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Un “buon” protezionismo europeo e continuità degli incentivi, Rosa (Ucimu): “Così si tutela il Made in Italy delle macchine utensili”


Garantire la continuità degli incentivi e tutelare i produttori di macchine europei attraverso misure “protezionistiche” che impediscano che fondi dell’UE vadano ad incentivare prodotti extra-UE: sono queste due delle proposte avanzate da Ucimu-sistemi per produrre, per tutelare la sovranità e la competitività del settore del machinery.

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Settore che si trova oggi ad affrontare un periodo di forte incertezza, sia per la prossima scadenza delle agevolazioni dei piani Transizione 4.0 e Transizione 5.0 che per gli effetti (ancora non del tutto chiari) dei dazi americani sul mercato.

Di questo ha parlato Riccardo Rosa, Presidente di Ucimu-Sistemi per Produrre, nel suo intervento in occasione del Made in Italy Innovation Forum 2025.


Macchine utensili, il successo delle politiche di transizione e l’ombra dell’incertezza

Gli ultimi anni hanno dimostrato il valore delle politiche di incentivazione all’innovazione, soprattutto dal punto di vista del rinnovamento del parco macchine italiano.

“Le misure di Transizione 4.0, focalizzate su digitalizzazione, interconnessione e gestione remota dei dati, così come Transizione 5.0, che ha aggiunto la componente green con risparmio energetico e di materiali, hanno prodotto risultati fantastici e inaspettati”, commenta Rosa.

Le aziende rappresentate da Ucimu-Sistemi per produrre si sono infatti adoperate per modernizzare i propri impianti. Hanno adeguato la meccanica alle tecnologie digitali, integrando controlli numerici, sistemi di gestione da remoto, e funzionalità avanzate per la manutenzione e la raccolta dati.

 

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Questi sviluppi sono stati possibili grazie a una stretta collaborazione con progetti universitari, diverse associazioni di categoria – anche quelle che operano in settori complementari alla macchina utensile – fornitori e Academy a tutti i livelli, che hanno permesso di sviluppare progetti per applicare al meglio i requisiti digitali.

Questa spinta rischia però di esaurirsi in un contesto dove invece è ancora forte la necessità di ammodernamento. Basti ricordare che dopo l’indagine di Ucimu sull’età del parco macchine italiano del 2014, che aveva fatto scattare l’allarme sulla necessità di stimolare gli investimenti delle aziende, l’ultima rilevazione ha evidenziato una maggiore automazione pur confermando l’invecchiamento del parco macchine. Da un’età media di quasi 13 anni registrata nel censimento del 2014, l’indagine del 2019 aveva infatti evidenziato un’età media di 14 anni e 5 mesi.

Il comparto esprime quindi una forte preoccupazione per la prossima scadenza dei fondi, in particolare del Piano Transizione 5.0, la cui dotazione di 6,2 miliardi di euro (che si traducono in circa 15 miliardi di fatturato per il settore) non è stata ancora pienamente sfruttata a causa di un inizio complesso.

“L’esperienza recente, con il temporaneo esaurimento dei fondi per Transizione 4.0 e il conseguente stallo del mercato, dimostra come l’incertezza e la mancanza di continuità degli incentivi possano bloccare decisioni fondamentali per gli investimenti e lo sviluppo“, sottolinea Rosa.

L’incertezza dei dazi e il danno collaterale sul mercato del machinery

Un’incertezza che pesa ancora di più visto le dinamiche del mercato globale e le trasformazioni in atto che pongono ulteriori sfide per i costruttori di macchine utensili.

Per il machinery italiano l’America costituisce il principale mercato di esportazione, con un volume di 600 milioni di euro nell’ultimo anno solo per la macchina utensile.

“Nonostante l’aliquota dei dazi, oggi al 10%, il cliente americano si trova quasi obbligato a importare macchinari, data la scarsa produzione interna che soddisfi il suo fabbisogno. Le alternative si riducono all’Europa o all’Asia. Paradossalmente, il fatto che il dazio di provenienza asiatica sia più alto di quello europeo ci sta quasi dando un vantaggio”, spiega Rosa.

