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Contenzioso Credito Di Imposta Ricerca E Sviluppo: Superati I Cinque Criteri Di Frascati – Studio Pizzano


La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, con la sentenza n. 1482 depositata il 16 giugno 2025, ha stabilito un principio interpretativo di fondamentale rilevanza per l’applicazione del credito d’imposta ricerca e sviluppo disciplinato dall’art. 3 del D.L. n. 145/2013. La decisione, che ha accolto integralmente l’appello del contribuente contro l’Agenzia delle Entrate, ha sancito l’irrilevanza dei cinque parametri del Manuale di Frascati versione 2015 per la valutazione dell’innovatività dei progetti realizzati negli anni 2015-2019, riconoscendo la sufficienza dell’innovazione “relativa” rispetto alle conoscenze e competenze dell’impresa richiedente. La pronuncia assume particolare significato poiché rappresenta la prima interpretazione giurisprudenziale delle linee guida MIMIT emanate nel luglio 2024, offrendo una lettura sistematica e cronologicamente coerente della normativa agevolativa che supera l’orientamento restrittivo consolidatosi nella prassi amministrativa.

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Il quadro fattuale e processuale della controversia

La vicenda trae origine dalla contestazione operata dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società operante nel settore dei trasporti che aveva fruito del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo realizzate negli anni 2015 e 2016. L’Amministrazione finanziaria aveva disconosciuto l’agevolazione sostenendo che i progetti presentati non possedevano caratteri di innovatività conforme ai criteri previsti dal Manuale di Frascati nella versione del 2015.

Secondo la ricostruzione dell’Agenzia delle Entrate, le attività svolte dalla contribuente non soddisfacevano congiuntamente i cinque parametri fondamentali identificati dal Manuale OCSE: novità (per il mercato), creatività, incertezza dei risultati, sistematicità e trasferibilità delle conoscenze acquisite. Tale valutazione aveva comportato il diniego del credito d’imposta con l’emissione del relativo avviso di accertamento.

La Commissione Tributaria Provinciale di primo grado aveva accolto le ragioni del contribuente, determinando l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso tale decisione. È in questo contesto che si inserisce la pronuncia della Corte di secondo grado, che ha confermato l’orientamento favorevole al contribuente fornendo un’argomentazione sistematica di notevole spessore tecnico-giuridico.

La ricostruzione normativa operata dalla Corte

Il sistema delle fonti e la questione temporale

La Corte lombarda ha operato una minuziosa ricostruzione del sistema delle fonti applicabili al credito d’imposta ricerca e sviluppo, evidenziando una questione fondamentale di carattere cronologico che era sfuggita alla prassi amministrativa. Il ragionamento dei giudici muove dall’analisi della normativa domestica di riferimento, in particolare del D.M. 28 marzo 2008 che aveva disciplinato la precedente versione del credito.

Tale decreto ministeriale conteneva un espresso richiamo alla Comunicazione della Commissione Europea 2006/C 323/01 del 30 dicembre 2006, concernente il “Quadro comunitario per gli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”. Questo riferimento normativo, secondo la Corte, assume carattere determinante poiché rappresenta l’unico collegamento esplicito tra la disciplina domestica e le fonti sovranazionali.

La rilevanza di tale richiamo emerge con particolare evidenza se si considera che la Comunicazione CE del 2006 era temporalmente coeva al Manuale di Frascati nella versione del 2002, e non a quella successiva del 2015. Come acutamente osservato dalla Corte, “ove mai il Manuale di Frascati dovesse ritenersi rilevante ai fini interpretativi, per mere questioni temporali potrebbe venire in rilievo esclusivamente il Manuale nella versione del 2002 coevo alla sopra citata Comunicazione CE 2006/C 323/01 e giammai il Manuale nella successiva versione del 2015”.

L’evoluzione della prassi amministrativa e i suoi riflessi interpretativi

La sentenza ricostruisce puntualmente l’evoluzione della prassi amministrativa, evidenziando come l’approccio dell’Agenzia delle Entrate sia mutato nel corso degli anni. Nelle prime applicazioni del credito d’imposta, l’Amministrazione aveva adottato un orientamento sostanzialmente favorevole, in linea con le indicazioni contenute nella circolare MISE n. 46586/2006 e nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 5 del 2016.

