Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

La stoccata di Gozzi (Federacciai): “L’Europa è prigioniera dell’ideologia, ma l’Italia può farcela puntando su diversificazione, cultura del lavoro e velocità”


Un’analisi spietata, lontana da ogni retorica di circostanza, che non fa sconti a un’Europa “prigioniera dell’ideologia” e afflitta dal “complesso dei primi della classe”. Ma anche un potente richiamo all’orgoglio e alla consapevolezza della propria forza, per un’Italia che ha le carte in regola per giocare da protagonista la partita della competitività globale. L’intervento di Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, ospite dell’assemblea di Ucimu – Sistemi per Produrre, è un vero e proprio manifesto politico. Un discorso che ha scosso e coinvolto la platea, invitando a distinguere tra problemi congiunturali e strutturali e a riconoscere la forza del sistema manifatturiero italiano per “evitare di cadere nella lagna sterile”. Perché, ha ammonito Gozzi, l’industria oggi si trova su un fronte di guerra quotidiano e “se vai in guerra pessimista sei già morto”.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

La diagnosi del Mal d’Europa che fa Gozzi è severa, ma la prognosi per l’Italia è tutt’altro che infausta, a patto di riconoscere e difendere i propri talenti unici: una straordinaria diversificazione produttiva, una cultura del lavoro ancora viva e una velocità decisionale che è diventata la vera chiave del successo in un mondo turbolento.

“L’Europa? È prigioniera del complesso del primo della classe”

La performance europea degli ultimi vent’anni? “Uno vero schifo, perché bisogna definire le cose col loro nome”. Antonio Gozzi non usa mezzi termini per descrivere la traiettoria di un continente che, a suo dire, ha sprecato un’occasione storica. A fronte di un contesto potenzialmente favorevole, con un mercato tra i più ricchi al mondo e tassi di interesse che avrebbero permesso investimenti quasi a costo zero, l’Europa ha perso terreno in modo drammatico. “Vent’anni fa avevamo lo stesso PIL degli Stati Uniti, oggi abbiamo perso almeno un terzo del suo valore”, ha ricordato Gozzi. Il reddito pro capite arranca al 60% di quello americano, non c’è una sola impresa europea nella top ten mondiale e il continente è assente dai settori di punta, dall’intelligenza artificiale alle biotecnologie, fino allo spazio.

La radice del problema, secondo il presidente di Federacciai, è una “distorsione cognitiva”, un “complesso del primo della classe” che porta l’Europa a sentirsi in dovere di indicare la via al resto del mondo, convinta che tutti la seguiranno. “In famiglia da me si dice che la presunzione è sempre un peccato, ma nel business è un peccato mortale, perché i presuntuosi falliscono”, sottolinea.

Questa presunzione si è tradotta in politiche ideologiche, intrise di un estremismo ambientalista che nutre una profonda diffidenza verso l’industria. Il risultato è la difficoltà culturale e politica a riconoscere gli errori del passato, senza la quale è impossibile cambiare rotta. Invece di cercare vere soluzioni si preferisce “comprare tempo”, come nel caso delle multe al settore automobilistico, semplicemente posticipate, o si persevera in un approccio che finisce per danneggiare la stessa industria che si dovrebbe sostenere…

Le politiche autolesioniste: dall’auto all’acciaio

Gli esempi di queste politiche paradossali e autolesioniste, ha spiegato Gozzi, sono numerosi. Nel settore dell’auto si è arrivati all’assurdo per cui le case automobilistiche europee, per pagare meno multe sulle emissioni, comprano quote di CO2 da concorrenti come Tesla e Byd, di fatto finanziando con soldi europei competitor americani e cinesi. “La partita dell’automobile è stata persa”, ha sentenziato Gozzi, evidenziando come le auto cinesi siano tecnologicamente avanzate e costino il 30% in meno, un gap difficilmente recuperabile. Una linea di elettrificazione forzata varata senza alcuna analisi di impatto sull’indotto, che nel caso del motore elettrico è dieci volte inferiore a quello endotermico.

Opportunità uniche acquisto in asta

 ribassi fino al 70%

 

La stessa rigidità si ritrova nel piano Transizione 5.0, che a causa delle sue scadenze stringenti finirà per favorire l’acquisto di macchine standard, non customizzate, come quelle proposte sul nostro mercato dai costruttori cinesi. Un provvedimento che, inoltre, esclude i settori cosiddetti “hard to abate”, come la siderurgia, la chimica o la carta.