Il vero problema, quindi, non risiede tanto nel minor export di macchinari, quanto nel danno indiretto provocato dai dazi. Molti clienti europei dei costruttori di macchinari sono aziende manifatturiere che a loro volta esportano componenti meccaniche verso il Nord America e subiscono questi dazi, con la conseguenza che le loro esportazioni diminuiscono. Di riflesso si riducono anche gli ordini di macchinari fatti da queste aziende europee.

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Ma l’aspetto più critico è l’incertezza sull’aliquota finale dei dazi che paralizza le decisioni e le consegne, con gli industriali che attendono chiarezza prima di procedere con gli acquisti.

La transizione all’elettrificazione e il suo impatto sul settore del machinery

Ancora più significativa per il settore è la sfida della transizione all’elettrificazione del comparto automotive che, precisa Rosa, “sta danneggiando il settore ancora più dei dazi”.

Un impatto che deriva sia dal peso dell’automotive per il settore, un cliente storico e fondamentale per i produttori di macchine utensili, sia per la portata del cambiamento, che impone una riconfigurazione profonda delle linee produttive e delle tecnologie richieste.

Le macchine tradizionalmente utilizzate per la produzione di motori a combustione interna, trasmissioni e altri componenti meccanici specifici per il termico, devono ora essere riadattate o sostituite per supportare la fabbricazione di veicoli elettrici, batterie e sistemi propulsivi differenti.

“Questa trasformazione implica non solo ingenti investimenti in ricerca e sviluppo per i costruttori di machinery, ma anche un periodo di transizione durante il quale la domanda di alcune tipologie di macchinari può diminuire drasticamente prima che quella per le nuove tecnologie si stabilizzi”, spiega.

La portata di questa conversione è tale da incidere profondamente sull’intero ecosistema della produzione, generando incertezze e potenziali cali di fatturato che, secondo Rosa, superano per entità e complessità quelli derivanti direttamente dalle barriere tariffarie.

Continuità degli incentivi e il buon “protezionismo europeo”: le proposte di Ucimu per tutelare il settore

“L’innovazione resta la via principale per rispondere a queste sfide”, sottolinea Rosa.

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Per questo, Ucimu ritiene fondamentale garantire la continuità degli incentivi, in particolare quelli legati a Transizione 5.0.

Il successo finora ottenuto da queste misure dimostra la loro efficacia nel trainare gli investimenti e il rinnovamento del parco macchine. Basti pensare che nel primo trimestre del 2025 il mercato italiano delle macchine utensili ha registrato un balzo del +71% trainato, secondo Rosa, proprio da Transizione 5.0.

È per questo che il settore chiede con forza di estendere i fondi del Piano Transizione 5.0 oltre la scadenza del 31 dicembre 2025, estensione che consentirebbe di non perdere le risorse e salvaguardare il loro potenziale impatto.

“È essenziale che il governo garantisca una programmazione a lungo termine e una chiara disponibilità dei fondi, permettendo alle imprese di pianificare con fiducia i propri investimenti in innovazione e digitalizzazione”, aggiunge Rosa.

Sul fronte europeo, il presidente di Ucimu – Sistemi per Produrre evidenzia la necessità di un “protezionismo mirato”.

Nello specifico, l’idea è che i fondi dell’Unione Europea, come quelli del PNRR, arrivino sì agli utilizzatori, ma solo a condizione che acquistino macchinari dai produttori europei di beni strumentali.

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La logica è la stessa che, per esempio, nel piano Transizione 5.0 è stata applicata ai pannelli solari, per i quali è stata inserita la clausala che impone che si tratti di prodotti made in EU, mentre lo stesso non è stato previsto per i beni trainanti. In questo modo, spiega Rosa, si eviterebbe che fondi europei vengano impiegati per l’acquisto di prodotti extra-europei, spesso asiatici, mettendo in difficoltà i produttori nazionali.



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