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Facilitazione digitale: da progetto a servizio essenziale


Siamo a due anni dall’avvio dei progetti nazionali che hanno allocato 132 milioni di euro per la facilitazione digitale nel PNRR.

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In tutto questo tempo abbiamo potuto toccare con mano che cosa significhi fare facilitazione digitale.

È innanzitutto un servizio in cui è fondamentale credere sia a livello politico che operativo. Uno degli elementi più critici è riuscire a definire degli standard di qualità e di efficacia e, soprattutto, cercare di mantenerli nel tempo. È fondamentale inoltre riuscire a garantire il presidio di questi aspetti su un territorio vasto.

Vediamo però cosa si può dire di aver imparato in questi anni.

La sfida della semplificazione dei servizi digitali

Sull’utilità della facilitazione digitale spesso aleggia l’ombra del dubbio, o diciamo una sorta di domanda amletica di fondo.

In una sorta di nasce prima l’uovo o la gallina, ci si potrebbe chiedere se debba venir prima la facilitazione digitale per promuovere l’uso dei servizi o il lavorare a monte nel cercare di produrre servizi più semplici e snelli, secondo il principio che se un servizio è sufficientemente facile da usare, non occorre spiegarlo. Senza dubbio vanno affrontati entrambi gli aspetti.

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D’altra parte, lo stesso concetto di semplicità è estremamente soggettivo.

Il fatto che Spid sia ritenuto difficile per una parte di cittadini, quando in parallelo qualunque sistema sicuro come le applicazioni bancarie o gli stessi strumenti di accesso al cloud richiedono ormai il doppio fattore per la autenticazione, fa ritenere questa percezione di semplicità o difficoltà opinabile

Se poi si aggiunge il fatto che realizzare servizi digitali semplici in un contesto come quello italiano, estremamente denso di regole, criteri e requisiti definiti con norme sovrapposte, richiede uno sforzo di molte parti, ecco che arrivare a servizi semplici diventa un obiettivo senza dubbio da perseguire ma con tempi che non sempre sono brevi;  di conseguenza diventa indispensabile  aiutare i cittadini per rendere efficace l’utilizzo dei servizi digitali oggi disponibili, semplici o meno semplici che siano.

In parallelo, è indispensabile che tutta la catena di “disegno e realizzazione” di un servizio digitale, che include profili giuridici, amministrativi, esperti tematici, di comunicazione ed informatici, sia strutturata e attivata in modo stabile al fine di pensare servizi sempre più efficaci e semplici.

Esperienze regionali di facilitazione digitale

In tanti anni di gestione di servizi digitali alla popolazione si sono viste molte esperienze di facilitazione digitale, fino a qualche anno fa originate da iniziative positive e buone progettualità delle singole Regioni o città, tutte accomunate dal fatto di pensare ad azioni di supporto ai cittadini riguardo all’accesso alla rete ed ai servizi digitali.

Ci sembra anzi che la quantità ed eterogeneità delle iniziative nate in Italia in tutti questi anni non abbia molte analogie con altri Paesi europei.

La rete dei Punti di Accesso Assistito (PAAS) è stata un’esperienza che in Toscana ha riguardato dal 2006 oltre 200 punti fisici con il coinvolgimento di associazioni del Terzo Settore, ed aveva già individuato il profilo di “e-facilitator” (l’attuale facilitatore o animatore digitale). Evoluzioni successive in Toscana hanno riguardato la sinergia fra ANCI Toscana, Sindacati dei Pensionati, il mondo della Sanità e dei servizi digitali con l’iniziativa Connessi in buona compagnia.

In Emilia-Romagna “Pane e Internet” è stata ed è una analoga iniziativa di successo per l’alfabetizzazione digitale in punti fisici ed online.

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Altre importanti esperienze sono state le “palestre digitali” patrocinate dalla Lombardia, le iniziative lanciate da città come Torino e Bologna, i “Punti Roma Facile” di Roma Capitale, il progetto “Firenze Digitale” della città di Firenze, il progetto Puglia Digitale e la Community Network relativa.

Tante iniziative, tutte orientate alla volontà di aiutare la popolazione nell’uso dei servizi pubblici digitali e nel promuovere competenze digitali di base e non solo, originate spesso da coloro che “producono” i servizi oggetto di facilitazione e che quindi sono anche chiamati spesso a promuoverli presso la cittadinanza.

