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Banche, Spadaro (Axiom Alternative Investments): “Rotta sull’Italia per cavalcare un settore in fermento”


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Il country head Italy dell’asset manager d’Oltralpe specializzato in titoli del settore finance detta le direttrici della crescita nella Penisola dopo l’apertura della prima branch milanese. Dal senior debt agli AT1 fino alle M&A del credito, ecco dove punta la bussola.  “Dazi? Il settore ne beneficerà”

Con un portafoglio fondato su strategie di investimento focalizzate sul settore finanziario e una presenza consolidata in Francia e Svizzera, Axiom Alternative Investments approda a Milano con l’obiettivo dichiarato di entrare nel club dei gestori esteri sopra i 500 milioni di euro. “Una presenza diretta è decisiva per accelerare la crescita in un mercato che conosciamo bene”, ha spiegato di recente il country head per l’Italia Vincenzo Spadaro. FocusRisparmio lo ha raggiunto per capire quali siano gli obiettivi per il mercato tricolore e cosa aspettarsi dalla stagione non semplice cui vanno incontro gli istituti di credito europei.

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Quali sono gli obiettivi di questa apertura a Milano?

Dopo esserci relazionati per anni con numerosi clienti italiani, abbiamo deciso di sbarcare a Milano perché siamo convinti che una presenza diretta offra possibilità di crescita ancora più significative. L’Italia infatti non ha solo caratteristiche simili a quelle della Francia, dove vantiamo un track-record di successo, ma presenta anche una regolamentazione del settore bancario-assicurativo che abbiamo imparato a conoscere bene e dunque riteniamo di poter sfruttare a nostro vantaggio per diventare partner sia di clienti privati professionali sia di investitori istituzionali. Senza contare l’opportunità di ritagliarsi nicchie di business interessanti nonostante si tratti di un mercato già molto presidiato e in continua crescita, come conferma il fermento di questi mesi sul fronte delle M&A. Per tutti questi motivi, puntiamo a entrare stabilmente nel club esclusivo dei gestori patrimoniali esteri con portafoglio superiore ai 500 milioni di euro: un obiettivo che vogliamo raggiungere entro tre-cinque anni.

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Ha parlato di risiko bancario. Qual è il vostro punto di vista su questo fenomeno e quanto ha inciso sulla vostra scelta di sbarcare in Italia con una sede fisica?

La decisione di sbarcare a Milano è arrivata ben prima che si aprisse questa stagione di acquisizioni ma non posso negare che, per chi offre soluzioni di investimento incentrate sui titoli di banche e assicurazioni, si tratta di una congiuntura fortunata. Un risiko come quello che vede coinvolti gli istituti italiani promette infatti di offrire migliori prospettive di investimento, perché le M&A imporranno alle società coinvolte di ottimizzare la propria struttura del capitale tramite l’emissione di debito senior e subordinato a condizioni molto favorevoli. Senza contare le occasioni che verranno a crearsi sul fronte del special situations, altro segmento nel quale siamo attivi, e l’upgrade del rating degli strumenti emessi con il conseguente restringimento del credit spread e quindi l’aumento delle relative valutazioni. Naturalmente, nell’approcciare il fenomeno, non si dovrà trascurare la dimensione politica delle partite in atto: parliamo infatti di un Paese in cui, con 2.200 miliardi di euro fermi sui conti correnti e che è interesse di tutti mobilizzare, il settore finanziario gioca un ruolo cruciale.

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Come vi posizionerete sul mercato?

Anche se abbiamo varie proposition e nel corso degli anni ci siamo impegnati per ampliare tanto la nostra specializzazione quanto la gamma di prodotti, restiamo pur sempre una boutique che ha il proprio punto di forza nelle strategie di investimento incentrate sul settore finanziario: questo vuol dire che continueremo a focalizzarci sugli istituti di credito e sulle assicurazioni. Quanto ai canali distributivi, siamo orientati soprattutto a clienti istituzionali come fondi pensione e casse di previdenza ma stiamo lavorando per rafforzare anche i legami con altri soggetti: dagli asset manager ai fund buyer fino al segmento wealth, rispetto al quale abbiamo avviato contatti con possibili partner per intraprendere nuove iniziative commerciali. L’ufficio di Milano fornirà competenze locali e soluzioni ancora più personalizzate per consolidare la presenza in un mercato che è al terzo posto per importanza, subito dietro a Francia e Svizzera.

