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Gaza, anche il colosso delle armi Leonardo è coinvolto nel business del genocidio secondo l’ONU


«Mentre a Gaza la vita viene cancellata, questo rapporto mostra perché il genocidio perpetrato da Israele non si ferma: perché è redditizio per molti». Il durissimo j’accuse contro le aziende che attraverso la vendita di beni e servizi «sostengono l’occupazione illegale di Israele e la campagna genocida in corso a Gaza» è firmato dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori occupati, Francesca Albanese, che il 2 luglio ha pubblicato il nuovo rapporto “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”.

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«Se fosse stata condotta un’adeguata due diligence in materia di diritti umani, le imprese corporate avrebbero da tempo preso le distanze dall’occupazione israeliana», scrive Albanese, sanzionata dal governo Usa per aver documentato la violazione dei diritti umani a Gaza e in Cisgiordania. «Invece, dopo l’ottobre 2023, gli attori aziendali hanno contribuito all’accelerazione del processo di sfollamento e sostituzione durante tutta la campagna militare che ha devastato Gaza e causato lo sfollamento del maggior numero di palestinesi in Cisgiordania dal 1967».

Profughi palestinesi camminano lungo Rashid Road nella zona occidentale di Jabalia, nella Striscia di Gaza, il 20 luglio 2025. Credits: EPA/MOHAMMED SABER © EPA

I primi a finire sul banco degli imputati sono i produttori di armi  che – oltre «a fornire a Israele le armi e i macchinari necessari per distruggere case, scuole, ospedali» –, hanno «sviluppato sistemi sempre più efficaci per cacciare i palestinesi dalla loro terra. L’occupazione prolungata e le ripetute campagne militari hanno fornito un banco di prova per capacità militari all’avanguardia: “collaudate in battaglia”».

Ma il rapporto analizza anche le responsabilità di altri settori, come le big tech o l’industria delle fonti fossili: «Le compagnie estrattive energetiche e minerarie – si legge nelle conclusioni –, pur fornendo fonti di energia civile, hanno alimentato le infrastrutture militari ed energetiche di Israele, entrambe utilizzate per creare condizioni di vita finalizzate a distruggere il popolo palestinese».

Secondo la relatrice speciale Onu, un contributo alla violazione dei diritti umani e ai crimini internazionali arriva anche dai settori delle costruzioni e dei servizi, dalle banche e persino dalle aziende del turismo.

Il ruolo di Leonardo: F-35 e bulldozer

Molte imprese sono citate con nome e cognome, come l’italiana Leonardo, il colosso delle armi, con utili e fatturato in forte crescita in questi ultimi anni segnati dal moltiplicarsi dei conflitti e dall’aumento delle spese militari. Il primo riferimento a Leonardo viene fatto in relazione agli F-35: «Israele beneficia del più grande programma di approvvigionamento militare mai realizzato, quello relativo al cacciabombardiere F-35, guidato dalla statunitense Lockheed Martin, insieme ad almeno altre 1600 aziende, tra cui il produttore italiano Leonardo S.p.A. Dopo l’ottobre 2023, gli F-35 e gli F-16 sono stati fondamentali per dotare Israele di una potenza aerea senza precedenti, in grado di sganciare circa 85.000 tonnellate di bombe, uccidere e ferire più di 179.411 palestinesi e distruggere Gaza».

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Aerei da combattimento F35 olandesi sorvolano il Mare del Nord il 2 aprile 2025. Credits: EPA/SEM VAN DER WAL © EPA

Guidato dagli Stati Uniti, il programma F-35 vede l’Italia e Leonardo in prima fila. Come scriveva 10 anni fa la stessa Leonardo, «l’Italia è il secondo più importante partner internazionale, dopo il Regno Unito. Il nostro Paese contribuisce per il 4,1% alle fasi di progettazione e sviluppo dell’F-35». Nella stessa scheda informativa, Leonardo segnalava il ruolo del Centro autonomo di produzione e supporto di Cameri (Novara), all’epoca unica linea di assemblaggio finale e di prova degli F-35 fuori dai confini americani. Decisivo il contributo di Leonardo attraverso le sue controllate: oltre ad avere la responsabilità dell’assemblaggio dei velivoli destinati ai Paesi europei membri del programma, il colosso italiano delle armi «è “second source supplier” dell’intero cassone alare (la parte centrale della fusoliera con le ali) per tutti gli F-35 in produzione».

