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Italia “verde” bocciata dall’Europa, troppo inquinamento in queste regioni


L’ultimo rapporto SDGs 2025 di Istat sull’andamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite boccia l’Italia… o quasi. Il Bel Paese arranca su molti goal previsti per il 2030: va male sui temi della pace, dell’acqua, della giustizia, della parità di genere e della salute. Alcuni rallentano, altri stagnano e in alcuni casi peggioriamo. Ci sono anche risultati positivi, ma è chiaro che per l’Italia gli obiettivi previsti per il 2030 sono troppo ambiziosi, soprattutto per alcune regioni.

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Un quadro non dissimile per molti altri paesi, viste le crisi che si sono susseguite dall’adozione della prima dichiarazione di intenti a oggi. Lo scenario più probabile, secondo le Nazioni Unite, è un fallimento su larga scala. L’unico modo per salvare il salvabile è attuare politiche straordinarie, ma anche in questo caso le condizioni di crisi non sembrano consentirlo.

Gli obiettivi dell’Agenda 2030 a rischio fallimento

Sono passati dieci anni da quando è stata stilata l’Agenda 2030 e i suoi obiettivi, ma nel frattempo ci sono stati diversi shock globali: la crisi pandemica, le tensioni geopolitiche e lo scoppio di conflitti, l’aumento dei prezzi dell’energia e una spirale inflazionistica che ha spinto i governi a concentrarsi su altro. Francesco Maria Chelli, presidente dell’Istat, ricorda che di recente le Nazioni Unite hanno suonato il campanello d’allarme, chiedendo un maggiore impegno e interventi straordinari per evitare un fallimento su larga scala degli obiettivi dell’Agenda 2030.

C’è da dire che, su base decennale, in particolare per l’Italia, si sono osservate situazioni di miglioramento. Per 14 goal su 17, almeno il 50% delle misure registra un progresso, ma ci sono alcuni obiettivi che stagnano o addirittura peggiorano. Un goal in particolare segna una battuta d’arresto, ovvero la lotta al cambiamento climatico. La distribuzione delle azioni positive però non è uniforme e alcune regioni fanno peggio, abbassando i risultati complessivi dell’Italia nel quadro europeo.

Goal ambientali: i risultati migliori

L’Agenda 2030 prevede 17 goal che spaziano dalla lotta alla povertà, dalla salute e benessere, al miglioramento dell’istruzione di qualità, fino al raggiungimento della parità di genere, all’innovazione per imprese e infrastrutture, e a una serie di obiettivi specifici per l’ambiente.

In particolare i goal:

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  • 11 per città e comunità sostenibili;
  • 12 per consumo e produzione responsabili;
  • 13 per la lotta contro il cambiamento climatico;
  • 14 per la vita sott’acqua;
  • 15 per la vita sulla terra.

In generale, il Nord si presenta migliore rispetto alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno risulta più in difficoltà. Ci sono goal che penalizzano maggiormente il Sud, legati all’economia, alla riduzione delle disuguaglianze e alla povertà; mentre le regioni del Nord, invece, riscontrano criticità su consumo e produzione responsabili o sull’attenzione alla degradazione delle risorse idriche e degli habitat acquatici.

Così come in altri report, emerge un’Italia divisa in due. Ogni regione porta avanti i propri obiettivi, fallendo in aree dove altre regioni invece raggiungono ottimi risultati. Sembra mancare una collaborazione e questo rallenta i progressi che l’Italia potrebbe potenzialmente realizzare.

Una classifica regionale per obiettivi

Cercando di entrare più nel dettaglio, i risultati migliori al Nord sono ottenuti da alcune regioni che trainano positivamente i dati. Queste sono:

  • Valle d’Aosta;
  • Lombardia;
  • Friuli Venezia Giulia.

Il buon posizionamento di queste regioni è dovuto al raggiungimento degli obiettivi del goal 1 (lotta alla povertà) e del goal 8 (lavoro dignitoso e crescita economica).

La regione che fa peggio è invece la Liguria, che penalizza i risultati per via di:

  • goal 5 (parità di genere);
  • goal 13 (lotta al cambiamento climatico);
  • goal 16 (pace, giustizia e istituzioni forti).

Allo stesso modo, nel Centro alcune regioni come Marche e Toscana trainano i risultati positivi, distinguendosi per la lotta alla povertà, il lavoro dignitoso e la crescita economica, oltre che per la riduzione delle disuguaglianze e la lotta all’insicurezza alimentare. La regione con il risultato peggiore del Centro è il Lazio, che soffre soprattutto sul goal 16 (pace, giustizia e istituzioni forti).

Nel Mezzogiorno, infine, i segnali di miglioramento sono pochi, ma ci sono. Abruzzo, Molise e Basilicata spiccano nei goal ambientali (13, 14 e 15). Campania e Sicilia, invece, sono penalizzate da tassi elevati di abbandono scolastico e dalle peggiori condizioni lavorative. Questi segnali di criticità riguardano anche Calabria e Basilicata.

L’Italia “verde”: i risultati ambientali

Al netto delle differenze regionali, l’Italia non se la cava così male, ma nella maggior parte dei casi i dati risultano stabili e ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. Sul fronte della protezione dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici c’è ancora molto da fare, ma emergono segnali positivi.

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Ad esempio, nel 2023 è diminuita la concentrazione di PM2,5 in diversi capoluoghi e tra il 2011 e il 2022 le morti premature stimate per esposizione a lungo termine alle PM2,5 sono diminuite del 25%. Sempre nel 2023 l’Italia figura tra i Paesi più virtuosi dell’Ue per consumo interno di materia, che cala del 7,4% in rapporto al Pil e del 6,7% pro capite. Migliora anche la quota di riciclaggio, anche se l’incremento del tasso di utilizzo circolare dei materiali rallenta.

Si riducono le emissioni di gas serra:

  • –22,2% nel settore energia;
  • –3,8% nella manifattura.

Purtroppo, però, aumentano le anomalie di temperatura, che accrescono il rischio di alluvioni e frane. Diminuiscono i rifiuti marini spiaggiati, ma la tutela della biodiversità marina è all’11,6% rispetto all’obiettivo del 30% per il 2030. Le aree protette coprono il 21,7% del territorio, mentre l’obiettivo 2030 è il 30%.

Spesso gli obiettivi ambientali non vengono raggiunti non per mancanza di progetti, ma a causa di eventi climatici estremi che vanificano anni di lavoro. In generale, quindi, l’Italia può e deve fare di meglio, perché l’attuale velocità non basta per raggiungere gli obiettivi e colmare il gap con altri Paesi europei. Siamo stati bocciati? Forse rimandati, ma il tempo per recuperare alcune aree critiche inizia a scarseggiare.





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