“La competitività degli uliveti tra innovazione e cambiamento climatico”, è questo il titolo del confronto organizzato nella suggestiva cornice del Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide da Confagricoltura Calabria, in collaborazione con Consorzio Oliveti d’Italia, che ha chiamato a raccolta tutti i protagonisti di una filiera, quella olivicola, che rappresenta per la Calabria agroalimentare, e per il sistema economico regionale complessivamente inteso, un asset determinante. I volumi produttivi ma anche il fatto che nel corso degli ultimi anni il prezzo dell’olio extravergine d’oliva sia aumentato, con ricadute sulla redditività delle imprese, hanno motivato una scelta di riflessione sulle sfide attuali e sulle prospettive future del comparto, con un focus specifico sull’innovazione e su quei cambiamenti climatici che incidono e non poco sulla stabilità delle performance produttive.
Per Maria Grazia Minisci, accademico corrispondente dell’Accademia dell’olivo e dell’olio d’oliva di Spoleto, la sfida è quella di «conciliare un’olivicoltura tradizionale spesso non meccanizzabile, con una più moderna». «L’Italia – osserva con franchezza Minisci – ricopriva in passato posizioni ben più importanti nella produzione olivicola, ora sta andando indietro rispetto al resto del mondo. Continua a mantenere un primato sulla qualità ma non possiamo permetterci defaiance produttive, le annate di produzione alternanti o la mancata produzione significano poi assenza su quei mercati che invece chiedono la qualità italiana». «Ecco perchè – prosegue Minisci – è importante trovare il giusto equilibrio fra tradizione produttiva ed innovazione, il fatto di essere qui, in questo luogo carico di storia e significato vuol dire esattemente questo e cioè tutelare il passato, averne piena consapevolezza ma essere allo stesso tempo capaci di guardare con convinzione al futuro».
Di momento decisivo per l’olivicoltura nazionale e regionale parla invece Alberto Statti, presidente di Confagricoltura Calabria e componente della giunta nazionale dell’organizzazione di rappresentanza agricola, che indica le necessità attuali del comparto. «Negli ultimi anni il prezzo dell’olio extravergine d’oliva italiano ha raggiunto livelli accettabili. Tuttavia, siamo di fronte ad alcune criticità, molte delle quali dipendono dal cambiamento climatico che spesso penalizza le produzioni. Ragionare dunque di innovazioni in olivicoltura significa fare riferimento a nuovi sistemi di impianto, nuove metodiche di allevamento che comportano modifiche dalla coltivazione fino alla raccolta del frutto». «E non dobbiamo dimenticare il fatto – aggiunge Statti – che oggi gli imprenditori si confrontano anche con un’altra emergenza, qualla della disponibilità di manodopera. Ecco perché è anche necessario meccanizzare il più possibile le fasi di raccolta, un obiettivo da centrare per diversi motivi, sopperire alla mancanza di manodopera, abbattere i costi di produzione, portare in frantoio un prodotto che abbia le caratteristiche utili ad un olio extravergine di oliva di qualità». «Da ultimo – conclude Statti – è necessario richiamare le difficoltà causate agli imprenditori olivicoli calabresi che vogliono riconvertire i propri oliveti dalla legge 48 del 2012. Su questo tema abbiamo un’interlocuzione in corso con il Dipartimento regionale all’agricoltura e con l’assessore Gianluca Gallo. Compatibilmente con quelle che sono i paletti contenuti nella normativa nazionale si sta cercando di trovare delle soluzioni in termini di sburocratizzazione e semplificazione con l’obiettivo di consentire alle imprese di estirpare gli uliveti e di procedere con nuovi impianti, o cogliere nuove opportunità con variazioni colturali». Per il presidente di Confagricoltura Calabria è necessario cambiare prospettiva rispetto ad un approccio che negli ultimi anni ha guardato sempre e solo, a volte in maniera estremistica, alla sostenibilità ambientale «gli imprenditori agricoli – osserva Statti – sono da sempre impegnati a tutelare l’ambiente, soprattutto in una regione dove la biodiversità non solo è un valore ma è soprattutto un fattore competitivo. Certo è che quella agricola è un’impresa e dunque occorre fare attenzione anche alla sostenibilità economica, diversamente ci saremo occupati dell’ambiente ma verranno meno proprio quei soggetti e quelle imprese che oggi lo tutelano più di chiunque altro».
