Lo scorso 9 luglio è approdato alla Camera, dopo essere stato approvato dal Senato il 20 maggio scorso, il testo di una Legge Delega (DDL AC2393[1]) contenente, come ormai d’uso, una serie di deleghe al Governo per semplificazioni normative.
Tra queste è di particolare interesse la norma prevista all’articolo 11 che reca la rubrica “Delega al Governo in materia di semplificazione, aggiornamento e riassetto del codice dell’amministrazione digitale (CAD)”.
Trasformazione digitale, l’Italia Paese delle norme disattese: da dove (ri)partire
Legge delega AC 2393 riforma del Cad (Codice amministrazione digitale)
Tentiamo di fare alcune prime considerazioni sul testo ad oggi disponibile, consapevoli che la Camera – dove verrà discusso direttamente in Commissione – ha comunque potere di modificarlo anche in maniera molto estesa o non approvarlo affatto.
Anzitutto notiamo che si tratta di una delega veramente molto ampia: viene data al Governo la delega ad adottare, entro dodici mesi, uno o più decreti legislativi di semplificazione, modificazione e integrazione del CAD “al fine di valorizzare e rafforzare il patrimonio informativo pubblico, i processi di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e l’erogazione di servizi in rete ai cittadini e alle imprese”. Come vedremo vengono previsti criteri specifici, tuttavia il fatto che si consenta, nei dodici mesi successivi (termine che non è vincolante e solo indicativo) la possibilità di un numero teoricamente illimitato di decreti di riforma, modifica ed integrazione del CAD.
Primo obiettivo della riforma del codice amministrazione digitale: identità digitale
Il primo obiettivo e criterio che viene dato al Governo nel testo attuale è quello di “aggiornare la disciplina dei mezzi di identificazione elettronica e dei servizi fiduciari in coerenza con il quadro regolatorio europeo, al fine di semplificare l’accesso ai servizi in rete erogati dalle pubbliche amministrazioni e la fruizione dei medesimi”.
La delega serve a fare in modo che il Governo abbia il potere di predisporre ed approvare direttamente le norme occorrenti per coordinare la disciplina nazionale con quella del wallet europeo EUDI previsto – come noto. – dal Regolamento EIDAS2: è evidente che le norme che, ad oggi, prevedono l’uso di sistemi SPID/CIE e di firma digitale dovranno essere aggiornate e rapportate ai servizi del wallet UE. Si nota però una carenza che ci auguriamo verrà risolta nel passaggio alla Camera (cosa che però comporterebbe un nuovo passaggio al Senato del testo modificato): il Governo è delegato a normare e aggiornare la disciplina dell’identità solo per l’accesso ai servizi pubblici, l’accesso i servizi privati non potrebbe essere modificato sulla base dell’attuale testo. Una simile omissione rischia di creare una dicotomia tra accesso ai servizi pubblici e accesso ai servizi privati che – ammesso sia tecnicamente possibile – andrebbe decisamente nel senso contrario alla semplificazione che sembra il fine della Legge in esame.
Sì nota poi che il Governo viene altresì delegato a aggiornare/modificare/integrare la disciplina dei servizi fiduciari in coerenza con il nuovo regime dei mezzi di identificazione elettronica. Sul punto non guasterebbe una maggiore precisione dei criteri: i servizi fiduciari – cioè firma elettronica, marca temporale, sigillo elettronico e similari – non sono direttamente impattati dall’introduzione del wallet se non per la norma del Regolamento EIDAS2 che impone di includere nel wallet (per di più gratuitamente) una firma elettronica ad uso non professionale.
E’ probabile che sia la necessità di disciplinare di tale aspetto ad aver ispirato il criterio dettato dal Legislatore. Si tratta di un passaggio delicato: rendere disponibili attraverso il wallet servizi di firma gratuiti – se questi non siano adeguatamente e chiaramente limitati rispetto ai servizi di firma professionali – può mettere in crisi quella che è una eccellenza nazionale: i fornitori dei servizi fiduciari; la gratuità del wallet potrebbe infatti essere utilizzata da provider multinazionali (Apple e Google hanno già espresso il loro interesse) per fornire – anche in perdita – versioni del wallet con modalità che, potenzialmente, potrebbero aumentare ed incentivare i legami degli utenti ai rispettivi ecosistemi digitali, a detrimento dell’interoperabilità.