Pensiamo che tutti questi sforzi di comunicazione e in/formazione non possano essere slegati ma anzi debbano essere anche accompagnati dal mondo della formazione ed educazione, a partire dalle scuole dell’obbligo, con l’estensione dell’educazione civica in educazione civica digitale, e con la diffusione nella società di una cultura dell’uso del digitale presso i giovani ed i meno giovani. non solo per diletto ma anche per i rapporti con la Pubblica Amministrazione.

D’altra parte, non si può non osservare un nesso fra l’humus fertile che è stato creato in tutti i territori da queste iniziative diffuse ed il fatto che l’Italia ha dedicato una linea del PNRR per unire tutte queste esperienze in un progetto collettivo con la rete dei punti di facilitazione digitale dispiegata in tutto il Paese.

Prima ancora del progetto PNRR dedicato con la linea 1.7.2, in realtà, si è vista una serie di iniziative di livello nazionale che hanno creato le premesse a livello di governance e strategia, con la Coalizione nazionale “Repubblica Digitale”, la Strategia nazionale per le competenze digitali ed il relativo Piano di Attuazione, di cui il progetto 1.7.2 rappresenta poi la declinazione implementativa più ampia.

La sinergia tra attori locali nella facilitazione digitale

Una delle principali lezioni apprese in questi anni è il fatto che risulta vincente attuare una sinergia fra tutti gli attori che sul territorio si rapportano con i cittadini o con i professionisti che utilizzano i servizi pubblici digitali. L’importanza del lavorare insieme con tutte le parti sociali e del territorio emerge in molte delle esperienze fatte.

Riuscire a trovare, per ogni categoria di destinatari della facilitazione digitale, la giusta rete di intermediazione è fondamentale per poter arrivare a tutti e riuscire a parlare in linguaggio adeguato, sia che si parli con persone over 65 oppure con adolescenti, con professionisti o ancora con piccole e medie imprese che devono usare servizi a loro dedicati.

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In tutti questi anni, le esperienze che hanno funzionato meglio e sono durate più a lungo hanno avuto una vasta condivisione con più attori del territorio.

Uno degli elementi che però è stato più difficile mettere in atto è stata la misurazione dei risultati.

L’approccio ideale consisterebbe nel definire una modalità per misurare le competenze digitali della popolazione interessata dalla facilitazione digitale prima e dopo la facilitazione o la formazione specifica ricevuta.

Questo però si scontra con il fatto che tipicamente l’attività di facilitazione digitale avviene in modo one shot e comunque non sempre i cittadini sono disponibili ad essere nuovamente intervistati dopo qualche mese per testare le competenze digitali acquisite.

Il ruolo del PNRR nella strutturazione dei servizi

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per la prima volta a livello nazionale con il Dipartimento Trasformazione Digitale ed il lavoro con tutte le Regioni italiane, è andato oltre le singole iniziative dei territori e anche oltre i vari tentativi di misurazione sperimentati nel passato e, complice il fatto che l’Europa del PNRR richiede obiettivi misurabili in modo oggettivo, si è assegnato ad ogni territorio regionale un obiettivo numerico di punti di facilitazione digitale da attivare e di cittadini da ingaggiare.

Anche se questi non appaiono come indicatori direttamente correlati alla crescita delle competenze digitali, sono sicuramente un buon punto di partenza per misurare quanto viene fatto dalle pubbliche amministrazioni su questo settore.

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E’ stata inoltre attivata una modalità comune di censimento dei cittadini facilitati, nonché un branding unico che favorisce la riconoscibilità dei punti di facilitazione digitale in tutto il Paese.

Lo stato attuale della facilitazione digitale in Italia

Nei territori regionali e nelle varie città italiane sono in corso le progettualità previste dal PNRR (nella misura 1.7.2), e le varie Regioni sono impegnate con i diversi soggetti sub-attuatori (Enti locali, associazioni del Terzo Settore, etc) nel coinvolgere la cittadinanza per raggiungere i target assegnati ad ogni territorio.

La rete dei 169 punti di facilitazione digitale in Toscana

In Toscana, la rete dei 169 punti di facilitazione digitale è stata creata puntando da subito sulla sinergia pre-esistente con gli enti locali e l’associazionismo, anche attraverso  il ruolo di intermediazione di ANCI Toscana, UPI Toscana e dei sindacati dei Pensionati.

