La resilienza nella valutazione delle concentrazioni sta emergendo come uno dei criteri strategici nel processo di riforma delle regole europee in materia di concorrenza. La Commissione europea intende aggiornare le proprie linee guida per rispondere alle trasformazioni economiche globali, promuovendo al contempo l’innovazione, la competitività e la sicurezza dei mercati interni. Questo nuovo orientamento evidenzia come la resilienza, accanto all’innovazione, debba essere considerata una componente chiave nelle analisi antitrust prospettiche.
Verso una riforma delle regole europee sulle concentrazioni
Con due consultazioni parallele (aperte fino al 3 settembre 2025) la Commissione si accinge a raccogliere spunti e contributi dai diversi portatori di interessi per avviare un processo di modernizzazione delle regole europee, che, in materia di concentrazioni si sono andate delineando attraverso orientamenti ormai risalenti (Linee Guida sulle concentrazioni orizzontali del 2004 e Linee Guida sulle concentrazioni non orizzontali del 2008).
A rendere urgente l’ammodernamento sono, sul fronte economico, le sfide globali e la necessità di sostenere il consolidamento delle imprese europee in linea con le raccomandazioni contenute nel Rapporto Draghi sulla competitività, e, sul fronte giuridico, gli orientamenti della Corte di giustizia (CGUE) tesi a contenere gli ambiti di diversificazione e discrezionalità delle autorità nazionali, favorendo la certezza del diritto[1] e la prevedibilità della valutazione dei fenomeni concentrativi.
Ma la necessità di “metter mano” alle regole in materia di concentrazioni è frutto anche di un preciso mandato istituzionale assegnato alla Vice Presidente della Commissione, Teresa Ribera. Taluni indizi sulla “direzione di marcia” da intraprendere in materia di concentrazioni possono essere ricavati dalla Mission Letter della Presidente Von der Leyen e dalle risposte alle interrogazioni scritte e orali preordinate alla conferma parlamentare della sua nomina. Oltre all’ambizioso proposito di modernizzare le politiche di concorrenza, l’obiettivo dichiarato è di contemperare le istanze di consolidamento del mercato, (continuare a) scongiurare l’eccessiva accumulazione di potere di mercato e rispondere alle esigenze e alle dinamiche contemporanee come la globalizzazione, la digitalizzazione, la sostenibilità, l’innovazione e la resilienza.
Se la revisione delle linee guida richiederà del tempo (è attesa entro il quarto trimestre del 2027), la consultazione anticipa le principali linee di ammodernamento dell’impianto, con alcuni tratti di novità. E così mentre un primo questionario generale sollecita osservazioni sull’efficacia complessiva dell’attuale approccio della Commissione quanto alla valutazione del potere di mercato e ai rischi anticoncorrenziali, un secondo, più approfondito, affronta taluni aspetti tecnici e tra questi quelli più controversi o innovativi, compreso il peso che la resilienza sarà destinata ad esercitare.
Resilienza come parametro competitivo nella valutazione antitrust
Per irrobustire l’industria europea, sostenendo start-up, scale-up e PMI, si tratterà, avverte la Commissione, di puntare sulla resilienza, salvaguardando le condizioni di parità nel mercato unico secondo quanto già anticipato nel Competitiveness Compass.
La resilienza giocherà un ruolo chiave per distinguere, attraverso economie di scala e di scopo, l’accesso ai capitali e alle capacità di ricerca, sviluppo e innovazione, i consolidamenti leciti da quelli potenzialmente lesivi della concorrenza.
Il cambio di passo atteso è significativo se si pensa che né la resilienza, nè le vulnerabilità della catena di approvvigionamento o i rischi geopolitici fanno parte delle attuali Linee Guida sulle concentrazioni orizzontali.
Dal canto suo, il Rapporto Draghi suggerisce che, per le parti che operano in settori in cui la sicurezza potrebbe essere cruciale (ad esempio, sicurezza, difesa, energia), una valutazione separata incentrata appunto sui profili della resilienza potrebbe essere effettuata da una direzione diversa dalla DG COMP, poiché la valutazione della sicurezza e della resilienza è materialmente diversa dall’analisi degli effetti anti-competitivi. Tuttavia, in un panorama normativo e regolamentare dell’Unione sempre più complesso – con un maggiore screening degli investimenti diretti esteri e un nuovo ostacolo alla regolamentazione delle sovvenzioni estere – è da verificare se l’aggiunta di un nuovo esame della “resilienza” da parte di una Direzione diversa della Commissione possa essere auspicabile in termini di semplificazione dei processi e speditezza delle valutazioni.
Aderendo al canone del one stop only, si potrebbe forse considerare la resilienza come una forma di parametro competitivo non di prezzo e valutare i potenziali effetti di una concentrazione notificata su queste basi come una nuova teoria del danno. Ad esempio, se una concentrazione comporta un aumento della vulnerabilità della catena di approvvigionamento, ciò potrebbe indurre la Commissione a ritenere che tale acquisizione ostacoli in modo significativo la concorrenza all’interno dell’Unione. Al contrario, come nel caso dell’innovazione, se un’operazione contribuisce in modo significativo alla resilienza, tali benefici potrebbero essere “soppesati” come parte di un’analisi complessiva di efficiency defense.