La collaborazione del programma con Israele non si è mai interrotta, nemmeno dopo il 7 ottobre: nel giugno 2024, Israele e gli Stati Uniti hanno firmato un contratto per altri 25 F-35, che andranno ad aggiungersi ai 50 cacciabombardieri già in uso alle forze armate israeliane. Tutto questo, si legge nel rapporto della Albanese, mentre «l’occupazione permanente è diventata il terreno di collaudo ideale per i produttori di armi e le grandi aziende tecnologiche, fornendo una domanda e un’offerta illimitate, scarsa supervisione e zero responsabilità, mentre gli investitori e le istituzioni private e pubbliche traggono liberamente profitto». 

La distruzione di Gaza non sta avvenendo solo attraverso le armi

Come spiega il rapporto, «i macchinari dei giganti mondiali delle attrezzature edili hanno contribuito in modo determinante a radere al suolo Gaza, impedendo il ritorno e la ricostituzione della vita palestinese». Anche in questo caso, l’inchiesta cita il contributo di Leonardo: «In collaborazione con aziende come IAI, Elbit Systems e RADA Electronic Industries, di proprietà di Leonardo, Israele ha trasformato il bulldozer D9 di Caterpillar in un’arma automatizzata e comandata a distanza, impiegata in quasi tutte le attività militari dal 2000, per liberare le linee di incursione, “neutralizzare” il territorio e uccidere i palestinesi. Dall’ottobre 2023, è stato documentato l’uso di attrezzature Caterpillar per effettuare demolizioni di massa, tra cui case, moschee e infrastrutture di supporto vitale, raid negli ospedali e uccisione per stritolamento dei palestinesi».

I bulldozer israeliani distruggono strade e negozi durante l'operazione militare israeliana nella città di Jenin, 1° settembre 2024.
I bulldozer israeliani distruggono strade e negozi durante l’operazione militare israeliana nella città di Jenin, 1° settembre 2024. Credits: EPA/ALAA BADARNEH © EPA

Infine, Leonardo ricompare nel rapporto come oggetto di finanziamento da parte dei cosiddetti “facilitatori”, cioè società finanziarie, di ricerca, legali, di consulenza, media e pubblicitarie che continuano «a sostenere, trarre profitto e normalizzare un’economia che opera in modalità genocida».

Il governo Meloni e l’export di armi

Anche se il gigante delle armi è a prevalenza in mani private, il socio di maggioranza di Leonardo è il ministero dell’Economia e delle Finanze, con il 30,2% delle quote, che ne fa un’azienda a controllo pubblico. Proprio sotto l’esecutivo Meloni, l’Italia – beneficiando della scarsa trasparenza che caratterizza queste transazioni, e in alcuni casi addirittura del segreto militare – sta continuando a inviare armi in Israele, nonostante lo stop alle nuove autorizzazioni annunciato dal governo all’indomani del 7 ottobre 2023. Come denunciato da Greenpeace Italia già nel maggio 2024, l’embargo italiano, di fatto, si limita alle nuove autorizzazioni di armi, mentre continuano gli invii del materiale bellico precedentemente autorizzato.

In particolare si segnala la fornitura, confermata da Leonardo ad Altreconomia, dell’«assistenza tecnica da remoto, riparazione materiali e fornitura ricambi» per la flotta di velivoli addestratori M-346 prodotti da Alenia Aermacchi – controllata da Leonardo – e consegnati a Israele tra il 2014 e 2015. Anche se questi aerei non sono impiegati direttamente nel conflitto, sono però utilizzati per addestrare piloti dell’Aeronautica militare israeliana che da 21 mesi bombarda Gaza quasi senza sosta. Una recente inchiesta del Guardian, inoltre, ha rivelato che «il più grande produttore europeo di missili, MBDA, sta vendendo componenti chiave per bombe che sono state spedite a migliaia in Israele e utilizzate in diversi attacchi aerei in cui, secondo le ricerche, sono stati uccisi bambini palestinesi e altri civili». Tra gli azionisti di MBDA figura anche Leonardo, accanto ad Airbus e BAE Systems.

