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Ucraina, perché l’Italia e Giorgia Meloni guardano alla ricostruzione di Odessa


Nel mosaico complesso della ricostruzione ucraina, l’Italia ha deciso di adottare un tassello ben preciso: Odessa, la città simbolo affacciata sul Mar Nero, cuore culturale e strategico dell’Ucraina meridionale. L’annuncio è arrivato direttamente da Giorgia Meloni, che ha aperto la Conferenza internazionale sulla ripresa dell’Ucraina ospitata a Roma lo scorso 11 luglio.

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“L’Italia si occuperà di Odessa”, ha dichiarato la premier, indicando nella città bombardata uno dei luoghi chiave su cui concentrare non solo aiuti materiali, ma anche una visione politica e culturale. Una mossa che unisce diplomazia, identità e interessi economici.

Dalle macerie alla rinascita: l’impegno italiano per l’Ucraina

L’Italia ha assunto il patronato sulla città di Odessa, che oggi è una città ferita. I bombardamenti russi hanno colpito duramente anche il suo centro storico, inclusa la cattedrale della Trasfigurazione, dichiarata patrimonio Unesco, e la Filarmonica, che custodisce un pezzo importante dell’anima artistica della città.

L’Italia intende partire da lì: dal restauro dei monumenti, dai simboli che incarnano lo spirito di Odessa. Ricostruire non solo muri e tetti, ma anche un’identità collettiva, un’idea di futuro che non può prescindere dalla bellezza, dalla memoria e dalla cultura. Si va dai trasporti all’energia, dalla sanità all’agricoltura. Tra i progetti annunciati figura una nuova ala pediatrica all’ospedale di Odessa da 32 milioni di euro. Nella stessa regione si sviluppano progetti sull’uso sostenibile delle risorse idriche, oltre a una dichiarazione d’intenti trilaterale (Italia, Ucraina, Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa) per finanziare il programma “Home”, pensato per risarcire i proprietari di case distrutte.

Odessa come punto di equilibrio tra cultura e geopolitica

Perché proprio Odessa? La risposta è duplice. Da un lato, la città rappresenta un crocevia storico tra Europa e mondo slavo, un porto aperto che dal Mar Nero guarda al Mediterraneo e all’Occidente. Dall’altro, la sua ricostruzione è un atto profondamente politico: un modo per contrastare la narrazione distruttiva della guerra russa con un progetto europeo di speranza.

A Zelensky, l’iniziativa italiana è apparsa come un gesto forte di vicinanza e fiducia. Non solo aiuti umanitari o armi, ma un legame che passa anche per il restauro di una chiesa, per il rilancio di una filarmonica, per un ospedale pediatrico.

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Ucraina, l’Italia al centro della scena diplomatica

Quello di Meloni è anche un messaggio al mondo: l’Italia vuole giocare un ruolo di primo piano nella futura Ucraina, unendo capacità industriali, spirito umanitario e visione geopolitica. Non è un caso che proprio a Roma, oltre a Zelensky, siano giunti rappresentanti di Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, e la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen.

Sullo sfondo, il progetto Odessa diventa così il volto visibile di una diplomazia attiva, che non si limita agli aiuti ma prova a disegnare già ora i contorni del dopoguerra. E in quel disegno, l’Italia — con le sue imprese, la sua arte, la sua storia — vuole lasciare una firma.

Ricostruzione e affari: 40 intese firmate a Roma

Ma la ricostruzione non si ferma al patrimonio culturale. Durante la conferenza di Roma, sono stati siglati oltre 40 accordi commerciali tra aziende italiane e partner ucraini, per un valore complessivo — tra investimenti europei e privati — stimato oltre i 10 miliardi di euro.

Un impegno corale che va dalla difesa all’energia, dalla logistica alle infrastrutture, con l’ambizione di coniugare solidarietà e strategia industriale. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato pubblicamente il governo italiano e il “sistema Paese”, sottolineando l’importanza della partecipazione privata al processo di rinascita. Accanto a lui, la premier Giorgia Meloni ha richiamato il parallelo con la ricostruzione postbellica del secondo dopoguerra, mentre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha rilanciato l’impegno dell’UE con un nuovo “European Flagship Fund”, che punta a mobilitare ulteriori 500 milioni di euro entro il 2026.

Le imprese italiane in prima fila

Molti dei grandi gruppi industriali italiani hanno già firmato accordi concreti. Enel, ad esempio, donerà 1 MW di pannelli solari per ospedali e scuole, nell’ambito dell’iniziativa “Ray of Hope”. Snam collaborerà con il gestore ucraino del gas per rafforzare la sicurezza energetica e avviare progetti di decarbonizzazione. Terna lancerà un’iniziativa con Ukrenergo per l’integrazione della rete elettrica ucraina in quella paneuropea.

Nel settore dei trasporti, Ferrovie dello Stato guarda a un corridoio logistico verso Trieste e Venezia, mentre Mermec svilupperà sistemi per la sicurezza ferroviaria con l’obiettivo di allineare gli standard ucraini a quelli europei. Leonardo e Enav sono impegnate nella ricostruzione dell’infrastruttura aerea civile e hanno già donato a UkSATSE (l’azienda statale ucraina per il servizio di traffico aereo) cinque radar primari, per un valore superiore ai 60 milioni di euro.