Un primo avviso rivolto agli Enti locali ha permesso di individuare ed attivare 113 punti di facilitazione, aperti in molti casi con la collaborazione fra Comuni, Unioni di Comuni, Province ed Enti del Terzo Settore. Il secondo avviso, rivolto direttaemnte agli Enti del Terzo Settore, ha permesso di incrementare il numero dei Punti fino ad arrivare a 169.

Ciascun Punto ha ricevuto un finanziamento di 30.000 euro per la facilitazione digitale oltre a circa 8.000 euro di dotazione informatica tramite un ulteriore finanziamento regionale.

Questa rete di 169 punti sta operando ogni giorno per coinvolgere e supportare la cittadinanza per raggiungere il target assegnato alla Toscana, di 136.000 cittadini.

Uno degli elementi che emergono con più evidenza è che la rete di facilitazione digitale che si è realizzata con questo progetto rappresenta un asset fondamentale per qualunque tipo di esigenza di informazione alla popolazione relativamente ai servizi pubblici.

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L’occasione o la necessità di informazione alla cittadinanza può riguardare un servizio digitale originato da una emergenza climatica da diffondere nelle aree colpite dal fenomeno avverso, può essere il bisogno che abbiamo visto durante la Pandemia legato all’accesso ai servizi di prenotazione dei vaccini, può essere il lancio di una iniziativa su un territorio legata alla mobilità o all’istruzione o di iniziative dedicate ai giovani.

Avere a disposizione una rete di decine, centinaia di punti fisici che permettono di parlare una volta sola con centinaia di facilitatori digitali che svolgono il ruolo di formatori e informatori per la popolazione, è un valore inestimabile per l’utilità della pubblica amministrazione e dei suoi servizi.

Non solo: le nuove sfide del momento come le truffe cyber sempre più elaborate e l’avvento dell’intelligenza artificiale che ha invaso i nostri smartphone, sono un tema che potrebbe e dovrebbe essere sempre più affrontato nei punti di facilitazione digitale.

Un altro valore portato dall’esperienza del progetto 1.7.2 del PNRR è legato alla dislocazione dei punti di facilitazione.

In Toscana si parla di Toscana diffusa come concetto di parità ed uguaglianza nell’accesso ai servizi ed alle opportunità per i territori nelle aree interne e marginali, o comunque più lontani dai grandi centri urbani.

Questo concetto, declinato nella lotta al digital divide sul territorio, trova nei punti di facilitazione digitale la sua realizzazione ideale.

Se infatti la dislocazione dei punti di facilitazione digitale viene concepita in modo da coprire quanto più possibile un territorio in tutte le sue aree, anche quelle più interne, si viene a creare una rete di supporto alla popolazione finalizzata alla facilitazione digitale, ma che diventa anche un punto di contatto strategico sempre più indispensabile fra la pubblica amministrazione e le persone che vivono in aree meno popolate. Questo è il motivo per cui in entrambi gli avvisi, in Toscana, si è avuto cura di massimizzare la distribuzione su tutte le aree del territorio regionale, anche facendo leva, nel secondo avviso, su meccanismi di premialità per iniziative che andavano a coprire aree non coperte dall’avviso precedente.

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Prospettive future per la facilitazione digitale

Questi mesi sono fondamentali, perché saranno quelli in cui dovrà essere pensata una strategia per i prossimi anni, dal livello nazionale così come nei territori.

Sono ormai troppi anni che le iniziative di facilitazione digitale vengono gestite tramite il modello di progetto ad hoc, con un inizio ed una fine temporale ed un finanziamento dedicato. Almeno da quanto risulta agli autori, la popolazione sta apprezzando, ed ha sempre apprezzato moltissimo queste iniziative ma emerge la necessità di renderle stabili.

Fino a che la Pubblica Amministrazione e i grandi soggetti privati che erogano servizi pubblici non saranno in grado di realizzare servizi digitali veramente snelli e semplici, (il che richiederà una rivisitazione completa dell’apparato burocratico normativo nazionale, forse anche europeo), e fino a che emergeranno nuove sfide tecnologiche che alzeranno l’asticella della complessità dell’utilizzo degli strumenti digitali (si pensi all’intelligenza artificiale e come interagirci in modo consapevole, o alle misure di sicurezza sempre maggiori), la facilitazione digitale della popolazione continuerà ad essere indispensabile, come servizio essenziale che dovrebbe sempre più far parte dell’attività ordinaria (e del bilancio) di ogni tipo di amministrazione, al pari dei pagamenti delle utenze.

