Nel corso della sua relazione all’Assemblea annuale dell’Ance, svoltasi oggi a Roma, la presidente Federica Brancaccio ha richiamato con decisione la necessità di imprimere una svolta strutturale alle politiche per il settore delle costruzioni.
Un comparto che – è stato sottolineato – non deve più solo contare su interventi emergenziali, limitati nel tempo e nelle risorse, ma ha bisogno di una visione chiara, di medio e lungo periodo, capace di offrire prospettive stabili e concrete. Non servono soluzioni tampone della durata di uno o due anni, con coperture incerte e misure frammentarie: le imprese, per programmare investimenti e innovazione, hanno bisogno di un orizzonte certo, di strumenti flessibili e di risorse garantite.
Il Pnrr è stata una occasione importante in questo senso. E, come ha detto poi nel suo intervento l’ex Commissario europeo Paolo Gentiloni, lo sarà anche per i prossimi due anni, con oltre 150 miliardi ancora da mettere a terra. Ma la novità istituzionale di un Piano strutturale per il Paese e la complessa governance – fra obiettivi di intervento infrastrutturale, di innovazione gestionale e di riforma nei diversi settori – ne hanno reso difficile la tempestiva realizzazione. I dati del Governo parlano di un “realizzato” intorno al 30%. I dati Ance parlano di un 60% di “cantieri aperti in corso o conclusi”. Comunque sia, sarà difficile rispettare i tempi previsti con la conclusione nel 2026. E dall’Europa, anche secondo il Commissario Raffaele Fitto, può venire un po’ di flessibilità, tipo lo spostamento dei progetti “a rilento” verso i Fondi di coesione, ma certamente non una proroga.
E quindi di questa esperienza dobbiamo cogliere il dato positivo – la presenza di un Piano – ma anche fare tesoro degli errori e delle lentezze dimostrate dal paese che avrebbero richiesto una maggiore flessibilità nella gestione del Piano e tempi più lunghi per la realizzazione e la messa a punto della governance, sia nella parte pubblica che in quella privata, con meno burocrazia e più efficienza operativa. Superando lentezze, blocchi, frammentazioni di competenze e di regole e mancanza di reali, e responsabili, livelli unitari di coordinamento a livello centrale.
Altro punto cardine dell’intervento è stata la richiesta di un cambio di passo nel rapporto tra pubblico e privato. Per la presidente Brancaccio è tempo che istituzioni, pubbliche amministrazioni, imprese, sindacati e mondo produttivo lavorino fianco a fianco, superando contrapposizioni e visioni parziali, per perseguire un obiettivo comune di sviluppo, competitività e qualità. Solo così sarà possibile affrontare le sfide decisive della transizione ecologica, della rigenerazione urbana e dell’ammodernamento infrastrutturale del Paese.
Le imprese di costruzioni non partono da zero. E sia nei rapporti con la pubblica amministrazione (per esempio, il ministro Paolo Zangrillo ha portato un esempio di gestione positiva per un progetto di collaborazione avanzata fra Ministero e Ance), sia nei rapporti coi Sindacati (per la gestione dei temi della sicurezza nei cantieri, per la formazione e la Previdenza dei lavoratori, etc), ci sono tante esperienze da espandere e rafforzare. Non vanno abbandonate, e più che altro non vanno scambiate con progetti che non scaturiscono dalla cultura della concertazione fra le parti.
Infine, un richiamo forte è stato dedicato al tema dell’innovazione e della digitalizzazione delle imprese di costruzioni. L’evoluzione tecnologica – ha osservato la presidente Brancaccio – non può più riguardare soltanto la fase progettuale, ma deve estendersi alla gestione e al controllo dei cantieri, alla qualità esecutiva delle opere e alla loro manutenzione nel tempo. Un percorso necessario per garantire efficienza, sicurezza, sostenibilità e valore durevole agli investimenti pubblici e privati.
Le tecnologie oggi consentono un avanzamento competitivo di grande respiro. Anche in ambiti fino ad oggi poco considerati. Ovviamente accanto alle tecnologie c’è la centralità della risorsa umana. La persona è ancora centrale nella progettazione, nel lavoro e nei cantieri. Bisogna mettere i lavoratori in una situazione di dialogo aperto con le tecnologie e per questo occorre una formazione continua di tutta la filiera del lavoro, da quello più specializzato e di direzione a quello più operativo anche recuperando fasce di lavoratori più “fragili” come gli immigrati e i carcerati.
Per quanto riguarda i settori d’intervento, la presidente Brancaccio ha toccato due aree di interesse particolare: da una parte la rigenerazione urbana e la casa, dall’altra le opere per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Su questi punti, con il coordinamento di Francesco Rutelli, Ance organizzerà dal 7 al 9 ottobre 2025 al Maxxi di Roma la conferenza Città nel futuro 2030-2050.
Sul primo punto occorre che venga realizzata prima possibile la Legge sulla rigenerazione urbana, che è attualmente in discussione in Parlamento, e che venga dotata di fondi certi per i prossimi anni. Una rigenerazione che deve essere strutturale, innovando le città, e sociale ma anche ambientale con particolare riferimento ai temi dell’adattamento climatico e in particolare all’acqua. Ma che, insieme a quella, venga avviato un Piano per la casa in grado di rispondere alle diverse esigenze della popolazione in tema di casa. Dall’affitto alla proprietà, dalle case per studenti a quelle per i lavoratori specializzati, caratterizzati da un’alta mobilità sul territorio. Dalle fasce di medio reddito, dai single alle famiglie numerose e infine alle fasce deboli e fragili sul mercato della casa. I Comuni fanno molto su questo tema ma occorre un sistema nazionale in grado di fare da coordinamento e da supporto alle tante esperienze realizzate a livello locale. Anche per dare una omogeneità e una unitarietà nazionale alle politiche per la casa.
Sul secondo punto occorre far capire quanto prima al “Paese tutto” che l’avvio delle politiche di adattamento non può attendere altro tempo. Gli effetti del cambiamento climatico sono davanti ai nostri occhi. E i territori stanno soffrendo sempre di più per ondate di calore, siccità, incendi e alluvioni. Il tema acqua non può essere più l’ancella del finanziamento pubblico. E necessita, anche quello, di una pianificazione di medio lungo periodo immettendo nuove risorse finanziarie, nuova progettualità e lo sviluppo di tecnologie sia a livello di bacino che all’interno di singole città. E, ovviamente, una governance meno frammentata.
Insomma, le imprese del settore costruzioni non si pongono in una condizione di “attesa” degli eventi o, come forse era un tempo, neppure in una attesa subalterna di finanziamenti pubblici dalle istituzioni. Ma vogliono essere un soggetto “attivo” per il rilancio del Paese.
Le città sono il punto centrale di questo rilancio e, con buone leggi, con meno burocrazia e con una nuova pianificazione strutturale che guarda al lungo periodo, sono le sedi ottimali per sviluppare questo impegno e per accelerare l’innovazione tecnologica e della risorsa umana.
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