L’economia circolare non rappresenta soltanto una questione ambientale, ma costituisce l’unica risposta sistemica alla crisi globale delle risorse. Il mondo si avvia verso i 10 miliardi di abitanti, ma continua a consumare come se avesse a disposizione tre pianeti. Entro il 2050, il consumo di biomassa, metalli, combustibili fossili e minerali è destinato a raddoppiare, mentre la produzione annua di rifiuti rischia di aumentare del 70%. Questo modello – estrai, produci, consuma, smaltisci – non è più sostenibile perché è responsabile di circa la metà delle emissioni climalteranti e di oltre il 90% della perdita di biodiversità. In questo scenario, ridurre la dipendenza da risorse vergini non è solo una buona pratica, è una necessità economica.
Per questo la Commissione europea ha messo in campo un percorso integrato – Green Deal, Clean Industrial Deal e, in arrivo, il Circular Economy Act – con l’obiettivo di portare il tasso di utilizzo circolare dei materiali dall’11,8% attuale a oltre il 24% entro il 2030. Come sottolinea EuRIC, la confederazione dei riciclatori europei, creare un mercato interno per i materiali riciclati è il passaggio indispensabile per coniugare sicurezza degli approvvigionamenti e decarbonizzazione.
Il primato (inespresso) dell’Italia
All’interno di questo scenario l’Italia spicca come campione europeo di circolarità: nel 2023 (ultimi dati Eurostat) il tasso di utilizzo circolare dei materiali è salito al 20,8%, quasi il doppio della media Ue e superiore a Francia (17,6%), Germania (13,9%) e Spagna (8,5%). Dal 2010 il nostro Paese ha scalato cinque posizioni nella classifica europea, collocandosi stabilmente tra i primi della classe.
Eppure la leadership nei numeri non si è ancora tradotta in un vantaggio industriale ed economico tangibile. La dipendenza nazionale da materie prime critiche rimane alta (48% contro una media Ue del 22%) e il comparto del riciclo ha perso il 7% dei posti di lavoro rispetto al 2019. È qui che si innesta il lavoro di Erion, il più grande sistema multi‑consortile italiano di Responsabilità estesa del produttore.
Forum Erion: modelli circolari per la crescita
L’11 giugno 2025, a Roma, si è svolto il Forum “Modelli circolari per la crescita”, promosso da Erion, il più importante sistema multi-consortile italiano di Responsabilità estesa del produttore (EPR). L’evento ha riunito istituzioni, imprese, mondo accademico e stakeholder del settore ambientale e industriale in vista dell’avvio dei negoziati europei sul Circular Economy Act.
Al centro dei lavori un messaggio forte e condiviso: la transizione circolare non può più essere intesa solo come una questione ambientale, ma deve diventare una leva strategica per la competitività e l’autonomia industriale dell’Europa. Come ha sottolineato Danilo Bonato, direttore sviluppo strategico e relazioni istituzionali di Erion,
la circolarità è un asset industriale: serve a rafforzare l’autonomia produttiva europea, creare occupazione e tagliare le emissioni.
Nel corso del Forum sono state identificate cinque direttive d’azione per trasformare il primato statistico dell’Italia in vantaggio competitivo:
|
Tutti i relatori hanno sottolineato il nodo cruciale della domanda interna: senza un mercato stabile per i materiali riciclati, gli investimenti industriali rischiano di arrestarsi. È in questo contesto che si inseriscono le proposte di EuRIC (European Recycling Industries’ Confederation) e FEAD (European Waste Management Association), che chiedono misure strutturali per consolidare la competitività del riciclo europeo.
Tra le richieste principali: obblighi di contenuto riciclato estesi oltre la plastica (a metalli, tessili, materiali da costruzione), incentivi fiscali come l’IVA ridotta sui prodotti realizzati con materiali riciclati, e l’introduzione delle cosiddette clausole specchio verso i Paesi terzi.
Queste ultime sono norme che imporrebbero agli esportatori extra-Ue di rispettare gli stessi standard ambientali, sociali e qualitativi richiesti alle imprese europee quando vendono materiali riciclati nel mercato unico. L’obiettivo è evitare che l’industria del riciclo europea sia penalizzata da concorrenza sleale proveniente da contesti meno regolamentati, dove la produzione può avvenire a costi più bassi.
Italia ed Europa: la stessa partita
L’Italia ha tutte le carte in regola per diventare il laboratorio europeo della transizione circolare. Dispone di competenze industriali avanzate, una rete estesa di piccole e medie imprese specializzate e impianti di riciclo tecnologicamente evoluti. Cresce, inoltre, la domanda di competenze “green” nel mondo del lavoro: secondo l’ultima indagine Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, l’80,6% delle assunzioni programmate nel 2024 ha richiesto profili formati alla sostenibilità ambientale.
Per non sprecare questo vantaggio serve un’azione politica decisa che agisca sul mercato per fare in modo che i materiali riciclati trovino davvero spazio. Il percorso legislativo che porterà al Circular Economy Act entro il 2026 sarà il vero banco di prova: se l’Europa riuscirà a trasformare le ambizioni ambientali in mercati funzionanti, l’Italia avrà l’opportunità di capitalizzare il proprio vantaggio e divenire l’hub tecnologico della nuova economia circolare europea.
La rotta è tracciata, adesso occorre, oltre a scelte politiche coraggiose, anche un cambio di passo culturale per fare della circolarità non soltanto un indicatore statistico, ma un motore di sviluppo economico e di occupazione di qualità.
Economia circolare e finanza etica
Le buone pratiche industriali non bastano se non sono accompagnate da scelte consapevoli anche dal lato finanziario. Etica, da venticinque anni, promuove una finanza che guarda al bene comune: esclude dai propri portafogli i settori più inquinanti – come i settori petrolifero ed estrattivo – e sostiene le aziende che puntano sull’economia circolare, sulle energie rinnovabili, sull’innovazione sostenibile.
Etica Sgr considera l’economia circolare un pilastro per la transizione verso un modello economico rigenerativo, ed è per questo che integra il tema della circolarità all’interno della propria analisi ESG e della stewardship. Dall’ultimo report di stewardship, si evidenzia che sono state poste 655 domande su tematiche ESG a 113 aziende in 15 Paesi, di cui il 10,8% focalizzate su biodiversità e gestione delle risorse – ambito che comprende anche la gestione dei rifiuti e la plastica. In particolare, Etica Sgr ha sostenuto la campagna “A New Plastics Economy” promossa dalla Ellen MacArthur Foundation, chiedendo alle imprese azioni concrete per ridurre l’impatto della plastica.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link