Quali i prodotti che proporrete agli investitori tricolore?

La nostra strategia di punta resterà il fondo obbligazionario Axiom Obligataire, che vanta oltre 16 anni di trackrecord e conta circa 795 milioni di euro in gestione oltre a essere presente nel portafoglio di importanti istituzioni finanziarie internazionali. In generale, è una soluzione che ci aspettiamo possa incontrare il favore degli investitori italiani per portafogli particolarmente esposti al reddito fisso. Nello specifico, in virtù del fatto che opera su tutta la capital structure tranne l’equity, offre performance interessanti a fronte di una volatilità  ridotta rispetto alla media registrata nel settore dei subordinati. Altro punto di forza della nostra offerta sarà Axiom Climate Financial Bonds, l’unico fondo articolo 9 d’Europa focalizzato esclusivamente sugli Additional Tier One e che utilizza la metrica proprietaria Axiom Climate Readiness Score per misurare l’approccio climatico della singola banca: in pratica, assegniamo un punteggio che consideri il loan books delle società ed eliminiamo quelle che finanziano realtà non attive sul fronte della decarbonizzazione. Sull’azionario abbiamo invece due fondi: Axiom European Banks Equity e Axiom Long-Short Equity. Il primo ha una performance a tre anni e a un anno, in entrambi i casi superiore al benchmark (il paniere delle banche europee Stoxx Europe 600 Banks). Il secondo, lanciato l’anno scorso in scia al successo del precedente, punta invece a estrarre soltanto alpha a fronte di una volatilità molto contenuta. Poi proponiamo infine un fondo di credito a bassissima volatilità che viene usato molto come liquidity alternative dai fondi pensione: l’Axiom Short Duration Bond.

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Avete in programma il lancio di nuovi prodotti?

Al momento la nostra priorità è lavorare sui fondi che abbiamo lanciato più di recente, non solo il Long-Short Equity ma anche l’Axiom Emerging markets Corporate Bonds. Siamo inoltre impegnati nell’integrazione delle soluzioni obbligazionarie di Silex Investment Managers, con la quale ci siamo integrati l’anno scorso. La società gestisce infatti quattro veicoli attivi distribuiti principalmente in Svizzera, per masse complessive pari a 575 milioni di euro, che integrano la gamma con fondi flessibili e su convertible bonds.

Qual è lo stato di salute del settore bancario europeo e come può influire la guerra commerciale di Trump?

Il settore finanziario UE ha mostrato trend migliori rispetto al resto del mercato, registrando 19 trimestri consecutivi di crescita. Rimaniamo quindi molto positivi sul fatto che riservi opportunità di investimento, anche perché i relativi titoli vengono ancora scambiati a sconto in termini di price-earnings. Una solida base di partenza per i prossimi anni è offerta poi dal cash yield al 9% che la categoria offrirà nei prossimi tre anni sotto forma di dividendi e di buyback. Quanto alla guerra commerciale, penso che l’impatto sugli istituti di credito sarà indiretto e comunque gestibile: le banche dell’Eurozona sono molto meno esposte rispetto ad altri comparti e hanno ottimi livelli di liquidità, senza contare che l’effetto delle tariffe potrebbe portare a un aumento delle richieste di finanziamento da parte del settore privato e quindi a un ampliamento dei margini.

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Ampliando il raggio d’analisi, come vede questo periodo?

È un momento storico ideale per investire nel settore finanziario del Vecchio Continente: il piano di stimolo tedesco e i 2.000 miliardi di investimenti del programma ReArm Europe stanno creando nuove esigenze di finanziamento e spingendo al rialzo i tassi a lungo termine, migliorando il contesto dei tassi di interesse per le banche europee. Inoltre, la proclamazione del Liberation Day da parte di Donald Trump ha fatto impennare la volatilità dei mercati e spinto gli investitori a diversificare la loro esposizione al di fuori degli Stati Uniti proprio a beneficio dell’Eurozona.

 

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