CREMONA – La preoccupazione è massima, ma non si deve mollare la presa: bisogna continuare a trattare. Prevale la moderazione tra i vertici delle categorie economiche cremonesi, di fronte all’annuncio del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump: dal primo agosto scatteranno dazi del 30% sui prodotti europei esportati negli Stati Uniti.
A Bruxelles erano convinti di riuscire a portare a casa un accordo sul 10%, come è stato con il Regno Unito, ma salvo ripensamenti non andrà così. E le cifre in gioco sono enormi: si parla di un costo, per l’Ue, di 117 miliardi di euro in un anno, rispetto agli attuali sette. Gli imprenditori cremonesi contano sulla possibilità che ci possa essere ancora una mediazione, per evitare un’escalation che andrebbe a incidere in maniera negativa su una situazione già di difficoltà per i conflitti in corso e per il costo dell’energia.
Maurizio Ferraroni, neo presidente dell’Associazione industriali di Cremona, fa il punto su quali potrebbero essere le conseguenze per l’economia provinciale: «Non è un fulmine a ciel sereno, ma certo non ci aspettavamo dazi così alti. Trump ha usato la clava, ma noi adesso non dobbiamo ragionare di pancia. La trattativa deve continuare, ovviamente a livello europeo: non serve a nulla che si muova ogni singolo Paese. E non mi focalizzerei sulla ‘dead line’ del primo agosto, potrebbero esserci rinvii, come già avvenuto in passato».
A livello economico locale, sono prevedibili «ripercussioni sul settore alimentare, anche se noi esportiamo negli Usa prodotti ‘premium’. Sulle tipicità di alta gamma, destinate ad una clientela alto spendente, dazi così elevati potrebbero avere un impatto inferiore. In ogni caso, simili provvedimenti non portano mai da nessuna parte e hanno sempre effetti negativi. Potrebbero avere un senso nei confronti di Paesi che producono con standard non confacenti a quelli europei, a livello di qualità del prodotto, tutela del lavoro e sicurezza per il consumatore».
Cesare Soldi, presidente della Libera Associazione Agricoltori Cremonesi, non nasconde una forte apprensione: «Gli annunci delle nuove tariffe americane rischiano di trasformarsi in un macigno per le imprese agroalimentari esportatrici del nostro territorio. Non possiamo permetterci di rinunciare ad un mercato come quello statunitense, a cui sono stati dedicati tempo e risorse. Alla prospettiva di dazi al 30%, si somma poi la discussione sulle barriere non tariffarie e la svalutazione del dollaro. L’Europa dovrà negoziare unita fino all’ultimo, evitando di mettere in discussione il nostro sistema produttivo, che ha bisogno in questo momento di certezze e stabilità. A preoccupare ulteriormente il settore, le prospettive della nuova Pac, in discussione mercoledì prossimo, e il recente accordo commerciale UE-Ucraina».
I pesanti dazi annunciati da Trump sui prodotti Ue in ingresso negli Usa, non creeranno difficoltà solo alle grandi imprese. Anche i medio piccoli ne risentiranno. «Per il settore artigiano c’è il rischio di una contrazione importante – sottolinea Stefano Trabucchi, presidente di Confartigianato imprese Cremona –: ovviamente auspichiamo che il dialogo tra Ue e Stati Uniti rimanga aperto, già è successo che i dazi siano stati annunciati e ritirati, speriamo a questo punto che non arrivino al 30%. Andrebbero a sommarsi al deprezzamento del dollaro, che ovviamente non favorisce l’export italiano e europeo. A livello generale è una situazione preoccupante in quanto crea insicurezza e instabilità nei mercati mondiali e tutti sono con il piede alzato».
Attenzione poi ad alcune eccellenze cremonesi come la liuteria: «I nostri violini sono prodotti rivolti ad un mercato spendente, dunque l’effetto dazi potrebbe essere meno impattante», conclude Trabucchi, già al vertice del consorzio che raggruppa i costruttori degli strumenti ad arco che hanno fatto grande Cremona nel mondo.