Analizzando i dati Sipri e Istat, Archivio Disarmo ha ricostruito altri invii di armi dall’Italia a Israele: «Tra il 2019 e il 2023, l’Italia ha esportato verso Israele 26,7 milioni di dollari (pari a 23,8 milioni di euro) in maggiori sistemi d’arma comprendenti 12 elicotteri leggeri AW119 Koala e 4 cannoni navali Super Rapid da 76mm prodotti entrambi dalla Leonardo Spa. A questi sistemi d’arma si aggiunge la cooperazione strutturale nel programma dei caccia F-35, con componenti italiane destinate ai velivoli israeliani». Nel 2024, inoltre, come segnala sempre Archivio Disarmo, «l’Italia ha esportato in Israele “armi e munizioni (cat. 93) per circa 5,8 milioni di euro; particolarmente rilevante è il capitolo delle tecnologie per “navigazione aerea e spaziale” (cat. 88), che comprende aerei, droni, radar per un valore di 34 milioni di euro». 


Il ministro della difesa Guido Crosetto, il presidente del consiglio Giorgia Meloni, alla festa della Repubblica. Roma, 2 giugno 2025.
Il ministro della difesa Guido Crosetto, il presidente del consiglio Giorgia Meloni, alla festa della Repubblica. Roma, 2 giugno 2025. Credits: ANSA/MASSIMO PERCOSSI © ANSA

L’Italia compra anche armi da Israele, finanziando il suo complesso militare

Come sottolinea il rapporto di Francesca Albanese, «le partnership internazionali che forniscono armi e supporto tecnico hanno rafforzato la capacità di Israele di perpetuare l’apartheid e, recentemente, di sostenere il suo assalto a Gaza». Non solo: «Il complesso militare-industriale è diventato la spina dorsale economica dello Stato: tra il 2020 e il 2024, Israele è stato l’ottavo esportatore mondiale di armi». E l’Italia ha dato un importante contributo a questo posizionamento: dal 2023 al 2024, in piena campagna di bombardamento su Gaza, l’Italia ha quintuplicato le sue importazioni di armi da Israele, come si legge nella Relazione annuale sulle esportazioni dei materiale di armamento inviata alle Camere dal governo nel marzo 2025: «Rispetto al 2023, nel 2024 Israele sale dalla settima alla seconda posizione come Paese di provenienza con 42 autorizzazioni per un valore di 154,9 milioni di euro, con un’incidenza del 20,83% sul totale (nel 2023 l’import italiano di armi da Israele era pari a 31,5 milioni di euro)». Comprando queste armi, l’Italia finanzia direttamente il complesso militare-industriale israeliano.

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Questi dati rivelano anche gli interessi economici che si celano dietro alla scelta del governo Meloni di non voler procedere né alla revoca del Memorandum di intesa militare Italia-Israele, richiesta dall’opposizione parlamentare e dalla società civile, né alla sospensione dell’accordo di associazione UE-Israele, richiesta dalla maggioranza dei Paesi membri (17 su 27). In spregio delle decine di migliaia di palestinesi uccisi sotto le bombe o mentre aspettano una razione di cibo.

Greenpeace chiede da tempo: 

  • Un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente per fermare l’assalto ai civili e all’ambiente.
  • Il rilascio da parte di Hamas di tutti gli ostaggi.
  • Il rilascio da parte di Israele di tutti i palestinesi detenuti illegalmente.
  • L’imposizione di sanzioni mirate e di un embargo completo sulle armi, applicato dalla comunità internazionale.
  • La consegna, senza impedimenti, degli aiuti da parte delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni umanitarie.
  • La fine dell’occupazione illegale della Palestina. Greenpeace sostiene un futuro in cui Israele e Palestina vivano fianco a fianco in pace, all’interno di confini riconosciuti, nel rispetto del diritto internazionale e delle risoluzioni ONU in materia.

Quello a cui stiamo assistendo non è solo un fallimento politico, è un fallimento morale. Se la comunità internazionale continuerà a stare a guardare senza intervenire concretamente mentre i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità si moltiplicano, dovrà rispondere di favoreggiamento di un genocidio. I leader di oggi saranno per sempre stigmatizzati nella storia per la loro incapacità di agire.



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