per la competitività d’impresa
Come si accennava, uno degli snodi centrali per rendere concreta la sostenibilità è la capacità di misurarla. Senza dati, infatti, le intenzioni rimangono astratte e le decisioni imprecise. È su questo principio che si basa l’approccio operativo illustrato da Augusto Bianchini, che come detto, è fondatore di Turtle, spin-off dell’Università di Bologna, che sviluppa strumenti per la raccolta e l’analisi dei dati Esg nelle imprese.
«La sostenibilità è prevalentemente un tema di dati. Senza i dati non facciamo niente. L’intenzione non basta più. L’intuito non è più sufficiente», afferma Bianchini, mettendo in luce la necessità di passare da una visione generica a un sistema gestionale preciso e misurabile. L’obiettivo è costruire un modello di sostenibilità che non sia scollegato dalla realtà economica: «La sostenibilità è business, non è altro. È l’unica opportunità che in Europa abbiamo di fare delle aziende competitive nel mondo».
L’approccio di Turtle parte da una raccolta puntuale dei dati ambientali, sociali ed economici, che viene restituita in forma visuale e operativa ai vari livelli aziendali, dagli amministratori delegati agli operatori di linea. «I dati rendono trasparenti le azioni, e questo rende il sistema assolutamente governabile», sottolinea Bianchini.
La misurazione Esg non è solo compliance, ma uno strumento strategico per ridurre sprechi, migliorare i margini, coinvolgere le persone e rafforzare la governance. In questo senso, è la base indispensabile per trasformare la sostenibilità in una leva concreta di competitività e innovazione.
Andimec e Formbags: due Pmi che dimostrano come la sostenibilità misurata generi competitività
Bianchini cita due casi in particolare. Andimec, azienda metalmeccanica di Ozzano (BO) con 50 dipendenti e 20 centri di lavoro, ha iniziato il percorso partendo da un dato chiave: la scarsa visibilità sulle performance operative. Grazie all’introduzione di dashboard intuitive (verde, giallo, rosso), anche gli operatori di linea sono stati coinvolti attivamente nella gestione sostenibile della produzione. Il risultato è stato straordinario: in soli tre mesi, l’Ebitda è passato dal 3% al 12%, segno che sostenibilità e redditività non solo possono coesistere, ma rafforzarsi a vicenda.
Il secondo caso è Formbags, azienda di Formigine (MO) che produce sacchetti di carta e conta circa 90 dipendenti. Anche qui, la raccolta dati ha rivelato un fatto sorprendente: il 43% dell’energia elettrica veniva consumato con le macchine ferme. Un’inefficienza invisibile, ma costosa. Intervenendo su processi e organizzazione, l’azienda ha ridotto gli sprechi e migliorato la produttività. Ma Turtle è andata oltre: ha misurato anche l’impatto sociale, analizzando le relazioni interne ed esterne, il turnover, il clima aziendale, la gestione dei fornitori e il legame con la comunità.
Intelligenza artificiale e sostenibilità integrale: accelerare la transizione attraverso i dati, la velocità e la fiducia
Nel nuovo paradigma della sostenibilità integrale, l’intelligenza artificiale si configura come un acceleratore fondamentale. La sua capacità di gestire grandi volumi di dati, ottimizzare processi e supportare decisioni in tempo reale la rende uno strumento strategico per imprese che vogliono integrare sostenibilità e competitività. Augusto Bianchini sottolinea come l’IA si inserisca naturalmente nella scia dell’Industria 4.0, potenziandone la velocità: «Da quello che vedo io nelle aziende non si distinguono più le piccole, le medie o le grandi, ma si distinguono quelle lente e quelle veloci».
L’IA permette di superare la gestione “a consuntivo” e abilitare una governance informata e predittiva, dove ogni attore aziendale – dai manager agli operai – può accedere a indicatori in tempo reale e agire di conseguenza.
Anche Franco Mosconi riconosce il potenziale trasformativo dell’IA, ma richiama la necessità di un progetto europeo condiviso, come suggerito dal fisico Giorgio Parisi: «abbiamo un’unica possibilità: creare un grande centro europeo sull’intelligenza artificiale, come è stato fatto per la fisica delle particelle con il Cern di Ginevra. Questo è ciò che ha detto Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica, in una recente intervista. L’Europa non può permettersi di rimanere indietro: non abbiamo anni di tempo, dobbiamo agire subito, perché la posta in gioco è enorme e riguarda la nostra capacità di guidare l’innovazione in modo autonomo, etico e strategico, soprattutto in ambiti ad alto impatto come la sostenibilità industriale».
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