«Anche le aziende più piccole sono ormai legate a doppio filo al mercato globalizzato – sottolinea Marco Bressanelli, presidente della Libera Artigiani di Crema –: abbiamo una filiera talmente lunga di componenti per la produzione che l’introduzione di dazi è sempre negativa. Sono tutti squilibri che creano incertezza e dunque ci danneggiano. Adesso l’importante è che la Ue non si incaponisca sui principi, come ha fatto negli anni scorsi sull’automotive, ma tenga conto della situazione concreta e affronti il negoziato con pragmatismo».
Le criticità che i dazi innesterebbero su una situazione già fragile, vengono evidenziate anche da Marcello Parma, presidente di Cna Cremona: «Le condizioni sono quelle che purtroppo conosciamo da anni, con una serie di ostacoli economici emersi dopo il Covid, a cui si sono aggiunti i conflitti israelo-palestinese e ucraino, in una situazione geopolitica già fragile per i conflitti e le tensioni. E non dimentichiamo i maggiori costi energetici che gravano sulle nostre aziende, rispetto alla concorrenza degli altri Paesi. Il dato di fatto è che il 30% di dazi sia un livello insostenibile. Sappiamo che Trump è un commerciale, che spara alto e poi rivede al ribasso, ma è un gioco pericoloso ai danni di famiglie e aziende. I vertici dell’ Ue si mettano subito al lavoro per cercare una soluzione attraverso la trattativa. E a livello nazionale, e poi a caduta regionale e provinciale, si pensi già da ora ad incentivi per le imprese».
Le trattative dei prossimi giorni saranno fondamentali, non bisogna giungere a conclusioni affrettate. «C’è ancora tempo per trovare un accordo – ricorda Gian Domenico Auricchio, presidente della Camera di commercio –: al momento atteniamoci a quando ha detto la premier Giorgia Meloni, ovvero che la trattativa continua. Ne seguiamo gli sviluppi con la massima attenzione».
ESPORTAZIONI DEL COMPARTO ALIMENTARE LE PIÙ COLPITE
Nel 2024 l’export lombardo verso gli Stati Uniti ha raggiunto i 13,72 miliardi di euro, registrando una diminuzione del 3,5% rispetto al 2023. A livello provinciale, Milano si conferma leader con il 46,4% del totale lombardo, seguita da Bergamo (13,8%), Brescia (11,5%), Monza e Brianza (8,2%) e Varese (6,3%). Questi dati, forniti da Cna Lombardia, confermano il peso degli Usa sull’economia locale. «L’export americano costituisce il 29,9% del totale sul fronte bevande, il 15% su pelletteria, il 14,3% sui prodotti farmaceutici, il 12,5% sui mobili e il 10,9% in materia di abbigliamento» sottolineano dal centro studi dell’associazione di categoria.
Numeri che non sono molto differenti se analizzati in chiave provinciale. Secondo i dati Istat (provvisori) che ripercorrono i quattro trimestri del 2024, l’export cremonese verso gli Usa si concentrano, in particolare, sul settore manifatturiero: nel 2024, la bilancia commerciale cremonese ha chiuso con un segno positivo, con 435 milioni di euro di export, a fronte di 60 milioni di importazioni. Secondo per entità è il settore minerario, con un export che vale 357mila euro.
Seguono gli altri settori: trattamento rifiuti e risanamento (133mila euro), informazione e comunicazione (33mila euro), attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (9mila euro) e Agricoltura, silvicoltura e pesca (1.094). Mettendo a sistema anche l’agroalimentare, poi, il quadro peggiora ulteriormente. Prodotti quali il Grana Padano (di cui Cremona è la terza provincia produttrice nazionale), che ha chiuso il 2024 con esportazioni pari al 52% della sua produzione (gran parte della quale diretta verso gli Usa), rischiano di soffrire il contraccolpo della guerra commerciale promossa dalla Casa Bianca.
«Il mondo sembra si stia infilando in una tempesta perfetta – aveva già evidenziato Giovanni Bozzini, cremonese, presidente di Cna Lombardia –: la tensione reciproca sale e bisogna controllarla con estrema razionalità. Le imprese rischiano danni duraturi al proprio posizionamento competitivo. Per questo motivo il nostro territorio non deve perdere canali relazionali internazionali e una vocazione all’export che qualifica molta della nostra produzione».
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