Chiaramente il tutto deve e dovrà sempre più essere monitorato, nei risultati nell’utilità nell’efficacia, prevedendo continuamente azioni di miglioramento e di ottimizzazione dell’impatto sulle competenze della popolazione.

D’altra parte, se si pensa ad una analogia con il mondo dei servizi sanitari, questi non sono oggetto di progetti ad hoc ma sono ovviamente parte di una spesa e di un’azione consolidata e stabile di ogni territorio, e sono altresì oggetto di livelli essenziali di prestazione e di continue ottimizzazioni di tali prestazioni.

Perché non pensare ad un approccio simile anche per i servizi di facilitazione digitale sul territorio? Così come abbiamo la sanità territoriale, già oggi abbiamo la facilitazione digitale territoriale, che rappresenta anch’essa una connessione diretta fra PA e cittadini diffusa sul territorio, fra l’altro utile anche in ottica della stessa sanità territoriale, infatti come abbiamo visto in fase di Pandemia il bisogno di accesso ai servizi digitali diventa sempre più cogente anche per poter fruire dei servizi sanitari.

Il concetto di catalogo dei servizi erogati ai punti di facilitazione digitale infatti va in questa direzione: quando mi reco in un ambulatorio vedo in bella evidenza l’elenco degli specialisti che erogano prestazioni in quell’ambulatorio, oppure se vado ad un Caaf vedo in vetrina l’elenco dei servizi erogati da quel Caaf.

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Analogamente, se mi reco in un’associazione o in un punto o un ufficio che fa facilitazione digitale, è necessario che io veda l’elenco dei servizi su cui posso essere facilitato.

Potrebbe essere l’aiuto ad imparare ad usare Spid, l’aiuto ad usare l’app IO, l’aiuto ad usare i servizi pubblici dell’Agenzia delle Entrate, di INPS, della Regione, o del proprio Comune Provincia, o della azienda sanitaria o di servizi pubblici che opera sul mio territorio.

Anche la chiarezza sui servizi erogati è una specifica attenzione che sarebbe bene tenere sempre in considerazione, soprattutto su un territorio vasto con molti punti di facilitazione distribuiti e gestiti da associazioni enti o soggetti diversi.

Altro asset fondamentale da mantenere è la rete di facilitatori digitali distribuita, che non può essere pensata come un sistema unicamente finanziato dal finanziamento pubblico ma va ripensato, come abbiamo appreso finora, come un mix di contributi agli enti locali o alle associazioni del terzo settore che operano in sinergia con loro, co-investimento degli enti e delle associazioni stesse ed il coinvolgimento di giovani e meno giovani nell’azione di facilitazione digitale, con un mix di volontariato e di operatori dedicati, che spesso trasforma il momento di facilitazione digitale in una occasione interessante confronto e incontro sociale fra culture ed età diverse, considerandolo come in modo ampio, ossia non come singolo adempimento per un progetto, ma come opportunità di apertura e mantenimento di un dialogo costante con i cittadini che si recano nel proprio centro, ed una occasione di rimanere sempre in contatto con le PA del territorio per sapere in tempo reale le novità sui servizi pubblici digitali e su come usarli al meglio, per diffonderle alla propria utenza o cittadinanza di riferimento.

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In quest’ottica è quindi anche più che opportuno investire sul mantenimento e costante aggiornamento del catalogo dei servizi erogati dai centri di facilitazione e sul tenere una catena di comunicazione costante e ben oliata fra la Regione o la città che coordina i punti sul territorio e tutta la rete dei punti di facilitazione operati dai facilitatore digitali, per poter comunicare in tempo pressoché reale (via mailing list dirette o instant messaging di gruppo che uniscano le PA e la rete di facilitazione sul territorio) le novità e gli aggiornamenti sui servizi digitali erogati o sulle novità del momento di utilità per la popolazione.

Altro elemento su cui continuare ad investire è l’allargamento di questa rete di facilitazione digitale, pensando anche a forme di partenariati tra il pubblico e l’associazionismo o altre categorie, come ad esempio le edicole, che possono ampliare sempre più la rete di punti di assistenza al territorio per la fruizione dei servizi digitali pubblici o anche di quelli privati più di comune utilizzo.



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