Molti analisti (ultimo il Paper di REF ricerche) hanno accolto il Metodo Tariffario ARERA per il Quarto periodo regolatorio (MTI4) come un «punto di svolta», addirittura un «cambio di paradigma» per la gestione del servizio idrico integrato e per la stessa storia della regolazione del settore. Perché?
La prima novità riguarda la durata del periodo regolatorio che passa da 4 a 6 anni, scelta che coglie la necessità di fornire ad enti di ambito e ai gestori un «orizzonte di medio periodo» più ampio, proprio per consentire una programmazione che tenga conto delle numerose nuove variabili e del clima di incertezza complessivo.
Al tempo stesso anche lo schema di convergenza per i gestori che non hanno maturato una solidità economico finanziaria viene esteso a sei anni, puntando quindi ad un riequilibrio sostanziale delle gestioni a fine del quarto periodo regolatorio. Insomma più tempo per programmare e più tempo per convergere.
Nel confermare la scelta di approccio asimmetrico già consolidata in ARERA con i sei schemi regolatori, la novità consiste nell’ampliamento della variazione tariffaria massima consentita, rispetto a quanto previsto di precedenti schemi regolatori, con un incremento compreso fra 1,5% e 2,25%. Una possibilità che si sta traducendo in un aumento delle tariffe medie nel biennio 24/25 pari a circa il 6,6% annuo ed una ipotesi di incremento del 27% fra il 2024 e il 2029, ovvero nei 6 anni di periodo regolatorio.
Ormai la maggior parte dei gestori scegli lo schema caratterizzato da una più elevata domanda di investimento, segno che l’industria dell’acqua in Italia ha imboccato ormai la strada del potenziamento infrastrutturale, anche grazie agli stimoli del Regolatore a all’esperienza del PNRR. Ref ricerca stima che si siano attivati investimento per 3,5 miliardi di euro e un valore medio ad abitante di circa 83 euro, che diventano 100 considerando anche i finanziamenti a fondo perduto previsti da PNRR e PNIISSI.
Un’altra novità del nuovo metodo tariffario, riguarda la possibilità di includere nei piani finanziari costi aggiuntivi e previsionale per l’estensione del servizio, spesso connessi a processi di fusione ed integrazione e costituzione di gestori unici di ambito.
Ma le novità più interessanti del nuovo Metodo tariffario riguardano la “cassetta degli attrezzi” che MTI4 mette a disposizione dei gestori per affrontare la transizione ambientale ed energetica, la decarbonizzazione e le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici. Uno “strappo” che il regolatore nazionale ha introdotto, mettendo in campo incentivi economici per il raggiungimento di obiettivi ambientali.
Si parte con la possibilità per i gestori di vedersi riconosciuti in tariffa costi operativi e di capitale per attività di drenaggio urbano e di gestione delle acque meteoriche. Una scelta di “moderata” estensione del perimetro gestionale, che fino ad oggi non prevedeva un ruolo dei gestori in questo segmento. Una scelta probabilmente legata alla urgenza di affrontare questo tema a fronte di una accelerazione dei fenomeni estremi connessi ai cambiamenti climatici e alla constatazione molto pragmatica da parte di ARERA che gli unici attori “possibili” in tempi rapidi per far fronte ad investimenti e costi in questo segmento sono i gestori del servizio idrico integrato. Uno “strappo” per adesso visto con molta prudenza dai gestori del servizio idrico integrato, che solo in rari casi stanno valorizzando la voce tariffaria OPnew per questo tipo di attività. Certo si trattava di una novità, probabilmente una maggiore attenzione da parte dei gestori si avrà nei prossimi anni, ma non vanno sottovalutati aspetti che probabilmente sono alla base di una “prudenza” strutturale: aspetti contrattuali e di responsabilità legale, aspetti legati alla complessità delle competenze in materia e alla sovrapposizione con altri enti (comuni, regioni, consorzi di bonifica), oltre alle difficoltà di “sommare” interventi in un settore nuovo negli stessi anni caratterizzati da un forte impegno dei gestori nei progetti PNRR, PNISSI e nel miglioramento della qualità tecnica e contrattuale.
Una analoga prudenza sembra caratterizzare la risposta dei gestori ad un altro “stimolo” che ARERA ha introdotto nel MTI4, la possibilità per i gestori di considerare variazioni previsionali di costo per far fronte ai rischi sul lato approvvigionamento, aumentando la resilienza e la sicurezza degli schemi acquedottistici, sempre in relazione ai cambiamenti climatici. Anche su questo punto (che si collega all’indicatore M0) probabilmente si svilupperà una maggiore attenzione nei prossimi anni.
Una terza gamba delle misure ambientali di ARERA è rappresentata dagli incentivi ad un uso più consapevole dell’energia elettrica consumata dai gestori, che dovrebbe produrre un maggiore sforzo di efficientamento energetico degli impianti, ma anche di avvio di progetto per la produzione propria di energia da fonti rinnovabili riducendo cosi l’acquisto dei energia elettrica da terzi (meno 5% nel 2025 rispetto alla media 2020/23). Anche qui una indicazione a favore della resilienza delle gestioni che potrebbero fronteggiare crisi energetiche (di fornitura e di prezzo) come quelle seguito alla invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La sfida coglie un settore rimasto fermo per 20 anni, con una capacità di autoproduzione pari a solo l’1,2% del totale dei consumi. Insomma i gestori sembrano avere un ampio margine di sviluppo dell’autoproduzione, sfruttando la gestione dei fanghi ma soprattutto gli spazi disponibili (e spesso considerati automaticamente “idonei”) per l’installazione di fonti rinnovabili.
Infine la quarta gamba, il riuso dell’acqua. Ai gestori sono affidati target da raggiungere entro il 2025 connessi al potenziale di acqua riutilizzabile. Anche in questo caso si parte da dati molto bassi di riuso in Italia e gli spazi di miglioramento sono ampi. Una sfida però forse più complessa per i gestori rispetto al percorso di efficientamento energetico. Il quadro normativo e tecnico infatti appare ancora non sufficientemente definito (definizione di riuso, perimetrazione precisa degli interventi, qualità delle acque da riusare, costi riconosciuti in tariffa, assenza di un mercato maturo e problemi culturali), per impostare piani di investimento e attività operative di riuso e valutarne con precisione i rischi.
Insomma la spinta di ARERA va nella direzione di trasformare i gestori idrici in player ambientali ed energetici a tutto campo, anche considerando i nuovi sfidanti obiettivi ambientali delle policy europee, la direttiva acque potabili ed acque reflue, come attori centrali quindi del Green Deal. Una spinta necessaria, forse inevitabile, considerando i costi della transizione e la scarsità di fondi pubblici, quindi la necessità di sfruttare a massimo le leve tariffarie. Ma una sfida che mette i gestori di fronte a un cambio di strategia e di visione, che probabilmente ha bisogno di un tempo di maturazione che andrà al di là dell’orizzonte di MTI4, ovvero il 2029. Una sfida che avrà bisogno comunque di meccanismi di finanziamento pubblico, dopo la fine del PNRR. Un occhio al potenziamento del PNIISSI e un occhio alle nuove politiche di bilancio EU dal 2027 che potrebbero contenere fondi specifici per la resilienza idrica.
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