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Riforma dei fondi europei, impatti pesanti sulle regioni


Nessuna suddivisione tra Pac e Fesr, spariscono le regioni obiettivo e si decide tutto a Roma: ecco come la nostra regione potrà perdere miliardi di euro a partire dal 2028

 

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Un memorandum interno, una nota “da non divulgare e da non aprire in luoghi pubblici” (così recita l’avvertenza sul frontespizio della nuova bozza di regolamento) che cambierà per sempre le politiche di coesione per come le conosciamo noi. Basta programma specifici per l’agricoltura o per la pesca, nessun sostegno specifico per le regioni più in difficoltà ma soprattutto un cambio radicale: sarà Roma, e non Bruxelles, a decidere le sorti dei singoli programmi e quali saranno i budget da allocare per ogni singola regione d’Italia.

Le conseguenze dell’era dei nazionalismi e delle sfrenate richieste di più poteri ai singoli stati hanno dunque la prima, pesantissima conseguenza: le politiche di coesione, nate come strumento centralizzato per abbattere le differenze tra i territori dell’Unione Europea, spariscono con un colpo di penna. Il sogno dei padri fondatori di avere un unico grande territorio all’interno del quale non vi fossero più differenze economiche, in cui il benessere e lo sviluppo fossero diffusi, sparisce con un tratto di penna. Addio POR, PAC, FESR, FSE: benvenuto NRP, un unico grande contenitore gestito dal singolo stato.

Addio alle regioni obiettivo ed alla politica agricola: dal 2028 un unico piano per tutto

Da anni le politiche di coesione erano sotto attacco: troppi soldi dati a regioni e paesi incapaci di sfruttarli fino in fondo, l’impotenza dei governi nazionali di poter mettere mani su quei bottini estremamente consistenti e troppo golosi da farsi sfuggire e l’impossibilità attuale di poter mettere mani a quelle risorse, a causa dei vincoli stringenti dei regolamenti interni. Il Covid prima ma soprattutto le nuove tensioni (guerra in Ucraina e nuovi dazi su tutti), legati soprattutto alle polemiche per la necessità di trovare nuove risorse per le politiche di riarmo globale, hanno guidato la mano di questa proposta di riforma dei fondi di coesione ad opera della Commissione Europea.

Viene così creato un unico fondo integrato: si chiamerà “European Economic, Territorial, Social, Rural and Maritime Sustainable Prosperity and Security Fund” e le politiche oggi separate (coesione, PAC, pesca, migrazione, sicurezza, transizione climatica) saranno raccolte sotto un unico regolamento quadro, non più a guida regionale ma a guida nazionale. Ogni Stato membro dovrà presentare un unico Piano Nazionale e Regionale (NRP Plan), valido per tutti i fondi, con eventuali capitoli territoriali. La cloche di controllo passerà a Roma, e otterrà maggiori fondi chi avrà maggiore potere negoziale: le regioni del Sud sono avvisate, l’assalto alla diligenza è dietro l’angolo.

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Spariscono le regioni convergenza, tornano le milestone: i Por diventano dei grandi Pnrr

Dal punto di vista della governance e della suddivisione dei fondi, il quadro cambierà profondamente: nel programma 2028-2035 spariscono le tradizionali categorie delle regioni (Convergenza, Transizione, Competitività) che permettevano alle regioni più in difficoltà di avere fondi aggiuntivi per superare il gap rispetto agli altri. Dopo anni di spese grasse, insomma, arriva una profonda retromarcia: ogni paese deciderà internamente come suddividere i fondi tra i territori, in base alle proprie sfide e priorità (ma qualcuno obietterà, malignamente, anche in grado alle forze di potere al governo in quel momento). Se finora era stato il PIL delle singole regioni a decidere chi dovesse avere di più, adesso la piramide si rovescia: spazio ai singoli stati, nessuna contrattazione tra Bruxelles e le regioni ma unica cabina di regia nelle capitali.

I fondi potranno essere riallocati durante la programmazione, anche per far fronte a crisi impreviste, e ci saranno meccanismi dedicati per la modifica rapida anche in base alla revisione obbligatoria di metà mandato prevista nel 2031: le risorse non verranno più rimborsate sulla base delle spese sostenute, ma erogate in funzione del raggiungimento di obiettivi (le milestone già presenti ad esempio nel PNRR) passando da una logica di “spesa rendicontata” ad una di “Impatto misurato”.

Le Regioni perdono centralità e voce: a rischio i territori più fragili

Un piano così disegnato, se da un lato lascia spazio ad una maggiore uniformità tra le singole nazioni (che potranno lavorare ad un bilancio UE come uno strumento strategico che avrà temi trasversali come difesa, sicurezza e altro), dall’altro rischia di far perdere ai singoli territori quella voce e quell’autonomia che avevano faticosamente guadagnato. Le Regioni, Calabria inclusa, non saranno più titolari della programmazione ma solo attuatori: i piani saranno nazionali e le autorità regionali potranno essere coinvolte dai governi nella definizione di singoli “capitoli territoriali”, come vengono definiti, ma non avranno autonomia decisionale. Perderà completamente voce in capitolo il partenariato economico e sociale delle singole regioni, strumento grazie al quale sindacati, rappresentanti di categorie e altri elementi potevano far sentire la propria voce: resterà obbligatorio, ma conterà poco o nulla poiché la gestione sarà totalmente centralizzata nelle stanze romane.

Se quindi da un lato ci sarà una profonda semplificazione amministrativa (un solo piano, un solo set di regole per tutti), dall’altro ci saranno interi territori che rischieranno di perdere voce e risorse. Sparisce totalmente il concetto di coesione territoriale ma i fondi diventano leve di riforma nazionale: le risorse saranno legate a piani di risorse e investimenti, che però non terranno più in conto i divari interni.

Un nuovo equilibrio, dunque, si sta disegnando nei rapporti tra UE, stati e territori: le regioni, per non perdere centralità, dovranno cambiare totalmente le loro policy e riuscire a fare maggiori pressioni per ottenere di più dai governi centrali. Si apre quindi una nuova stagione, con regole del gioco totalmente diverse: se le regioni vorranno restare protagoniste, dovranno cambiare in fretta i loro assetti. Senza i miliardi di euro delle politiche di coesione, interi territori rischieranno di sparire per sempre.



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