Microcredito

per le aziende

 

Aree interne, declino irreversibile? No! Per Fabrizio Barca serve una visione




Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Abbiamo incontrato l’ex ministro Fabrizio Barca per parlare di aree interne e prospettive di rilancio. Con lui abbiamo parlato di demografia, giovani e strategie per non arrendersi al declino. Ecco l’intervista.

Fabrizio Barca, laureato in Scienze Statistiche e Demografiche, economista, è oggi co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità. È stato dirigente di ricerca in Banca d’Italia, responsabile delle previsioni macroeconomiche, di indagini sulle imprese e di progetti di studio sugli assetti proprietari delle imprese, capo Dipartimento della politica pubblica per lo sviluppo nel Ministero dell’Economia e delle Finanze. Già Ministro per il Sud e la coesione territoriale della Repubblica Italiana, ha costruito e diretto strategie di politica economica come la Strategia nazionale per le aree interne.

Fabrizio Barca, nel documento del nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne (2021–2027), era apparsa una nota che certificava “un declino irreversibile” per le aree interne d’Italia. Ci può spiegare come agisce e cosa fa un demografo nell’analisi del territorio?

La demografia è una scienza sociale molto potente, perché individua delle tendenze che influenzano la nostra vita per molti anni: il tasso di fertilità di un anno ce lo ritroviamo per i successivi settanta, ottant’anni. Il fatto che ogni anno in Italia passino la soglia dei 18 anni diecimila ragazzi e ragazze in meno lo sapevamo già da diciotto anni. Non tenere conto delle tendenze demografiche per comprendere il fiume sotterraneo che segna le nostre vite è un errore grave. Per quanto riguarda le aree interne, è doveroso farlo. Ad esempio, nell’analisi della Baronia si osserva una situazione demografica molto pesante ma con due-tre eccezioni interessanti: un aumento della natalità in due-tre comuni che va compreso, e un forte aumento in uno-due comuni di persone provenienti da fuori. Con questo esempio già emerge che il demografo deve avere uno sguardo fine. Ma soprattutto chiunque si occupa di demografia deve evitare – ce lo insegnano al primo anno di Università – il determinismo demografico, ovvero l’idea che le tendenze demografiche si traducano in destini irreversibili. È una propensione forte nella nostra epoca distopica, ma è sbagliata.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Perché?

Prima di tutto, possono esserci controtendenze. Dire, com’è stato scritto erroneamente, che analizzando tutte le aree in cui c’è una caduta demografica si può concludere che siano destinate a scomparire, è una sciocchezza. Non tiene conto di riprese di natalità, di fenomeni migratori, da ritorni prodotti da eventi naturali o da comportamenti, azioni e politiche.

La demografia ci permette di individuare la tendenza, ma devi considerare altro. Come va l’agricoltura? Quanti giovani sono impegnati in quel settore? Il tasso di natalità com’è stato? Sta arrivando qualcuno? Già questo è un dato più ricco della sola tendenza demografica.E poi bisogna cercare di comprendere se in quel territorio c’è una visione, una strategia a lungo termine. È diverso se c’è o non c’è. E ancora: ammesso che ci sia, ci sono le condizioni tecnico-amministrative per attuarla? Bisogna anche tenere conto di fenomeni esogeni: l’alterazione climatica, ad esempio, sta creando una potenziale voglia di andarsene dalle grandi città e dalle bolle di calore.

Quindi, verranno nelle aree interne? Non necessariamente, ma se ce l’hai in testa puoi offrire delle condizioni di vita affinché questo possa accadere. Cosa vogliono? Quali condizioni familiari? Asili, scuole, trasporti intercomunali?

Ma, specie in quest’epoca grama, dobbiamo imparare a tramutare gli errori in opportunità. La scivolata del demografo può aiutarci a comprendere su cosa invece bisognerebbe ragionare. Mentre il fatto che un Dipartimento dello Stato l’abbia pubblicata segnala la disattenzione pubblica alle aree interne, al di là dei soldini trasferiti. E’ una scossa a tutti coloro che stanno reagendo.

Registra allora una reazione nazionale?

Soprattutto tra i giovani e le giovani, che si incontrano da tutta Italia per studiare iniziative.

Sulle Madonie, che ricordo ha dell’azione, quando si occupava della strategia delle aree interne?

Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

Spero di tornare presto a camminare sulle Madonie. Il mio ricordo è legato alla metà dello scorso decennio e fino a prima del Covid: un territorio dalle grandi potenzialità, capace di offrire servizi interessanti, rilanciare prodotti e avviare progetti legati al consumo culturale. La sensazione che avevo era che tutto ciò dipendesse dall’intelligenza di chi vive oggi nel saper utilizzare il meglio di chi ha vissuto ieri. Chi ha vissuto ieri ha regalato a quel territorio una capacità di fare comunità superiore a quella di altri territori, probabilmente legata – secondo le analisi storiche – alla struttura del feudalesimo dei Ventimiglia, che non cercava l’isolamento ma favoriva l’incontro, e soprattutto alla scelta dei beni comuni che, alla fine del feudalesimo, li portò ad avere terre comuni. Avere terre comuni costringe a discutere, decidere assieme, ed è un fattore che spinge alla cooperazione. Così come in altre zone d’Italia, penso ad esempio all’area del Baunei in Sardegna o anche in alcune zone della Toscana. Il “plus” delle Madonie, oltre il dato storico, è proprio la capacità di questo patrimonio di fare comunità.

Questo è quello che vidi. Citavo spesso la differenza tra le Madonie e i Nebrodi nell’accoglienza dei profughi: era il segnale che la gente non avvertiva l’arrivo come uno spiazzamento, ma come un’opportunità.

L’accoglienza da parte di un territorio è un segnale di benessere mentale.

Poi con il Covid molte cose sono cambiate. Poteva lo smart working, strumento sperimentato dal 2020, essere una possibilità per le aree interne?

Io non credo che poteva essere, credo che abbia attivato dei processi che sono rimasti.

Il ritorno indietro da parte di alcune imprese è stato certamente legato, con tutta franchezza, alla grave perdita della convivenza tra le persone che lavorano insieme.

Tuttavia, si è registrata una disponibilità da parte di molti giovani a restare in questi territori.

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Il tema è se questa disponibilità venga accolta o meno. A parte la precondizione della cultura digitale di qualità, c’è qualcosa di più. Nel Lazio, grazie alla spinta del Forum Disuguaglianze e Diversità, fu approvata una norma regionale che prevedeva la realizzazione nelle aree interne di piccoli hub, piccole “case del popolo” del XXI secolo, in cui i lavoratori e le lavoratrici potessero lavorare ma non da casa – perché la casa discrimina – e con qualcosa di più: perché se lavori in un altro contesto, si ricostruiscono o si costruiscono nuovi rapporti.

La politica pubblica in alcuni casi ha tentato di agire, in altri non ha favorito.

Non vedo questo processo pienamente utilizzato, ma non lo vedo neanche spento.

E quindi l’emorragia dei giovani, che solo per un breve periodo sono tornati “a casa”, ha riportato – se non esacerbato – la divisione tra le stagioni che vivono spesso le aree interne: un inverno deserto e un’estate ripopolata. Come può questa modalità di fruizione dei luoghi sostenere l’economia di chi invece lì vive tutto l’anno?

C’è una forma di stagionalità inevitabile, fisiologica, che costringe chi ha un’attività in quei territori a farci i conti. Ma c’è anche una forma degenerata di questa stagionalità, che arriva fino alla parossistica idea dei “borghi”. Uso volutamente questa parola. Borghi concepiti non più come luoghi di vita, ma come pura offerta: in quel caso, turisti e abitanti si trasferiscono nello stesso momento e poi assieme scendono a valle e quel luogo perde la sua identità. Diventa un ostello, un villaggio turistico rifornito dall’esterno, non sostenuto da attività interne durante tutto l’anno.

In mezzo c’è una strada, il tentativo cioè di sfruttare il fatto che – con il cambiamento climatico – sulle Madonie, dove si riempiono ancora le cavità del Monte Carbonara di neve, aumentino i mesi in cui si possa vivere più facilmente. Non so se sia partita l’operazione navetta su Palermo-Catania. Era un passo importante. Ci sono operazioni che possono ridurre i mesi di vuoto e favorire modalità di lavoro più stabili nei territori, rendendo quel fenomeno meno grave.

Opportunità unica

partecipa alle aste immobiliari.

 

Quindi molto dipende da chi fa ma soprattutto da chi farà. Un messaggio per il futuro?

Mi sta colpendo la reazione dei giovani alla scivolata del “declino inarrestabile”. Molti ragazzi e ragazze hanno detto: “Noi, in realtà, ci stiamo pensando a tornare”, dopo esserci approvvigionati fuori, magari, com’è giusto che sia. Ne abbiamo scritto assieme con Carmelo Traina – che è tornato in Sicilia e si impegna in prima linea – in un testo che girerà in Autunno per Caritas Italiana. Il messaggio è chiaro: per i giovani e le giovani, dall’adolescenza fino alle soglie ballerine dell’età adulta vanno offerti spazi che essi possano concorrere a strutturare e dove possano alzare la voce, recuperare potere, pesare sulle decisioni. Questo vale per l’intero paese. Ancor più per le aree interne.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.