Altri attori strategici sono Fincantieri, pronta a proteggere infrastrutture critiche come oleodotti e dorsali energetiche, e Webuild, che ha firmato tre intese: un accordo da 2 miliardi con Automagistral, uno da 600 milioni con Ukrhydroenergo e un terzo con l’Agenzia ucraina per la ricostruzione e le infrastrutture.

Garanzie, fondi e supporto al tessuto imprenditoriale

Per facilitare l’accesso delle aziende italiane al mercato ucraino, Simest attiverà un plafond da 300 milioni per il credito all’esportazione, mentre Cdp, Sace e Simest hanno firmato un memorandum con il Ministero dell’Economia ucraino per promuovere iniziative congiunte. La Cooperazione Italiana ha inoltre stanziato 150 milioni di euro per progetti nei settori dell’energia, delle infrastrutture critiche, della salute e dello sminamento.

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Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato 50 milioni per l’acquisto di beni essenziali e 100 milioni per il programma Economic Resilience Action, coordinato dalla Banca Mondiale.

Quanto costa ricostruire l’Ucraina

Secondo Matteo Zoppas, presidente di ICE, la ricostruzione dell’Ucraina rappresenta “un’opportunità strategica” da 500 miliardi di euro, ma per coglierla serve uno sforzo collettivo: ad oggi, l’Italia ha partecipato a soli 13 bandi europei su oltre 900 pubblicati, aggiudicandosi sei progetti. La sfida, quindi, è anche burocratica e formativa, per evitare di restare ai margini di una ricostruzione che ha appena cominciato a prendere forma.

“Chi arriva prima, investe meglio”

Meglio muoversi ora, prima della fine del conflitto: è il consiglio di Bogdan Yarmolenko, direttore di EY Ucraina, che ha organizzato un evento a Roma alla vigilia del vertice. Secondo lui, non serve impegnare subito grandi capitali, ma è fondamentale posizionarsi in anticipo: “C’è molto lavoro da fare, ma lo stiamo facendo, passo dopo passo. La mia ferma raccomandazione agli investitori globali è di sfruttare il vantaggio del primo arrivato; ora è il momento critico per identificare e valutare le opportunità”.

Nonostante la guerra, l’Ucraina ha registrato una crescita economica del 5% nel 2023 e si prevede un ulteriore +4% nel 2025, con potenziale tra il 6 e il 7% in caso di pace, secondo la Kiev School of Economics. Ma le difficoltà sono ancora enormi: il PIL è crollato del 28% nel 2022, e un terzo delle aziende ha cessato l’attività. Intanto, la difesa è diventata il settore industriale trainante, superando acciaio ed energia.

“Sostenere le imprese perché possano operare in Ucraina”

Anche Anna Derevyanko, direttrice della European Business Association e ceo della Global Business for Ukraine, invita le imprese: “Quando si tratta di sostenere il settore privato, non chiediamo aiuti per gli ucraini. Chiediamo ai governi, ad esempio quello italiano, di sostenere le proprie imprese affinché possano operare in Ucraina. Questo – le sue parole all’Agenzia Nova – è un vantaggio per tutti. Si sostiene lo sviluppo delle aziende italiane e allo stesso tempo si aiuta l’Ucraina a riprendersi”. Ovviamente, un cessate il fuoco sarà fondamentale, tuttavia, aggiunge “anche in tempo di guerra, anche senza un cessate il fuoco, stiamo assistendo a un enorme interesse da parte di vari Paesi e imprese che vogliono operare con o in Ucraina”. Derevyanko sottolinea poi un aspetto molto importante: “I leader europei hanno detto chiaramente che l’Ucraina sarà un futuro Stato membro dell’Ue. Questo significa che investire in Ucraina equivale a investire nel mercato unico, investire nella comune famiglia europea”.

Energia, logistica, agroalimentare: le nuove frontiere

Oltre alla difesa e all’edilizia – settori cruciali per la ricostruzione di infrastrutture danneggiate – si guarda con interesse anche all’energia, alla logistica e all’agroindustria. Alcune grandi aziende, come Nestlé, hanno già avviato investimenti concreti, inaugurando un impianto nell’Ucraina occidentale, e diverse aziende europee stanno acquisendo asset nelle telecomunicazioni.

Tuttavia, la situazione resta complessa. Oltre ai rischi legati alla sicurezza, esistono problemi di trasparenza, corruzione e incertezza normativa. Secondo un’indagine tra gli iscritti alla Global Business for Ukraine e alla European Business Association, il 79% delle imprese internazionali è interessato a investire nel Paese, ma il 68% cita la sicurezza come principale freno. Seguono corruzione (47%), debolezza dello stato di diritto (34%) e restrizioni valutarie (25%).

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La ricostruzione dell’Ucraina è una sfida colossale, ma anche una straordinaria occasione di cooperazione internazionale. Per l’Italia, Odessa non è solo un simbolo culturale da salvare, ma anche il punto d’ingresso per contribuire a un nuovo ordine europeo, dove diplomazia, impresa e memoria condivisa si intrecciano. La partita è appena iniziata — ma chi si muove ora, può davvero fare la differenza.

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