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L’IA cambia il lavoro, la chiave è nella formazione: il modello UK


Nel giugno 2025, il governo del Regno Unito ha annunciato una strategia nazionale per promuovere la diffusione delle competenze in intelligenza artificiale (IA) tra i lavoratori, con l’obiettivo di evitare l’esclusione dal mercato del lavoro dovuta alla rapida automazione.

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L’alfabetizzazione all’IA come risposta politica alla trasformazione del lavoro

Il piano, delineato dal Ministro per la Scienza, l’Innovazione e la Tecnologia Peter Kyle, prevede la formazione di oltre 7,5 milioni di cittadini entro il 2030, in collaborazione con aziende tecnologiche.

L’intelligenza artificiale sta rimodellando l’organizzazione del lavoro nei Paesi industrializzati. A differenza delle precedenti rivoluzioni tecnologiche, l’IA non si limita ad automatizzare processi manuali, ma interviene anche su attività cognitive e decisionali. In questo scenario, la formazione e la riqualificazione professionale diventano una priorità di politica pubblica. A tal proposito, il Governo guidato da Keir Starmer ha varato una strategia finalizzata prioritariamente alla formazione sull’IA come leva di resilienza.

Il ruolo del settore privato nell’alfabetizzazione all’intelligenza artificiale

Il piano annunciato da Peter Kyle si articola attorno a due assi fondamentali:

  • Formazione di base accessibile: corsi brevi, anche di sole 2,5 ore, che permettano ai lavoratori di comprendere ed applicare strumenti di IA generativa (chatbot, automazione documentale, supporti alla scrittura e analisi dati).
  • Coinvolgimento del settore privato: aziende come Google, Amazon e SAP si sono impegnate a formare milioni di cittadini, in alcuni casi direttamente nei luoghi di lavoro o in collaborazione con istituzioni locali.

Frattura digitale e rischio occupazionale nell’era dell’IA

Secondo i dati forniti dal governo, solo il 28% degli individui con più di 55 anni utilizza strumenti basati su IA sul posto di lavoro, contro oltre il 60% delle fasce più giovani. Il rischio è la creazione di una “nuova frattura digitale” in grado di penalizzare i lavoratori maturi ed in particolare quelli meno digitalizzati.

Altro aspetto fondamentale è dato dal processo di automazione che produrrà l’IA sulle attività lavorative e il conseguente rischio sul piano occupazionale. Alcuni recenti studi recenti dell’OCSE e del Fondo Monetario Internazionale stimano che il 60% delle occupazioni nei paesi ad alto reddito subirà impatti diretti come conseguenza dall’automazione IA, con una quota compresa tra il 30% e il 50% potenzialmente “a rischio di sostituzione parziale o totale”. In particolare, saranno le professioni amministrative, logistiche, contabili e parte delle funzioni legate al customer service a risultare particolarmente esposte.

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Sfide etiche e informative legate all’uso dell’intelligenza artificiale

Non sono da sottovalutare le implicazioni sul piano etico e del copyright. Se il cosiddetto “Data Protection and Digital Information Bill”, recentemente aggiornato, facilita l’uso dei dati per l’addestramento dei modelli di IA, al tempo stesso sono numerosi gli attori del settore creativo (scrittori, artisti, giornalisti) che esprimono timori legati all’uso non autorizzato delle loro opere.

Il governo ha annunciato l’intenzione di stabilire meccanismi di compensazione e tracciabilità delle fonti. È noto come i Large Language Models (LLM), pur mostrando notevoli capacità generative, sono soggetti a fenomeni di allucinazione semantica: possono generare informazioni non veritiere o non verificabili con elevata confidenza. In ambiti come la sanità, il diritto o l’istruzione, questo pone sfide critiche per l’affidabilità dell’informazione.

UK, un modello inclusivo di transizione all’IA

Ciononostante, il Tony Blair Institute for Global Change ha proposto l’adozione di sistemi basati su IA nei settori sanitari, educativi e amministrativi. Le stime iniziali indicano la possibilità di ridurre fino a 30.000 posizioni burocratiche nei prossimi 5 anni, liberando risorse per ruoli più creativi, relazionali e gestionali. La strategia del governo britannico rappresenta un caso di studio per analizzare come le democrazie avanzate possano affrontare la transizione all’IA in modo inclusivo. Tuttavia, l’alfabetizzazione tecnologica non è di per sé sufficiente: servono anche tutele contrattuali, aggiornamenti normativi e un’etica dell’uso dell’intelligenza artificiale che privilegi l’impatto umano rispetto alla sola efficienza.

