L‘infrastruttura digitale pubblica (DPI) è una via percorribile per lo sviluppo economico e digitale inclusivo dei Paesi? L’idea comincia a prendere piede, con sempre più nazioni che adottano questo modello, anche se le motivazioni possono essere diverse. Un’analisi approfondita è quella svolta da David Eaves, professore associato di digital government e a co-deputy director of University College London’s Institute for Innovation and Public Purpose, e Beatriz Vasconcellos, studiosa di politica presso lo University College London’s Institute for Innovation and Public Purpose.
Il concetto di infrastruttura digitale pubblica è venuto alla ribalta come percorso verso lo sviluppo economico; più recentemente, è stato discusso come strumento per la sovranità digitale e per arginare il predominio delle big tech. I due ricercatori, mappando le DPI di 210 Paesi, hanno identificato almeno 5 driver dell’adozione.
“Questa capacità dell’infrastruttura digitale pubblica di servire a molti scopi è sia il suo più grande punto di forza che la sua vulnerabilità più significativa”, scrivono gli autori nell’analisi pubblicata da Techpolicy.press. “Se i governi non definiscono chiaramente ciò che vogliono ottenere dalla DPI, rischiano di sprecare risorse pubbliche o di non riuscire a costruire le strutture di governance necessarie per il successo dell’iniziativa”.
Che cos’è l’infrastruttura digitale pubblica
Il termine DPI è salito alla ribalta durante la presidenza indiana del G20, anche se il modello era stato implementato già da decenni. L’India ha inquadrato l’infrastruttura digitale pubblica come strumento per raggiungere gli obiettivi di sviluppo, un messaggio ripreso dal rapporto del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) che delinea i casi d’uso della DPI per gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu.
Ma la DPI dell’India non è stata costruita solo per obiettivi di sviluppo economico. Aadhaar, l’ID digitale indiano, è stato anche costruito per ridurre gli sprechi di soldi pubblici per l’assistenza sociale: il governo temeva che una parte sostanziale dei benefici fosse persa a causa della frode e della corruzione. Un sistema di identità che identificasse in modo univoco gli individui era fondamentale per prevenire le frodi e migliorare il targeting dei benefici sociali. L’efficienza fiscale, non solo lo sviluppo, è stato qui il primo driver.
La DPI per l’efficienza fiscale
La resilienza fiscale guida altri progetti di infrastruttura digitale pubblica, come il sistema di scambio dati X-Road e il sistema per l’identità elettronica dell’Estonia.
In generale, integrando i sistemi digitali, i governi possono ridurre le spese, eliminare la duplicazione degli investimenti IT, prevenire le frodi nei programmi di welfare, ridurre il numero di intermediari umani nelle operazioni e migliorare la riscossione delle imposte. Il governo dell’Estonia afferma che la DPI e l’uso delle firme digitali ha permesso di generare risparmi pari al 2% del Pil nazionale.
Tuttavia, “Un pericolo è che l’efficienza non sempre porta a risparmi, ma può effettivamente aumentare i costi”, mettono i guardia gli autori dello studio. “Ad esempio, uno scambio di dati più efficiente può indurre a condividere più dati, creando più valore pubblico ma aumentando le transazioni e, in definitiva, i costi. E un’infrastruttura digitale pubblica che riduce il costo di accesso ai servizi può aumentare la domanda, promuovendo l’inclusione ma anche aumentando i costi. Inoltre, se i governi misurano il successo della DPI solo in termini di prevenzione delle frodi o di risparmi IT, potrebbero perdere l’opportunità di utilizzare gli stessi sistemi per la sensibilizzazione proattiva, l’empowerment o l’abilitazione economica”.
Il miglioramento dei servizi pubblici
La DPI può aiutare i governi a fornire servizi in modo più rapido ed efficace, riducendo gli oneri amministrativi, collegando i sistemi prima separati e migliorando il modo in cui le persone interagiscono con gli enti pubblici. Per esempio, uno studio della Banca Mondiale del 2019 ha rilevato che, durante il Covid-19, i Paesi con sistemi di dati pubblici interoperabili hanno raggiunto tre volte più persone con gl aiuti di emergenza rispetto a quelli senza.
“Ma l’integrazione dei dati non è una bacchetta magica”, scrivono i ricercatori. “Le politiche sottostanti che creano fiducia e sicurezza sono essenziali. E migliori esperienze utente richiedono anche altre funzionalità, come la progettazione del servizio”.
Il potenziale per lo sviluppo economico
In alcuni paesi, la DPI viene costruita perché ha il potenziale di rendere l’economia più inclusiva. Ad esempio, potrebbe consentire l’inclusione finanziaria riducendo i costi delle transazioni e semplificando i processi di verifica dell’identità. C’è anche un crescente interesse nell’utilizzo della DPI per l’integrazione economica internazionale.
Per esempio, l’iniziativa Mercosur Digital Citizen dà accesso ai servizi pubblici in cinque paesi sudamericani. Brasile e Uruguay sono già integrati e l’autenticazione digitale del Brasile è collegata a 39 servizi digitali in Uruguay, la maggior parte dei quali semplifica i processi burocratici per le imprese.