Interazione tra resilienza e innovazione nei settori strategici
Il “peso” della resilienza nell’analisi dei fenomeni concentrativi potrebbe essere valutato unitamente a quello dell’innovazione. Ciò è, del resto, evidenziato nel medesimo Rapporto Draghi che richiama la necessità di un’analisi congiunta dei due parametri e l’introduzione di una vera e propria “innovation defense” e di una politica pro-consolidamento (o consolidation-friendly), soprattutto nei settori strategici o ad alta intensità tecnologica, come quelli delle telecomunicazioni, della difesa, dei semi-conduttori e dello spazio, dove l’industria europea difetta di una “scala” appropriata.
L’evoluzione delle teorie del danno legate all’innovazione
L’analisi relativa all’innovazione come proxy e “a priori” rispetto a quella sulla resilienza, quindi. E ciò essenzialmente in ragione del bagaglio informativo raccolto da un decennio di “pratica” della Commissione che potrebbe essere messo a disposizione per enucleare una theory of harm incentrata sulla resilienza.
Nell’ultimo decennio si sono moltiplicate, infatti, le nuove teorie del danno in tema di innovazione che hanno consentito alla Commissione di bloccare le fusioni sulla base del fatto che le concentrazioni potrebbe ridurre il livello di concorrenza tra gli “innovatori”, eliminando gli investimenti complessivi in R&D, come nel caso Dow/Dupont, o eliminando dal mercato un’importante forza innovatrice potenziale, come nel caso Adobe/Figma.
Tali assunti, com’è ovvio, si sono mossi su un terreno di assoluta incertezza, soprattutto perché nelle Linee Guida sulle concentrazioni orizzontali pochissimo si diceva in punto di innovazione e quel poco che veniva sostenuto era fortemente biased verso l’interventismo nelle concentrazioni che recassero elementi “innovativi”.
Lo dimostra il paragrafo 20 delle Linee Guida che consente l’intervento della Commissione, anche in presenza di indici di concentrazioni post-merger molto bassi (prendendo, come parametro, l’indice di Herfindahl-Hirschman, se una delle parti è un importante innovatore. Analogamente, al paragrafo 38, si illustra una teoria del danno che consente di vietare una fusione o un’acquisizione se entrambe, o anche solo una delle parti, costituiscono un “importante innovatore” o possono diventare una “importante forza concorrenziale”. Per quanto riguarda le motivazioni poste a base della clearance delle concentrazioni, il paragrafo 81 dedica solo un paio di passaggi all’innovazione ottenuta attraverso miglioramenti di efficienza, che, nonostante i contributi delle istituzioni sovra-nazionali (basti pensare ai recentissimi spunti di OECD, Efficiencies in merger control, OECD Roundtables on Competition Policy Papers, No. 321, 5 May 2025), rimane sostanzialmente estranea all’analisi concentrativa.
Le sfide dell’innovazione tra vigilanza e sviluppo industriale
Tutto ciò ha portato allo sviluppo di un atteggiamento di ostilità nei confronti delle concentrazioni ad alto tasso tecnologico, evidente in casi come Booking/eTraveli, Adobe/Figma, Amazon/iRobot e Illumina/Grail.
E la risposta del Rapporto Draghi – su cui anche la nuova consultazione in materia di concentrazioni dovrà misurarsi in materia di resilienza – implica la necessità che le imprese si assumano impegni verificabili e credibili nei confronti della Commissione e che sia disegnato un processo che consenta di verificare i “propositi” e i programmi di innovazione se il consolidamento non porta ai livelli di investimento promessi.
Il tutto all’insegna di un generale scetticismo del Rapporto Draghi verso lo strumento delle politiche di concorrenza, che – questo l’assunto –si ritiene abbia non un ruolo primario nel colmare l’innovation gap, ma di supporto. Il filo conduttore della relazione è il miglioramento degli investimenti e delle capacità di finanziamento delle imprese in Europa (ed è ecco spiegato il richiamo all’Unione dei mercati dei capitali), rispetto a cui la politica delle concentrazioni non dovrebbe costituire un intralcio.
Resilienza sistemica e rischio di dipendenza nei mercati critici
Anche la resilienza delle catene del valore è destinata ad assumere una nuova curvatura, perché una concorrenza efficace deve contribuire non solo alla crescita “innovativa” e capace di apportare un “valore aggiunto”, ma anche alla capacità dell’economia europea di resistere agli shock esterni, incluse le crisi energetiche. La resilienza deve, quindi, diventare un fattore “discretivo” nei settori critici, dove le fusioni possono rafforzare l’autonomia strategica, ma anche accentuare la dipendenza da pochi attori o da paesi terzi, generando rischi sistemici per l’intero ecosistema industriale europeo.