La formazione continua come antidoto strutturale alla disuguaglianza digitale

Se il Regno Unito ha posto la prima pietra verso una strategia nazionale per l’alfabetizzazione all’IA, l’esito positivo di questa politica dipenderà dalla sua capacità di essere equa, capillare e sostenibile nel tempo. In un’epoca in cui la velocità dell’innovazione supera quella dell’adattamento sociale, la formazione continua rappresenta l’unico antidoto strutturale alla disuguaglianza digitale.

L’alfabetizzazione all’intelligenza artificiale come opportunità per l’Italia

Secondo uno studio condotto da Accenture, l’utilizzo diffuso dell’IA generativa potrebbe aggiungere circa 50 miliardi € di valore alle imprese italiane entro il 2030, con circa 300.000 nuovi posti di lavoro nei settori più innovativi. La ricerca condotta da Minsait-Ambrosetti evidenzia come le imprese italiane potrebbero generare fino a 115 miliardi € di produttività aggiuntiva.

Altre stime parlano di un +18 % di produttività e circa 5,4 miliardi di ore di lavoro liberate (equivalenti a 3,2 milioni di lavoratori) grazie all’IA generativa. Purtuttavia, anche in Italia si registreranno problematiche sul piano occupazionale in settori diversi: secondo una stima OCSE ammonterebbe ad oltre il 30% la percentuale degli impieghi a rischio alta automazione, tra cui quello manifatturiero, amministrativo e creativo. Anche il settore bancario e quello finanziario subirebbero impatti diversi nell’adozione dell’IA: una sostanziale riduzione di personale in alcuni ruoli tradizionali (es. promotori finanziari), ma un notevole incremento sul piano dell’innovazione (attivazione di robo‑advisor, ottimizzazione della gestione del rischio). Va evidenziato, tuttavia, che l’avvento dell’IA, in particolare nel nostro Paese, consentirebbe l’incremento della richiesta di alte specializzazioni, ovvero una sostanziale impennata della domanda di competenze ad alto valore (settore digitale, AI, gestione etica, lavoro di squadra), mentre produrrebbe una diminuzione di quelle relative a mansioni routinarie. Anche in Italia, sul piano del gap formativo si rileva una sostanziale impreparazione sulle potenzialità dell’intelligenza artificiale: solo l’8 % delle imprese usano l’IA e meno del 46 % della popolazione italiana ha competenze digitali di base (target UE 80 %).

Il ruolo dello stato nella formazione all’intelligenza artificiale

L’IA per l’Italia può rappresentare uno straordinario volano per l’innalzamento del PIL e per la crescita del benessere sociale e della crescita del cosiddetto “sistema Paese”. La positività di tale evoluzione non può, tuttavia, prescindere dall’attuazione di un processo di riqualificazione necessaria del personale operante sia nelle aziende che nella PA.

L’attuale consistente domanda di competenze digitali e trasversali, lo sta già confermando. La formazione sull’IA rappresenta quindi un passaggio obbligato ed indilazionabile, se si intende affrontare quella che rappresenta l’attuale e più importante sfida del terzo millennio.

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Se ammontano a circa 6 milioni i posti di lavoro che rischiano di essere persi nel nostro Paese, tale rischio può essere efficacemente fronteggiato mediante un processo strutturato di riconversione professionale, che può rappresentare una nuova opportunità per le classi lavoratrici coinvolte. Il ruolo dello Stato, in questo scenario, assume una rilevanza cruciale, sia per la gestione dei fondi di investimento nell’IA, che nella formazione, nella parte normativa e nel supporto infrastrutturale.

Riferimenti

1. OCSE (2024), Artificial Intelligence and the Future of Work

2. FMI (2025), Disruptive Technologies and Labor Transitions

3. UK Department for Science, Innovation and Technology (2025), AI Skills Training Plan

4. The Guardian (14 Giugno 2025), Workers must embrace AI or risk being left behind, minister says



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