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Credit management: AI e competenze per un modello ibrido


L’AI è al centro della trasformazione digitale della finanza, ma nel credit management la sua adozione procede ancora in modo graduale.

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Tra sperimentazioni e modelli consolidati, il sistema sta cercando un equilibrio tra efficienza algoritmica e supervisione umana. Ed è proprio in questa fase di transizione che si giocano oggi le sfide più complesse — e le opportunità più rilevanti — per il settore.

Adozione dell’intelligenza artificiale tra imprese e banche

Per questo, insieme a Ipsos, abbiamo voluto approfondire — con la prima indagine italiana dedicata al tema — a che punto sia realmente arrivata l’integrazione dell’AI nel credit management. Un’indagine che ci ha restituito un quadro realistico, fatto di forti spinte evolutive ma anche di comprensibili resistenze.

Il dato più evidente che emerge dalla ricerca è quello di un’adozione a doppia velocità. Se l’89% delle imprese dichiara di aver avviato sperimentazioni in ambito AI, nella maggior parte dei casi queste si concentrano ancora su ambiti come marketing o customer care.

Quando invece si entra nel cuore dei processi amministrativi e finanziari, la percentuale scende drasticamente: solo il 27% delle aziende utilizza oggi l’intelligenza artificiale per supportare le proprie attività di credit management, e appena il 16% ha sviluppato competenze interne per gestire direttamente questi strumenti.

Modelli sperimentali e prospettive della generative AI

Le banche, invece, viaggiano su un binario più avanzato: molti istituti hanno già integrato l’AI — soprattutto quella tradizionale basata su machine learning — nei sistemi di onboarding, prevenzione delle frodi, antiriciclaggio e valutazione del rischio.

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La Generative AI, ancora poco diffusa operativamente, resta oggetto di test e progetti pilota, ma il potenziale trasformativo è già evidente a tutti gli operatori.

L’equilibrio tra tecnologia e responsabilità umana

Quello che accomuna però banche e imprese è la consapevolezza di un punto fermo: l’intelligenza artificiale non può sostituire il giudizio umano, ma deve esserne un supporto. Per questo servono soluzioni che affianchino la tecnologia all’esperienza, perché la qualità delle decisioni resta sempre una responsabilità umana.

Proprio su questo punto emerge uno dei grandi potenziali dell’AI applicata al credito: la possibilità di raccogliere, integrare e analizzare in tempo reale enormi quantità di dati eterogenei — finanziari, macroeconomici, ESG, reputazionali — che oggi spesso sfuggono ai modelli tradizionali. Non si tratta solo di automatizzare, ma di spostare il paradigma: da valutazioni “a scadenza” a un monitoraggio continuo e proattivo, capace di cogliere segnali predittivi prima che diventino criticità.

Opportunità di democratizzazione del credito: sfide e criticità dell’AI nel credit management

Per il sistema nel suo complesso — banche, provider e imprese — si tratta di una grande opportunità per ripensare il credito in modo più dinamico, personalizzato e inclusivo. Anche per quelle PMI che storicamente hanno fatto più fatica ad accedere a forme strutturate di finanziamento.

Accanto alle opportunità, tuttavia, emergono anche alcune aree di attenzione, che la nostra indagine ha messo in evidenza. I timori principali restano legati all’opacità dei modelli (le cosiddette “black box), al rischio di errori di valutazione dovuti a dati incompleti o distorti, e al possibile insorgere di bias che possano sfavorire alcune categorie di imprese sulla base di fattori non strettamente economici.

È qui che diventa ancora più centrale il ruolo di provider solidi e trasparenti, in grado di garantire la qualità delle fonti informative, la compliance normativa e l’affidabilità dei modelli. L’affidabilità dei dati e la tracciabilità dei processi sono la base imprescindibile su cui costruire modelli predittivi robusti, capaci di offrire un vero supporto alle decisioni, senza rinunciare alla responsabilità umana.

Valutazione ESG e ampliamento del perimetro analitico

Un’altra differenza emersa chiaramente riguarda l’estensione del perimetro di analisi: le banche valutano sempre più spesso anche l’intera filiera di clienti e fornitori per mappare i rischi sistemici; le imprese, invece, tendono a limitarsi alla clientela diretta, spesso per mancanza di strumenti o risorse interne. E sul fronte ESG, solo una parte delle aziende integra questi parametri nei propri processi di valutazione, mentre per le banche sono già parte integrante delle policy creditizie.

Percezioni future e visione di sistema

Sul piano delle aspettative future, la fotografia è altrettanto sfaccettata. Circa la metà delle aziende intervistate ammette di non saper ancora valutare l’impatto dell’AI sul proprio accesso al credito; tra chi si esprime, prevale però un atteggiamento prudente: il 40% teme che l’automazione possa, nel tempo, restringere l’offerta di credito a causa di valutazioni più stringenti. Ma in questa fase storica si intravede comunque una finestra di opportunità: dati più completi e valutazioni più oggettive possono aiutare proprio quelle imprese oggi meno visibili nei radar tradizionali, offrendo loro l’opportunità di presentare profili finanziari più solidi e trasparenti.

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Formazione e competenze per l’uso consapevole dell’AI nel credit management

Infine, non possiamo non considerare il tema delle competenze. Il vero salto di qualità che ci aspetta nei prossimi anni sarà formativo prima ancora che tecnologico. Non solo per i data scientist, ma per tutte le figure coinvolte nei processi decisionali: credit manager, risk officer, analisti. Saper leggere e interpretare correttamente i risultati prodotti dagli algoritmi diventerà una competenza strategica irrinunciabile.

Verso un modello ibrido di credit management

Il futuro del credit management, dunque, non sarà un’alternativa secca tra intelligenza umana e intelligenza artificiale. Sarà — anzi già è — un futuro ibrido. Dove la capacità predittiva degli algoritmi incontra la sensibilità, l’esperienza e il discernimento umano. Dove la velocità di analisi si combina con la responsabilità decisionale. E dove l’obiettivo finale resta sempre lo stesso: mettere le imprese nelle condizioni di crescere, sostenere l’economia reale e generare sviluppo.

In questa prospettiva, il nostro ruolo come operatori del fintech è anche quello di accompagnare il sistema in questa transizione, promuovendo modelli responsabili, trasparenti e sempre più capaci di leggere il potenziale di ogni impresa, al di là dei numeri puri.



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