(Teleborsa) – Nel secondo semestre del 2025 il sentiment degli operatori del Private Equity e Venture Capital in Italia è meno positivo rispetto all’inizio dell’anno, a causa del perdurare di fattori di instabilità geopolitica e delle incertezze dello scenario macroeconomico a livello internazionale. Oltre il 90% dei rispondenti prevede effetti negativi dai conflitti internazionali in corso, segnalando una forte attenzione del private equity ai rischi geopolitici. Nonostante ciò, circa il 70% degli intervistati ritiene che le attuali politiche monetarie espansive possano avere un’influenza favorevole sul mercato italiano del Private Equity nel corso dei prossimi 12 mesi. Permane inoltre una preferenza per il ricorso al credito bancario per finanziare le operazioni, anche se si osserva una progressiva apertura verso i fondi di private credit, che guadagnano terreno rispetto al semestre precedente. E da segnalare che il primo semestre del 2025 si è concluso con risultati incoraggianti: sono stati finalizzati 249 deal, il numero più elevato mai registrato in un primo semestre.
Queste alcune delle evidenze che emergono dalla quarantaseiesima edizione della Private Equity Survey, l’indagine semestrale condotta da Deloitte Private in collaborazione con AIFI (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt) e l’Osservatorio PEM (Private Equity Monitor) di LIUC Business School per quanto riguarda la raccolta della serie dati storica e le relative analisi settoriali.
Per i prossimi sei mesi, Deloitte Private prevede un numero di operazioni pari a 221. L’86% degli operatori si aspetta un miglioramento o una stabilizzazione del quadro economico italiano. Quanto al valore medio delle operazioni previste per il secondo semestre, cala l’interesse per i deal compresi tra 31 e 50 milioni di euro (16,1%, in flessione di 12,8 % rispetto al semestre precedente), mentre cresce l’attenzione per le fasce da 16 a 30 milioni (30,4%) e da 51 a 100 milioni di euro (26,8%).
“Le attuali tensioni e incertezze sul piano internazionale continuano a influenzare le aspettative degli operatori, rendendo il contesto più impegnativo. Allo stesso tempo, però, le attuali condizioni monetarie favorevoli e il supporto dei programmi europei come il PNRR e il Next Generation EU stanno creando spazi di manovra per nuovi investimenti e strategie di crescita”, commenta Elio Milantoni, Senior Partner M%A di Deloitte.”In questo scenario complesso ma in evoluzione, il Private Equity in Italia si orienta verso una maggiore selettività, privilegiando imprese resilienti e aperte all’innovazione, con una crescente attenzione a tecnologie come l’intelligenza artificiale, ormai elemento chiave nelle scelte strategiche degli investitori”.
I principali trend di investimento: ESG, intelligenza artificiale e PNRR
L’integrazione dei criteri ESG nei processi di investimento è ormai una prassi ben radicata tra gli operatori del Private Equity, coinvolgendo sia la fase iniziale di valutazione che quella di gestione delle partecipate. Circa un quarto del campione (23,1%) dichiara di monitorare il rispetto di standard ESG minimi già durante la due diligence, e una percentuale analoga si concentra sull’implementazione di politiche sostenibili nelle società in portafoglio. Inoltre, il 17,7% degli intervistati prende in considerazione l’ESG come leva per la creazione di valore durante l’analisi preliminare delle opportunità di investimento.
L’intelligenza artificiale si conferma un fattore sempre più rilevante nella selezione dei target: l’84% degli operatori la include nel processo di valutazione, con il 21,4% che la considera un driver chiave nelle proprie decisioni. La maggioranza (62,5%) ne riconosce comunque l’importanza, pur mantenendola in secondo piano rispetto ai parametri di investimento tradizionali.
Quanto all’utilizzo delle risorse derivanti da Next Generation EU e PNRR, il 57,1% degli operatori prevede di applicarle a una porzione contenuta (fino al 25%) del proprio portafoglio nel semestre in corso, in calo rispetto alla rilevazione precedente (–12,1 %). Parallelamente, aumenta la quota di chi intende sfruttare questi fondi per una fetta più ampia di società, tra il 26% e il 50% (14,3%, +8,5 %). Solo l’1,8% prevede di utilizzarli in misura superiore alla metà delle partecipate, mentre il 26,8% non ha in programma di ricorrere a tali strumenti.
