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Dazi, l’allarme delle industrie del Veneto: «Trenta per cento? Cifre insostenibili. L’Ue si muova per trattare con gli Usa»


di
Federico Nicoletti

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Il presidente di Confindustria Veneto Raffaele Boscaini: tragedia per il Made in Italy. L’ufficio studi della Cgia di Mestre: danni per 4 miliardi in Veneto

«Dazi al 30% sono difficilmente sostenibili. L’Ue intervenga per innescare una trattativa». A metà pomeriggio, sabato 12 luglio, la prima reazione che arriva a caldo è quella di Raffaele Boscaini. Il presidente di Confindustria Veneto rompe il silenzio, dopo lo choc dell’ultima accelerazione sui dazi americani: la lettera del presidente Usa, Donald Trump, a quella della Commissione Ue, Ursula von der Layen, che annuncia dazi al 30% contro l’Ue, dal primo agosto.

Il cambio di linea è radicale, rompe l’attesa che si stava sedimentando di tariffe al 10%. La botta è forte, per un Veneto per cui gli Usa sono il terzo mercato di sbocco per l’export, dietro a Germania e Francia, valso nel 2024 7,2 miliardi di euro, in calo del 3,8% sul 2023, e nel primo trimestre 2025 1,7 miliardi, fermi sui livelli 2024. Con i settori più forti tra occhialeria, farmaceutica, gioielleria e vini e Vicenza prima provincia per valore, tra macchinari componentistica ed oro, con 2,2 miliardi di euro.




















































La Cgia di Mestre

La Cgia di Mestre, nel pomeriggio di sabato, deve correggere a tamburo battente la nota settimanale, dedicata proprio ai dazi, che quantificava perdite tra 500 milioni di euro con il quadro attuale, e per 1,5 miliardi con dazi al 20%, sulla base di stime compiute dall’Ocse. Con una tariffa al 30%, specifica la Cgia, «l’impatto per il Veneto potrebbe aggirarsi intorno ai 4 miliardi».

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«Se non ci sono le condizioni per trattare, i dazi al 30% sommati al dollaro debole, saranno difficilmente sostenibili da molti comparti della nostra industria», è dunque la reazione che viene con la nota di Boscaini. Al telefono, completa il ragionamento, allineandosi alla linea del leader nazionale, Emanuele Orsini, di tenere i nervi saldi e di una lettera di Trump come «sgradevole volontà di trattare». La trattativa, dunque, va innescata comunque? «Assolutamente – replica Boscaini -. Bisogna capire bene cosa c’è sul tavolo e che gioco si vuole giocare. Sarebbe una tragedia: sarebbero toccati, a macchia d’olio, settori in cui il valore distintivo del Made in Italy non basterebbe più».

Il mercato del vino

A iniziare dal vino, settore di provenienza di Boscaini, dove nei rapporti con gli Stati Uniti, «tutto è molto rallentato e la macchina va al minimo». E dove il Prosecco doc dei record, per dire, con un dazio al 30%, uscirebbe dalla dogana con 1,2 euro a bottiglia in più rispetto ai 3,5-4 attuali, che equivalgono a prezzi finali tra i 12 e i 18 euro. Oltre a rimettere in discussione tutta la partita su come distribuire lungo la filiera il sacrificio dei costi in più.

In ogni caso, a valle del nodo dazi, specie se non ci fossero spazi per trattare, Boscaini chiede misure di sostegno alla competitività delle imprese, «su costo dell’energia, investimenti e accesso al credito, alleggerimento burocratico e fiscale».

Le Confindustrie locali

Linea su cui si schierano anche le Confindustrie locali.

«È l’ennesimo scossone per le aziende: così non riescono a fare piani – dice Silvia Moretto, consigliere delegata per gli Affari internazionali di Confindustria Veneto Est -. Oltre a moda e Made in Italy c’è un comparto macchinari molto importante a cui siamo legati. Siamo fiduciosi nella trattativa: l’Ue deve difendere a ogni costo la competitività della sua manifattura: quella italiana non è l’unica colpita. Trovare mercati alternativi è il primo consiglio, ma gli Usa non sono facili da sostituire».

Le istanze

«Serve un accordo diplomatico con Washington, non possiamo permetterci un’escalation commerciale – aggiunge la vicepresidente di Confindustria Vicenza, Giulia Faresin -. I dazi annunciati avrebbero effetti immediati su intere filiere, mettendo a rischio competitività, margini e occupazione».
Voci che si allineano nei settori più colpiti, a partire dalle macchine utensili: «Già oggi i clienti americani pagano un dollaro svalutato. Con un dazio al 30% la situazione diventerebbe pesante – dice Massimo Carboniero, imprenditore alla guida della vicentina Omera, per cui gli Usa valgono il 15% dei ricavi -. In settori come il nostro, di beni non sostituibili, significa farli pagare di più alle stesse imprese americane, o di fermarne gli investimenti: un boomerang per la stessa reindustrializzazione che Trump dice di voler spingere».

Stesso tono dal legno arredo, che ha negli Usa il secondo mercato di export: «Non possiamo che essere preoccupati e allarmati. Ma l’Europa deve evitare di arrivare allo scontro dazi contro dazi: non gioverebbe a nessuno», sostiene il leader di Federlegno Arredo, il trevigiano Claudio Feltrin.
«Capisco che Trump voglia riequilibrare la bilancia commerciale con l’Europa, non capisco invece questa strategia, se non è un modo per dire ‘trattiamo sul serio’. Ma nel medio periodo la scelta può portare inflazione e recessione anche negli Usa – conclude Massimo Pavin, l’imprenditore alla guida della padovana Sirmax -. Resta sorprendente l’Europa che nulla fa per proteggersi da un flusso di merci che dall’Asia potrebbero esser rivolta qui. L’Ue resta la grande addormentata, non si vedono reazioni. Il rapporto Draghi è stato ordinato per poi esser chiuso, con le sue indicazioni, in un cassetto».

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13 luglio 2025

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