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La Blue Economy vale oltre 200 miliardi – Foto 1 di 6


Con 232.841 imprese e 1.089.710 di occupati, l’Economia del mare in Italia genera un valore aggiunto diretto pari a 76,6 miliardi di euro, che, se consideriamo il valore attivato nel resto dell’economia, raggiunge i 216,7 miliardi di euro, pari all’11,3% del PIL nazionale.

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Un settore in netta crescita in ogni suo aspetto. Cresce il valore aggiunto diretto con un +15,9%, pari a più due volte la crescita media italiana ferma al 6,6%. Cresce il peso dell’economia del mare sul valore aggiunto complessivo di più di 1 punto percentuale rispetto a quanto rilevato dal XII Rapporto del 2024.

Il moltiplicatore di quest’anno resta stabile a 1,8. Ossia per ogni euro speso nei settori direttamente afferenti alla filiera mare se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia.

Crescono gli addetti, con un aumento occupazionale del +7,7%, più di quattro volte quello registrato nel Paese (+1,9%).
Nel biennio 2022-2024 cresce il numero delle imprese, con un +2% in controtendenza con l’economia nazionale che si attesta su un -2,4%.

È quanto emerge dal XIII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare a cura di Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare, Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network, presentato il 9 Luglio pomeriggio a Roma presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in apertura del 4° Summit Nazionale sull’Economia del mare Blue Forum.

«Il Rapporto che oggi viene presentato contiene elementi estremamente significati sulle reali potenzialità del nostro Paese per sviluppare una vera, significativa e trainante economia del mare che rappresenta uno dei principali comparti su cui si può appoggiare il nostro sistema Paese», ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

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Come ogni anno, la nuova edizione del Rapporto, punto di riferimento nazionale ed europeo nella definizione del valore della Blue Economy italiana, ha messo sotto la lente di ingrandimento i diversi settori che compongono la forza produttiva “blu”: le filiere dell’ittica e della cantieristica, i servizi di alloggio e ristorazione, le attività sportive e ricreative, l’industria delle estrazioni marine, la movimentazione di merci e passeggeri, la ricerca, regolamentazione e tutela ambiente.

All’evento di presentazione, aperto dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, sono intervenuti: il Presidente di Unioncamere Andrea Prete, il Presidente di Assonautica Italiana, Si.Camera e Camera di Commercio Frosinone Latina Giovanni Acampora, il Direttore Generale del Centro Studi Tagliacarne Gaetano Fausto Esposito e il Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare OsserMare Antonello Testa.

A impreziosire i lavori una tavola rotonda moderata da Roberta Busatto con: Francesca Biondo – Presidente Osservatorio della Pesca, Francesco di Cesare – Presidente Risposte Turismo, Cetti Lauteta – Partner di The European House Ambrosetti, Alessandro Panaro – Head Maritime & Energy SRM e Luciano Serra – Presidente Centro Studi sulla portualità turistica di Assonat.

A chiudere il confronto la senatrice Simona Petrucci, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare per l’Economia del mare.
I lavori del Blue Forum 2025 proseguiranno il 10 e 11 luglio presso Unioncamere.

«La blue economy si caratterizza non solo per il contributo crescente allo sviluppo dell’intera economia nazionale, ma anche per la vivacità imprenditoriale. Tra il 2022 e il 2024 le imprese sono cresciute del 2% a fronte di una contrazione della base complessiva del 2,4%. È anche una economia più inclusiva dal punto di vista territoriale, perché in termini di valore aggiunto complessivo (diretto e indiretto) incide nel Mezzogiorno per il 15,5% sul totale dell’economia a fronte di un dato medio italiano dell’11,3%, malgrado al Sud ci sia una minore capacità di attivare gli altri settori della filiera rispetto al resto del Paese. A fronte di questi risultati si confermano le difficoltà nel reperimento della forza lavoro rispetto alle altre imprese, in particolare per le competenze di tipo tecnico e per quelle trasversali». Lo ha sottolineato Andrea Prete, Presidente di Unioncamere.
«Il nostro Rapporto nazionale – ha dichiarato Giovanni Acampora, Presidente Assonautica Italiana, Si.Camera e Camera di Commercio Frosinone Latina – è diventato il documento di riferimento del sistema mare italiano, perché offre un’analisi puntuale del valore e del peso dell’Economia blu del nostro Paese, che mettiamo a disposizione di tutti: operatori del settore, Istituzioni, associazioni, imprese e dell’intero cluster del mare. Si tratta di un elemento imprescindibile per dare la giusta importanza alla Blue Economy italiana e affermare la sua leadership nel contesto euro-mediterraneo, in linea con il lavoro che stiamo portando avanti per il nuovo Piano del mare 2026 -2028».

«I dati indicano che è stato raggiunto il picco più alto dell’economia del mare a partire dal 2019. Anche il contributo della blue economy alla crescita del complesso dei beni e servizi prodotti in Italia è crescente nel tempo perché è passato dal 5,8% del 2021 all’attuale 9,5%». È quanto ha sottolineato Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, che aggiunge «tuttavia occorre considerare il forte clima di incertezza che caratterizza l’economia: se ci fosse un ulteriore aumento di circa il 30% dell’incertezza sperimentata fino ad ora ciò si potrebbe tradurre in una perdita per la blue economy di 1,2 miliardi quasi completamente concentrata nel turismo e nella logistica».

Secondo Antonello Testa, Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare OsserMare: «L’Economia del mare italiana conferma il suo trend di crescita superando i 216 miliardi di euro di valore aggiunto pari al 11,3% del PIL. I dati confermano la leadership dell’Italia in Europa, a differenza di quanto registrato dal EU Blue Economy Report 2025 che ci colloca al 4° posto come valore aggiunto dopo Germania, Spagna e Francia guardando a un perimetro diverso dal nostro».

Il rapporto in pillole
Ecco i dati del “XIII Rapporto Economia del Mare 2025, a cura di Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne – Unioncamere – OsserMare”: le imprese giovanili in Italia sono pari al 8,9% dell’economia blu, le imprese femminili al 22,6% e le imprese straniere al 7,7%.

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La top 5 per incidenza del valore aggiunto dell’Economia del mare sul totale dell’economia territoriale, a livello regionale, vede spiccare Liguria (13,8%), Sardegna (8,8%), Friuli-Venezia Giulia (8,4%). Lazio (6,7%) e la Campania (6,6%). A livello provinciale: Trieste (25,4%), Livorno (18,7%), La Spezia (17,4%), Venezia (15,4%), Rimini (14,7%). Il Sud Italia consolida il suo primato di area a maggiore produzione di valore aggiunto con una quota del 32,5%. Lo stesso vale per l’occupazione, con il 37,7% al Sud, nonché per le imprese, che addirittura si attestano nel 2024 al 49,2%. Più basso invece il moltiplicatore pari all’1,6, a fronte del 2,1 del Nord-Est, del 2,0 del Nord-Ovest e dell’1,7 del Centro.



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