“Nel panorama attuale, le priorità degli investitori si sono profondamente trasformate: i criteri ESG non sono più un’opzione ma un requisito ormai integrato nelle strategie di investimento del Private Equity. Parallelamente, l’intelligenza artificiale sta assumendo un ruolo sempre più centrale nei processi di valutazione, con la maggior parte degli operatori che la considera un fattore rilevante nella selezione delle aziende target. Sul fronte settoriale, il manifatturiero continua a rappresentare un comparto chiave, mentre si registra un crescente interesse verso ambiti in forte evoluzione come il Food % Beverage e il Life Sciences % Healthcare”, dichiara Claudio Scardovi, Deloitte Private Equity Leader.
Manifattura, Food & Beverage e Life Sciences & Healthcare i settori più interessanti del secondo semestre 2025
Le indicazioni raccolte dagli operatori per il prossimo semestre confermano il Manifatturiero come ambito prioritario per gli investimenti, con un aumento delle preferenze che lo porta al 23,8%, in crescita di 2,7 % rispetto alla rilevazione precedente. Il Food & Beverage mostra un’accelerazione significativa, attestandosi al 14%, nonostante una lieve flessione (-2,3 %). In crescita anche il comparto Life Sciences & Healthcare, che raggiunge il 12,8% (+0,6 %). L’interesse per il settore ICT registra invece una contrazione, scendendo all’11,6% (-2,0 %), mentre il Terziario evidenzia un miglioramento delle aspettative, salendo al 9,1% (+3,7 %). I settori Pharma e Consumer Goods, infine, risultano meno attrattivi per gli operatori in questa fase: entrambi si attestano al 7,9%, con cali rispettivi di 2,3 e 3,6 %.
Distribuzione geografica dei deal: il Nord rimane la preferenza, ma cresce il Centro e l’Estero
Sul piano geografico, la maggior parte delle operazioni concluse negli ultimi sei mesi ha avuto luogo nel Nord Italia, che si conferma l’area più attiva con l’85,7% del totale – equamente suddiviso tra Nord Ovest e Nord Est (42,9% ciascuno) – nonostante un calo complessivo di 8,5 % rispetto al periodo precedente. Il Centro Italia mostra un incremento di attenzione, salendo al 7,1% delle operazioni concluse (+3,3 %), mentre il Sud mantiene una posizione stabile con una quota pari all’1,8%. Cresce anche l’interesse per le operazioni oltreconfine, che raggiungono il 5,4% del totale.
Le principali strategie di investimento
Il ricorso alle banche commerciali resta la modalità di finanziamento più diffusa tra gli operatori per le operazioni di acquisizione, indicata dal 53,6% dei rispondenti. Tuttavia, si registra una flessione rilevante rispetto al semestre precedente (–21,4 %). Al contrario, guadagna terreno il private credit, scelto dal 28,6% degli operatori, in aumento di 17 %, segnalando una crescente apertura verso fonti alternative di finanziamento.
Per quanto riguarda le dimensioni delle operazioni previste nei prossimi sei mesi, si osserva un orientamento verso deal di taglio più contenuto. Le transazioni comprese tra i 16 e i 30 milioni di euro crescono sensibilmente, raggiungendo il 30,4% (+9,2 %), mentre cala la quota di operazioni superiori ai 31 milioni, che scende al 44,6% (–16,9 %). In aumento anche le operazioni più piccole, sotto i 15 milioni di euro, che salgono al 25% del totale (+7,7 %).
Le previsioni sul valore dei portafogli per il prossimo semestre continuano a essere positive. Sale leggermente la quota di operatori che si aspetta un aumento del valore, ora al 69,6% (+2,3 %), mentre cala quella di chi prevede una situazione stabile, scesa al 28,6% (-2,2 %). Si registra una lieve diminuzione anche tra coloro che ipotizzano una flessione, passati dall’1,9% all’1,8%.
Le previsioni sulla composizione dei portafogli per il prossimo semestre indicano un calo dell’interesse per le operazioni di minoranza, a favore di quelle di maggioranza, che si confermano nettamente preferite, salendo all’83,9% delle indicazioni (+7,0 %). Al contrario, le partecipazioni di minoranza registrano una flessione marcata, scendendo al 14,3% (-6,9 %). L’interesse per i co-investimenti resta pressoché invariato, fermandosi all’1,9% (-0,1 %).
In linea con quanto rilevato nella precedente edizione della Survey, gli operatori mostrano aspettative stabili in termini di volume di investimenti: oltre la metà (53,6%) prevede un numero di deal invariato, il 33,9% si attende una crescita, mentre solo il 12,5% ipotizza una riduzione.
Anche sul fronte dei disinvestimenti le previsioni per il prossimo semestre riflettono un atteggiamento cautamente positivo: solo una minoranza, pari all’8,9% degli operatori, prevede una contrazione dell’attività, in lieve aumento rispetto al semestre precedente (+1,2 %).
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