Queste spinte contradditorie non sono nuove e già se ne è parlato al tempo della decisione Siemens/Alstom (caso M.8677), allorquando la Commissione sollevava dubbi in tema di consolidamento pro-concorrenziale in settori strategici globali, che potrebbero favorire la concorrenza all’interno del mercato unico.
Nuovi strumenti analitici per valutare rischi e potere di mercato
Diventa, pertanto, cruciale dotarsi di strumenti analitici – sia qualitativi che quantitativi – adeguati. Non solo consolidando e irrobustendo l’esperienza che si sta stratificando nelle autorità garanti nazionali con riguardo alle cosiddette acquisizioni killer.
Ma anche lavorando all’introduzione di una presunzione relativa di rischio per l’innovazione e la concorrenza nei casi in cui l’impresa acquirente sia già dominante in mercati adiacenti o a monte, e l’acquisizione consenta l’integrazione di dati, tecnologie o basi utenti strategiche[2]. Ciò è esattamente l’approccio della Commissione nella consultazione e rappresenterebbe un cambiamento significativo, oltre che coerente con la posizione assunta dalla Commissione nella sua bozza di linee guida sugli abusi escludenti (oltre che in linea con quanto argomentato da OECD nel contributo del 2024 in tema di utilizzo delle presunzioni: “The use of structural presumptions in antitrust”, OECD Roundtables on Competition Policy Papers, No. 317, OECD Publishing, Paris).
Parametri non di prezzo e controllo dei dati nelle concentrazioni
Sempre nel medesimo contesto e al di là del criterio dell’innovazione, anche altri parametri non di prezzo (come qualità, varietà, sostenibilità, protezione dei dati) dovrebbero essere integrati nelle valutazioni dinamiche delle fusioni che richiedono un approccio analitico più flessibile da parte della Commissione.
In questo senso, la Commissione promuove il proprio approccio oltre la dicotomia orizzontale/verticale, focalizzandosi sugli effetti dell’operazione secondo l’art. 2 del Regolamento CE n. 139/2004 (Regolamento Concentrazioni). Particolare attenzione è data alle strategie di preclusione mirata – come l’autopreferenza, la limitazione dell’interoperabilità o l’accesso discriminatorio a risorse chiave – nonché ai rischi di rafforzamento della posizione dominante derivanti dalla semplice aggregazione di asset (ad es. dati o basi utenti) in settori complementari.
Un altro aspetto cruciale riguarda la privacy e la protezione dei dati. In scenari in cui i consumatori operano scelte anche sulla base delle garanzie di privacy offerte, i fenomeni concentrativi possono alterare significativamente le condizioni di mercato, riducendo la varietà delle opzioni disponibili. Operazioni come Google/Fitbit o Microsoft/LinkedIn mostrano come la combinazione dei dataset possa ostacolare l’ingresso di nuovi operatori, senza che le normative esistenti (come il GDPR e la Direttiva ePrivacy) abbiano gli anticorpi sufficienti per contenere tali effetti. La Commissione dovrebbe dunque valutare l’opportunità di integrare nelle linee guida un’analisi strutturata degli effetti delle concentrazioni sul controllo dei dati personali e industriali, e sulla loro funzione come barriera all’ingresso, in particolare quando il controllo di dataset unici o granulari diventa condizione necessaria per competere.
Verso un approccio olistico nella politica di concorrenza europea
Infine, la Commissione sottolinea che preoccupazioni relative alla privacy possono limitare la libertà contrattuale di taluni clienti – in particolare in settori sensibili come salute o sicurezza – nel rivolgersi a fornitori extra-UE, irrobustendo ulteriormente la posizione delle imprese dominanti all’interno del mercato unico.
I succitati lineamenti della Consultazione paiono inaugurare una nuova stagione, in cui alla prevalenza dell’analisi economica si predilige la multidimensionalità dell’analisi e la preferenza per un approccio olistico e calibrato sul settore di riferimento, che riconosca esplicitamente il margine di discrezionalità della Commissione nell’esercizio delle valutazioni economiche prospettiche, nel rispetto dello standard probatorio del “more likely than not”.
Note
[1] Ponendo un freno all’eccessiva flessibilità interpretativa della Commissione, la Corte nel caso Illumina/Grail ha stabilito che i rinvii alla Commissione ai sensi dell’art. 22 del Regolamento (CE) n. 139/2004 (Regolamento Concentrazioni) possono essere effettuati solo se la concentrazione soddisfa i requisiti per la notifica a livello nazionale.
[2] A questo proposito, la Comunicazione su una politica della concorrenza pronta a nuove sfide riconosce la necessità di un approccio più incisivo nei confronti delle acquisizioni in settori ad alta innovazione, dove “le quote di mercato possono non riflettere l’effettivo potere di mercato”, menzionando “effetti escludenti derivanti dalla combinazione di asset strategici come i dati o la base utenti”.
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