Successivamente, tuttavia, si era assistito a un progressivo irrigidimento della prassi, culminato nell’applicazione sistematica dei cinque criteri del Manuale di Frascati 2015, nonostante l’assenza di un formale recepimento di tali parametri nella normativa domestica. Questo orientamento restrittivo aveva comportato il diniego del credito d’imposta in numerosi casi, spesso fondato su valutazioni che privilegiavano la novità “assoluta” rispetto a quella “relativa” all’impresa.

La distinzione fondamentale: novità assoluta versus novità relativa

Il nucleo centrale dell’argomentazione della Corte risiede nella distinzione tra innovazione in senso “assoluto” e innovazione in senso “relativo”. Secondo i giudici lombardi, l’interpretazione restrittiva dell’innovatività in senso assoluto – intesa come novità per il mercato nel suo complesso – non risulta coerente con la disciplina domestica del credito d’imposta.

La normativa nazionale, infatti, include espressamente nella categoria dello “sviluppo sperimentale” il miglioramento di prodotti e processi esistenti, il che presuppone necessariamente un’innovazione relativa piuttosto che assoluta. Come evidenziato dalla Corte, “la nozione di ‘innovazione’ rilevante per il credito di imposta domestico deve essere intesa in senso relativo, come innovazione per l’impresa, e non in senso assoluto, come innovazione per il mercato”.

Questa distinzione assume particolare rilevanza operativa poiché consente di riconoscere l’agevolabilità anche a progetti che, pur non rappresentando rivoluzioni tecnologiche assolute, comportano significativi avanzamenti nelle conoscenze e competenze dell’impresa richiedente.

L’analisi delle fonti sovranazionali e la questione dei Manuali OCSE

Il Manuale di Frascati: dall’edizione 2002 all’edizione 2015

La Corte ha dedicato particolare attenzione all’evoluzione del Manuale di Frascati, evidenziando le sostanziali differenze tra la versione del 2002 e quella del 2015. Tale analisi riveste carattere decisivo per la risoluzione della controversia, poiché consente di individuare i parametri effettivamente applicabili alla fattispecie in esame.

Il Manuale di Frascati nella versione del 2002, temporalmente coevo alla Comunicazione CE 2006/C 323/01 richiamata dalla normativa domestica, conteneva una definizione di “novità” sostanzialmente diversa da quella successivamente introdotta nell’edizione 2015. Secondo la versione 2002, è sufficiente che “la soluzione ad un problema non è di pronta apparenza per qualcuno che ha familiarità con le conoscenze e le tecniche di base comuni per l’area interessata”.

La versione 2015, viceversa, ha introdotto i noti cinque criteri cumulativi che hanno caratterizzato la prassi restrittiva dell’Agenzia delle Entrate: novità, creatività, incertezza, sistematicità e trasferibilità. L’adozione di tali criteri da parte dell’Amministrazione, secondo la Corte, risultava tuttavia priva di fondamento normativo, trattandosi di parametri introdotti in un documento successivo rispetto ai riferimenti normativi esplicitamente richiamati dalla disciplina domestica.

La rilevanza interpretativa delle linee guida MIMIT 2024

Un aspetto di particolare interesse della sentenza risiede nel riconoscimento del valore interpretativo delle linee guida emanate dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy nel luglio 2024. Tali linee guida, secondo la Corte, rappresentano “la definitiva disamina degli aspetti interpretativi del credito R&S” e confermano l’orientamento favorevole all’innovazione relativa.

Le linee guida MIMIT hanno infatti chiarito che “nell’ambito della ricerca e sviluppo ex art. 3 del DL 145/2013 debbano rientrare anche le attività non necessariamente nuove in senso assoluto, bensì nuove per la singola impresa”. Questa precisazione assume carattere dirimente poiché fornisce una base interpretativa ufficiale per superare l’orientamento restrittivo precedentemente seguito dall’Agenzia delle Entrate.

La Corte ha sottolineato come tali linee guida si saldino con l’interpretazione estensiva originariamente adottata dall’Agenzia delle Entrate e dall’allora MISE nei primi anni di applicazione del beneficio, quando la valutazione dell’innovatività era condotta con maggiore flessibilità e aderenza al dato normativo.

I criteri di valutazione dell’innovatività secondo la sentenza

Il nuovo paradigma valutativo

La sentenza della Corte lombarda delinea un nuovo paradigma valutativo per l’accesso al credito d’imposta ricerca e sviluppo, fondato sulla considerazione dello “stato delle conoscenze scientifiche e tecnologiche disponibili e accessibili per l’impresa” piuttosto che sul livello di conoscenze presente in assoluto nel settore di riferimento.