Proprio sull’acciaio, Gozzi ha sferrato uno degli attacchi più duri. L’Europa, con la progressiva eliminazione delle quote gratuite di CO2, sta di fatto decretando la chiusura degli altoforni, indispensabili per produrre l’acciaio per le carrozzerie delle auto. La riconversione all’idrogeno? “Una gigantesca e clamorosa balla”, per i costi insostenibili e l’inefficienza del processo. La visione di fondo è quella, surreale, espressa da un alto consigliere economico della Commissione, che a Gozzi ha candidamente risposto: “Che problema c’è? Se dobbiamo andare a comprare l’acciaio in Indonesia, lo pagheremo la metà”. Un aneddoto che rivela la distanza siderale – a giudizio di Gozzi – tra i palazzi di Bruxelles e la realtà produttiva. “Come si fa a lanciare una politica di difesa e di sicurezza strategica e non produrre più acciaio?”, si è chiesto polemicamente Gozzi.

I tre pilastri per la riscossa italiana

L’Italia però può farcela, come sempre e nonostante tutto. Per Gozzi, il sistema industriale nazionale possiede caratteristiche uniche che, se valorizzate, possono garantire un futuro al Paese.

Il primo pilastro è l’estrema diversificazione produttiva. Dalla meccanica alla farmaceutica, dall’alimentare al sistema moda, il “Made in Italy” poggia su una base industriale ampia e solida, fonte di un vantaggio competitivo che ha permesso al paese di raggiungere un record di esportazioni anche in assenza di svalutazioni monetarie.

Il secondo punto di forza è la cultura del lavoro. “In un Occidente stanco di industria, noi non siamo stanchi d’industria”, ha affermato Gozzi. Nei distretti industriali che tengono in piedi il paese la fabbrica è ancora un luogo di inclusione sociale, non solo una fonte di reddito. Una vitalità che stupisce gli osservatori stranieri e che rappresenta un patrimonio inestimabile, soprattutto a fronte delle difficoltà di reperimento di manodopera qualificata che affliggono altre economie avanzate, come quella statunitense.

Il terzo pilastro? La velocità decisionale. Quello che per anni è stato definito con sufficienza “nanismo industriale”, secondo Gozzi è in realtà un fattore strategico. “Si critica tanto la scarsa produttività del sistema industriale italiano, ma in realtà la produttività delle imprese industriali italiane dai 10 ai 250 addetti è la più alta d’Europa. Battiamo tutti”. Il motivo risiede proprio nella struttura basata su piccole e medie imprese a conduzione familiare, che garantisce una capacità di adattamento e una flessibilità che i rigidi colossi tedeschi non possiedono. “In un mondo turbolento, le capacità adattive e flessibili sono la chiave del successo”.

Dazi, green steel e 5.0: le partite da giocare con pragmatismo

Su queste basi, l’Italia può affrontare le sfide del presente con pragmatismo e senza timori reverenziali.

Sui dazi minacciati da Trump, l’invito di Gozzi è a “mantenere i nervi saldi”. Gli americani, ha spiegato, hanno bisogno delle macchine e della tecnologia italiana, e il vero problema non sono tanto le barriere esterne quanto quelle che l’Europa si impone da sola.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Sul fronte del “Green Steel”, l’Italia è in “pole position”, essendo il paese più decarbonizzato al mondo grazie alla sua elettrosiderurgia. Un vantaggio competitivo da sfruttare, perché anche se i clienti non sono disposti a pagare un sovrapprezzo, a parità di costo preferiranno sempre il prodotto più sostenibile. E poi “Se riuscissimo a comprare un po’ di energia elettrica per gli energivori proveniente da fonte nucleare, noi, che siamo già a posto sullo Scope 1, saremmo a posto anche sullo Scope 2, cioè sulle emissioni indirette derivanti dall’energia che compriamo”, dice Gozzi. “E potremmo essere il primo paese al mondo a poter dire che il nostro acciaio è completamente decarbonizzato”.

Infine, sulla Transizione 5.0, la battaglia è per ottenere un allungamento dei termini e per ritornare alla semplicità del modello 4.0, una misura “fantastica” che aveva funzionato egregiamente. Si tratta di lottare contro gli “appesantimenti burocratici europei” e di mettere a sistema i fondi, anche quelli per la difesa, per proseguire sulla strada dell’innovazione.

L’appello finale di Gozzi è a non mollare e a proteggere i “gioielli dell’industria italiana” come si fa con le specie protette, perché sono loro il vero motore del paese e la migliore garanzia per il suo futuro.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Aste immobiliari

 il tuo prossimo grande affare ti aspetta!