In particolare, riguardo alla firma, la norma del Regolamento EIDAS2, l’art. 5 comma 5, lettera g) prevede la facoltà degli Stati membri di emanare norme che limitino l’uso della firma elettronica gratuita inclusa nel wallet agli scopi non professionali. Riterrei dunque che nell’ambito dell’esercizio dela delega dovrà senz’altro essere una norma in questo senso che chiarisca anche cosa è scopo professionale e cosa è scopo non professionale e, soprattutto, quali sono gli effetti dell’uso di firma non professionale in ambito professionale: la firma sarà nulla? Occorrerà pagare al relativo provider di firma l’utilizzo per scopi non conformi?
Il problema è che, normalmente, quando lo Stato (in questo caso l’Unione) impone a soggetti privati prestazioni gratuite, anche per salvaguardare la concorrenza ed il mercato, dovrebbe farsi carico del relativo indennizzo.
L’occasione sembra anche propizia per (finalmente) togliere di mezzo i residui pre-EIDAS delle norme sulla firma elettronica avanzata: il DPCM 22 febbraio 2012 prevede obblighi per chi adotta le procedure di firma elettronica avanzata anacronistici e che limitano fortemente la diffusione dello strumento (es. obblighi di stipulare polizze assicurative senza poter a questo delegare il fornitore tecnico). Prevede inoltre una limitazione della validità della FEA ai soli rapporti giuridici con chi ce la rilascia senza però chiaramente prevedere quali sarebbero le conseguenze dell’uso difforme. Si tratta di limitazioni che, ad avviso di chi scrive, non sono compatibili con il regime EIDAS e non si comprende perché Agid continui a sostenere che tali norme risalenti debbano trovare applicazione.
Once only reale nel nuovo Cad
Il secondo criterio e fine dell’aggiornamento del CAD è nel senso dell’attuazione del principio once only che – a ben vedere – è stato introdotto nel CAD già nel 2016 ma è rimasto, per gran parte, lettera morta.
Si tratta di semplificare, razionalizzare e rendere interoperabili i processi per accedere ed avere a disposizione dati proveniente da banche dati delle pubbliche amministrazioni. Ricordo al riguardo che, come più volte ho scritto su Agenda Digitale[2], il CAD già contiene l’art. 43 comma 1-bis sul quale, presumibilmente dovrebbe anche focalizzarsi il rafforzamento e aggiornamento previsto dalla Delega. La norma prevede – in sintesi – che il cittadino sia esonerato dal conservare ed esibire i documenti conservati dalla Pubblica Amministrazione in forma digitale e che la P.A. debba fornire al cittadino un metodo per accedere rapidamente a tali documenti con l’identità digitale.
L’attuale testo non prevede però sanzioni per le Amministrazioni che, comunque, richiedono tali documenti.
Il rafforzamento dell’interoperabilità, anche attraverso una più dettagliata regolamentazione di quali siano obblighi ed effetti relativi all’uso della Piattaforma Nazionale Dati non può che portare reali vantaggi e semplificazioni, limitando quella odiosa burocrazia digitale che tenta di replicare i processi analogici nei servizi online, senza avvalersi delle possibilità che offre la tecnologia per semplificare e rendere più snelle le procedure.
Residua però un dubbio finale sulle potenzialità della riforma in discussione: il DDL in discussione prevede che quanto sopra sia realizzato a costo zero per lo Stato, a meno che i decreti attuativi non trovino specifici fondi: è difficile credere che riforme di questa portata possano essere realizzate senza risorse finanziarie e tale previsione potrebbe limitare la possibilità per il Governo di dare concreta attuazione agli obiettivi che ad esso vengono così assegnati.
Si tratta, insomma, di una partita da tenere sotto osservazione e non mancheranno successivi commenti man mano che il processo va avanti.
[1] https://www.camera.it/leg19/126?leg=19&idDocumento=2393
[2] https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/trasformazione-digitale-litalia-paese-delle-norme-disattese-da-dove-ripartire/
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