Secondo questo approccio, l’agevolabilità di un progetto deve essere valutata tenendo conto del bagaglio conoscitivo e tecnologico effettivamente a disposizione dell’impresa al momento dell’avvio delle attività, indipendentemente dal fatto che analoghe soluzioni possano essere già note e applicate da altri operatori del mercato.

Tale impostazione comporta un significativo ampliamento dell’ambito applicativo del credito d’imposta, riconoscendo dignità di “ricerca e sviluppo” anche ad attività che, pur non rappresentando assolute novità di mercato, richiedono all’impresa uno sforzo innovativo apprezzabile rispetto alle proprie competenze consolidate.

L’elemento della “pronta apparenza” nella soluzione dei problemi

La Corte ha valorizzato il criterio della “pronta apparenza” contenuto nel Manuale di Frascati 2002, secondo cui un’attività presenta caratteri di innovatività quando “la soluzione ad un problema non è di pronta apparenza per qualcuno che ha familiarità con le conoscenze e le tecniche di base comuni per l’area interessata”.

Questo parametro, secondo l’interpretazione giurisprudenziale, consente di valutare l’innovatività in termini sostanziali piuttosto che formali, privilegiando la complessità tecnica del problema affrontato e lo sforzo cognitivo richiesto per la sua risoluzione rispetto alla mera originalità assoluta della soluzione individuata.

L’adozione di tale criterio comporta una valutazione necessariamente case-by-case, che tenga conto delle specificità tecniche del progetto e del background conoscitivo dell’impresa, abbandonando approcci standardizzati basati su check-list predefinite.

Le implicazioni sistematiche della decisione

Il superamento della prassi restrittiva dell’Agenzia delle Entrate

La sentenza della Corte lombarda ha censurato implicitamente la prassi restrittiva consolidatasi negli ultimi anni presso l’Agenzia delle Entrate, caratterizzata dall’applicazione meccanica dei cinque criteri del Manuale di Frascati 2015. Tale approccio, secondo i giudici, risultava non solo privo di fondamento normativo, ma anche sostanzialmente incoerente con la ratio dell’agevolazione.

Il credito d’imposta ricerca e sviluppo è finalizzato a incentivare l’innovazione d’impresa, promuovendo investimenti in attività che comportino un avanzamento delle conoscenze e competenze tecnologiche del soggetto beneficiario. Una interpretazione eccessivamente restrittiva, che privilegi la novità assoluta rispetto a quella relativa, finirebbe per vanificare tale obiettivo, escludendo dal beneficio attività caratterizzate da significativo contenuto innovativo per l’impresa.

La valorizzazione dell’innovazione incrementale

Un aspetto di particolare rilevanza della decisione risiede nel riconoscimento della dignità dell’innovazione incrementale, intesa come progressivo miglioramento di prodotti, processi o tecnologie esistenti. Tale forma di innovazione, pur non presentando caratteri di assoluta originalità, rappresenta spesso il motore principale dello sviluppo tecnologico delle imprese, particolarmente di quelle di dimensioni medio-piccole.

La sentenza ha chiarito che anche gli interventi di miglioramento e ottimizzazione possono configurare attività di ricerca e sviluppo agevolabili, purché comportino uno sforzo innovativo apprezzabile rispetto al bagaglio conoscitivo dell’impresa. Questa impostazione risulta coerente con la realtà operativa delle imprese, dove l’innovazione si manifesta spesso attraverso processi graduali e cumulativi piuttosto che salti tecnologici rivoluzionari.

Il ruolo delle linee guida ministeriali nell’interpretazione normativa

La sentenza ha attribuito particolare valore interpretativo alle linee guida MIMIT del luglio 2024, riconoscendone l’autorevolezza nella definizione dei criteri applicativi del credito d’imposta. Tale riconoscimento assume rilevanza sistematica poiché legittima il ruolo del Ministero competente nell’emanazione di atti interpretativi vincolanti per l’Amministrazione finanziaria.

Le linee guida ministeriali, secondo l’interpretazione giurisprudenziale, non si limitano a fornire chiarimenti operativi, ma definiscono i parametri sostanziali per la valutazione dell’innovatività, superando orientamenti amministrativi consolidati ma normativamente infondati.



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