All’incontro di Sibari anche la governance regionale di Arsac che ha – su questi temi – un ruolo determinante «noi – sottolinea il direttore generale dell’azienda regionale per lo sviluppo dell’agricoltura calabrese Fulvia Caligiuri – crediamo nella rete, in quel necessario gioco di squadra tra parte pubblica e privata. Per troppo tempo il privato non ha forse adeguatamente valorizzato la produzione olivicola, ora è tempo di mettersi assieme per valorizzare definitivamente la risorsa olio». «La sfida – aggiunge Caligiuri – è quella dell’informazione e della formazione. Gli imprenditori agricoli hanno raggiunto un target di qualità elevato ed hanno la consapevolezza necessaria. Ora occorre lavorare anche su altri aspetti, come andare sui mercati esteri, come introdurre innovazioni di prodotto e di processo, quale cura prestare, ad esempio, al packaging. Sono tutti aspetti che ente pubblico e produttori provati devono approfondire ed affrontare assieme, senza dimenticare poi la valorizzazione e promozione dei prodotti. E su quest’ultimo aspetto il lavoro messo in campo dall’assessore Gallo, dal Dipartimento Agricoltura e da Arsac, che è braccio operativo, è imponente e senza sosta». Il ragionamento sulla necessaria promozione dell’olio calabrese fa il paio, nelle considerazioni del direttore generale di Arsac, con le iniziative messe in campo per il vino e con la presenza a Sibari «oggi siamo in una location, il Museo archeologico nazionale di Sibari, che ci mostra quante siano i luoghi e le opportunità per valorizzare i nostri prodotti. Nelle settimane che precederanno Vinitaly a Sibari ci occuperemo proprio di olio».
La scelta di Confagricoltura Calabria di organizzare il confronto sull’olivicoltura regionale in un luogo iconico della storia calabrese incontra il favore di Filippo Demma, direttore dei Parchi archeologici di Crotone e Sibari.
«Questi sono momenti – sottolinea Demma – in cui le istituzioni culturali ospitano le eccellenze del territorio e quella parte produttiva collegata per natura anche “merceologica” dei prodotti alle tradizioni più antiche. Possiamo dire che sono momenti di crescita». «Questi giacimenti culturali – aggiunge Demma – sono delle testimonianze di inestimabile valore». Poi le considerazioni sul successo che caratterizza per un verso i luoghi della cultura e per l’altro la produzione agricola. «Credo, soprattutto negli ultimi anni, che i successi dell’agricoltura calabrese, in particolare nella piana di Sibari, sono sotto gli occhi di tutti. Dal punto di vista culturale i parchi archeologici di Crotone e Sibari stanno vivendo una stagione di potente rilancio. Abbiamo quintuplicato gli accessi in tre anni e dunque anche noi siamo in piena crescita. Ecco perché possiamo definire questo come un riuscito connubio, è una collaborazione tra realtà che si danno una mano una con l’altra nell’ottica di un migliore progresso al servizio del territorio».
In un’ottica complessivamente rivolta alla produzione olivicola regionale le considerazioni dell’assessore regionale all’Agricoltura Gianluca Gallo. «L’olio per noi è il primo marcatore identitario, siamo i primi produttori nel Paese insieme alla Puglia, abbiamo 160.000 ettari olivetati, di cui oltre 70.000 biologici, ed è dunque chiaro che si tratta del primo asset del settore agricolo». «In questi anni – aggiunge Gallo – abbiamo lavorato intensamente per dare una nuova opportunità al sistema olivicolo calabrese, l’abbiamo fatto elaborando insieme al CREA il piano olivicolo regionale, destinando 50 milioni d’euro del programma di sviluppo rurale 23-27 per nuovi insediamenti, investendo sui frantoi per migliorare la qualità, curando la formazione e prestando la massima attenzione alla promozione». «Comunicare la qualità del nostro olio – prosegue Gallo – è decisivo, i risultati cominciano ad esserci, prima si imbottigliava l’8% della produzione calabrese, siamo arrivati al 20%. Ovviamente non basta, occorre ad esempio lavorare sull’oleoturismo». «Dopo decenni di abbandono – conclude Gallo – dobbiamo recuperare la nostra tradizione rurale ed agricola, dobbiamo riscoprirla ed esporla come un vessillo. Ed utilizzarla nel modo corretto affinchè l’ulivo, ad esempio, torni ad essere l’ascensore sociale che è stato nei secoli passati». (D.M.)
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