In questo caso, notano gli autori della ricerca, l’infrastruttura digitale pubblica “deve essere abbinata a politiche ben implementate per tradurre il potenziale in risultati reali. Spesso si cita Aadhaar dicendo che ha aumentato significativamente la penetrazione bancaria in India. Ma non è merito solo dell’ID digitale. Il suo impatto deriva dall’integrazione con altre iniziative chiave: un sistema elettronico Know Your Customer (eKYC), la politica di inclusione finanziaria di Pradhan Mantri Jan-Dhan Yojana (PMJDY) e un programma di trasferimento diretto dei benefici che ha sfruttato Aadhaar. Insieme, questi elementi hanno creato un ambiente più favorevole per l’inclusione finanziaria”.
Questione di sovranità digitale
L’infrastruttura digitale pubblica è un’opzione anche per i governi preoccupati del controllo da parte di aziende estere di tecnologie che sono alla base del funzionamento delle loro economie. L’uso della DPI per questioni di sovranità è spesso guidato dal desiderio di evitare l’eccessiva dipendenza da società di proprietà straniera per i servizi digitali essenziali, come il cloud hosting, i pagamenti digitali e la verifica dell’identità.
In Europa il progetto “EuroStack”, incentrato sull’affermazione della sovranità attraverso lo stack tecnologico, inclusa l’infrastruttura software condivisa, sposa questi concetti. Ma la sovranità non è senza costi.
“Costruire uno stack tecnologico sovrano è costoso”, scrivono gli autori dello studio sull’infrastruttura digitale pubblica. Alcuni sostenitori di EuroStack chiedono un investimento di 300 miliardi di euro, di cui un miliardo sarebbe dedicato a un Fondo europeo di sovranità tecnologica. “A lungo termine, creare standard separati ed escludere i fornitori globali aumenterebbe i costi e rallenterebbe l’innovazione”, affermano i due ricercatori.
Più concorrenza sui mercati digitali
Alcuni governi temono che gli attuali mercati digitali siano eccessivamente concentrati, dominati da alcune grandi piattaforme che controllano le infrastrutture chiave e chiedono fee esorbitanti. L’infrastruttura digitale pubblica in questo caso viene vista come la soluzione per ricreare condizioni competitive eque e rendere più facile l’ingresso a nuovi partecipanti al mercato digitale, come startup fintech, piattaforme di e-commerce o fornitori di servizi locali.
“Funzionando come standard, la DPI può ridurre le barriere all’ingresso abbassando il costo della conformità (ad esempio, verifica dell’identità più economica attraverso sistemi di identificazione digitale) o abilitando l’interoperabilità nei servizi chiave (ad esempio, Api bancarie aperte). Il sistema di pagamento istantaneo brasiliano, PIX, è un esempio di successo”, scrivono gli autori della ricerca. “Tuttavia, l’efficacia della DPI nel promuovere la concorrenza dipende da come è progettata. Sebbene possa aprire i mercati, può anche rafforzare il dominio degli operatori storici se entrano nei nuovi segmenti digitali condivisi. Se gli incumbent modellano il loro design o catturano nuovi livelli condivisi, la DPI può radicare il dominio, non romperlo”.
Come dovrebbero muoversi i governi sulla DPI
Questi cinque obiettivi non si escludono a vicenda e, infatti, molti casi di infrastruttura digitale pubblica nel mondo condividono più obiettivi. Inoltre, i driver per l’adozione non sono solo cinque: questi sono solo quelli più frequentemente osservati. Soprattutto, notano gli autori, “la DPI non può ottimizzare tutto in una volta. I responsabili politici devono riconoscere che obiettivi diversi si raggiungono anche con dei compromessi e a volte quegli obiettivi possono condurre in direzioni opposte. Dare priorità alla sovranità, ad esempio, spesso richiede un investimento pubblico significativo. Concentrarsi sull’efficienza, d’altra parte, può portare i governi a esternalizzare le infrastrutture di base, sollevando preoccupazioni sull’eccessiva dipendenza da attori privati o trascurando valori come l’inclusione, la trasparenza o il controllo pubblico”.
Ma il rischio più grande, proseguono i ricercatori, è presumere che i sistemi DPI siano “neutrali”. “Come qualsiasi forma di infrastruttura, le infrastrutture digitali pubbliche sono integrate in scelte politiche e amministrative, anche quando tali scelte sono implicite. I risultati non derivano automaticamente dalla progettazione tecnica. Dipendono da come è governata la DPI, da quali casi d’uso sono prioritari e in quali quadri politici si inscrivono”.
Inoltre, alcune aziende tecnologiche stanno iniziando a posizionarsi come abilitatori dell’infrastruttura digitale pubblica che supportano DPI globali. Gli autori mettono in guardia: “Anche se la cooperazione del settore privato è probabilmente necessaria e benvenuta, i governi devono avere chiare le condizioni a cui questi attori possono partecipare e chi ci guadagna”.
L’infrastruttura digitale pubblica al prossimo G20 del Sudafrica
Se alcuni Paesi vedono ancora la DPI come un’agenda della maggioranza indiana o globale, la presidenza del G20 del Sudafrica nel 2025 offre l’opportunità di cambiare questa percezione.
“L’importante sarà non forzare un unico modello globale, ma dare spazio a un riconoscimento più profondo: gli obiettivi di DPI sono scelte politiche. I progetti dii infrastruttura digitale pubblica possono servire ogni paese, ma solo se sono sistemi di proprietà, frutto di scelte condivise e governati con intenzione”, concludono gli autori.
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